In bilico tra melodramma e noir, virato in tinte epressioniste, Cukor costruisce un bel ritratto di donna e una storia appassionante (ricostruita attraverso vari flashback). La tensione narrativa si mantiene per tutta la durata della pellicola. Peccato per un calo finale con qualche romanticheria di troppo. Bella la prova della Crawford (così come quella del resto del cast) ma Veidt, folle e malvagio fino all'osso, ruba la scena a tutti. Molto valido.
Sfigurata dal padre violento, una donna, amante di un criminale, ritrova la speranza grazie ad un chirurgo plastico, che si innamora di lei. Con l'anima scissa in due, come è duplice il suo profilo (lo sfregio le deturpa solo un lato del volto), Crawford dovrà decidere fra il farabutto Veidt, affascinante pazzo sadico, e Douglas, bravo e buono alle soglie della melensaggine. Remake di un film svedese con Ingrid Bergman, solido melodramma virato verso il gotico, mentre la presenza del tedesco Veidt richiama il cinema espressionista.
Remake riuscito di un film svedese con Ingrid Bergman. La prova recitativa di Joan Crawford è di grande impatto ed eccellente, lo stesso dicasi per la regia di George Cukor. Film perciò da apprezzare per il coinvolgimento che dà, nonostante parvenze da melodramma.
Con Angoscia, il cuore nero di George Cukor, che amalgama efflorescenze gotiche e stilemi hitchcockiani in un'esuberanza melò sconosciuta al maestro inglese. Lo sviluppo narrativo, per accumulo di deposizioni giudiziarie, è schematico, ma l'avvicendamento è teso, inquietante, senza punti morti, vivacizzato da un tratteggio schizoide e vagamente espressionista. Joan Crawford trova, dietro il cliché della difformità facciale, nerbo e profondità d'animo. Da vedere - e ascoltare: per il doppiaggio d'epoca, a memoria, tra i più ridicoli e imbarazzanti di sempre.
Soffre un po' dell'impianto processuale che va a discapito della fluidità nello sviluppo narrativo, ma è un piacere veder recitare la Crawford sfigurata in viso. I fondali finti (all'epoca si usava così) oggi si notano vistosamente. La sceneggiatura affascina, ma Cukor cade nell'errore comune a tanti suoi colleghi, quello di far parlare un bambino con un vocabolario d'adulti. Nel complesso una pellicola che tratta non solo la trasfigurazione fisica, ma quella ancora più profonda, dell'animo umano. Carismatica.
Una solida e multiforme Joan Crawford nel personaggio criminoide di una donna deturpata in volto che, risanata da un chirurgo plastico, non lascia la via del male, soggiogata dal criminale di cui è invaghita. Serie di flashback durante il processo che la riguarda, molti personaggi e sceneggiatura niente male, dopotutto. Regia con polso fermo. Classico bianconero anni '40. Pellicola non esaltante ma buona, finale fin troppo prevedibile e consolatorio.
Un diabolico patto fra un uomo e una donna sembrerebbe non conoscere limiti e non fermarsi davanti a nulla, omicidio incluso. Joan Crawford al solito lascia un segno indelebile (come il deturpante sfregio sull'emivolto) in questo noir dalle fosche tinte esistenzialiste, dove per fortuna c'è spazio per un raggio di luce. Recitazione e progressione narrativa a dir poco ipnotici e desueti. Solo sul doppiaggio non all'altezza si potrebbe trovare qualche da ridire. Imperdibile.
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Di questo film esiste un'edizione italiana in DVD, distribuita daDNA Srl: VOLTO DI DONNA (1941) + DONNE (1939) + STRANGE CARGO (1940) - (3 Film su un unico Dvd). Lingue: Italiano Rapporto schermo: 1.33:1 (Riadattato in formato 16/9 Pillarbox) Il film è stato rieditato con il contributo dello studioso di storia del cinema Riccardo Cusin. Questa versione è disponibile anche in streaming su alcune piattaforme.