Se pure è indubbio che questo terzo lungometraggio di Almodóvar contenga in nuce molti degli elementi che il regista svilupperà nei suoi lavori più celebrati (e non potrebbe essere altrimenti, considerata la singolarità della proposta almodóvariana), siamo ancora all'interno di un cinema troppo anarchico e sgangherato perché possa risultare davvero appetibile.
In una Madrid che scoppia di vita si incrociano storie diverse tutte all'insegna di eccessi che possono parzialmente ricordare (ma con meno ansia di trasgredire) quelli di John Waters a Baltimora. Tra gay e ninfomani, terroristi islamici, band rock e performer strazianti, Almodóvar...Leggi tutto racconta Madrid a modo suo, divertito nel mettere sotto la lente personaggi eccentrici, bizzarri, altamente improbabili come Riza Niro (Arias), l'erede al trono dell'immaginario regno di Tiran (basta togliere la T iniziale per capire a chi ci s'ispiri) in trasferta con la sua matrigna Toraya (Liné). O la seducente Sexilia (Roth), ninfomane il cui padre è al contrario un ginecologo totalmente refrattario al sesso: forse colei che più sta in scena, esuberante ma con una sua dolcezza, conoscerà una fan (Muro) del gruppo rock di cui è parte che lavora in tintoria e che ha seri problemi di relazione col padre incestuoso. Le due coltiveranno una singolare amicizia che nel finale le porterà addirittura a... scambiarsi le facce in un turbine di follia apparentemente senza alcun senso, coltivato con l'unico scopo di spiazzare o comunque di raccontare in modo diverso, spensierato, leggero e non privo di gusto. Talvolta ci riesce, nella maggior parte dei casi ottiene solo di mettere in fila scene cui manca un vero legame, singolarmente magari a tratti divertenti ma che acquistano sempre maggiore pesantezza se viste in sequenza, perché il più delle volte sembrano inserite casualmente, secondo l'estro di un regista dalle idee ancora non troppo chiare sulla strada da seguire.
Nel cast, tra le file dei gay "islamici", anche un giovane Antonio Banderas, di cui poco si intuiscono le potenzialità. Le forzate bizzarrie che contraddistinguono i personaggi suggeriscono la voglia del regista di crearsi già quell'universo autonomo che così bene saprà modellare in seguito, senza però essere ancora in grado di metterlo a fuoco all'interno di una proposta convincente. Non tanto per colpa di un cast comunque in parte quanto per una regia acerba, schiava di un'artificiosità che svilisce ogni approfondimento psicologico in favore di caratterizzazioni tese al macchiettismo col risultato di deprivare il film di quell'anima forte e decisa in questi frangenti necessaria. Né, va detto, si trovano grandi idee nelle vicende raccontate, che sembrano più che altro portare avanti invenzioni narrative puerili trattate superficialmente, lontane dallo spessore unico che il cinema di Almodóvar saprà in seguito proporre anche senza riununciare alle tipiche frivolezze e a quei tocchi ironici splendidamente mescolati, ad esempio, in DONNE SULL'ORLO DI UNA CRISI DI NERVI.
Una storia tipica del primo periodo di Almodovar. Sexilia, un'artista ninfomane, conosce Riza Niro, un principe gay in incognito. Fra i due nasce un sentimento ma a quanto pare la loro situazione sessuale é dovuta ad un incontro avvenuto quando erano bambini, poi dimenticato. L'ironia la fa da padrona in questa pellicola alquanto grottesca e piena di situazioni irreali. Sexilia vuole abbandonare tutto per fuggire col suo principe e quindi chiede alla sua ammiratrice Queti di sottoporsi ad una plastica facciale e prendere il suo posto! Assolutamente cult!
MEMORABILE: Al concerto: "È inutile che vi impennacchiate così, tanto fate schifo lo stesso!"
Almodovar prima maniera, che contiene già parecchi stilemi tipici del regista spagnolo. Questi, nonostante un ritmo narrativo abbastanza sostenuto, non riesce a coinvolgere pienamente lo spettatore. Ci si limita a seguire, senza troppa attenzione ed interesse, quel che succede ai vari personaggi che sono appena abbozzati e risentono un po' di una certa mancanza di spessore psicologico (nonostante certe facilonerie d'accatto). In ogni caso non certo un disastro e, se ci si accontenta, un po' di divertimento potrebbe anche non mancare.
Tra le prime opere di Almodovar, Labirinto di passioni è una farsa incentrata totalmente sul sesso. Film sicuramente imperfetto e pieno di difetti (a tratti la sceneggiatura appare "sgangherata") ma possiede in embrione tutti i temi che caratterizzeranno il cinema del regista spagnolo.
Siamo nel primo periodo di Almodovar e questa pellicola presenta le vicende piuttosto intricate di un gruppo di individui ossessionati dal sesso. Film che non cattura lo spettatore il quale si ritrova a seguirlo con poca attenzione, qualche battuta divertente c'è, ma nel complesso non convince.
Una vera Sodoma e Gomorra è il mondo descritto da Almodovar, in cui il sesso non solo è onnipresente ma è davvero tutto, in tutta la sua casistica: etero, omo e bisessualità, ninfomania, incesto, con tutto il repertorio possibile, in mezzo a cui si fa strada la storia strampalata del principe gay e dell’assatanata figlia di un ginecologo e in cui compare lo stesso regista come cantante in look trans-punk. Un divertente delirio che attinge al romanzaccio rosa rivisto con occhi camp e gusto provocatorio, al confine con la cialtronata.
Stracultissimo almodovariano prima maniera, quella più genuina e divertente, una esilarante Dolce vita gay-punk dove si sentono fortissime le influenze di Russ Meyer e John Waters. Prima apparizione per il bravo Banderas, memorabili Helga Liné e Cecilia Roth. Una dichiarazione d'amore alla Madrid della movida, della caciara, della creatività e della vita notturna, il migliore dei mondi possibili prima dell'invasione dell'Aids. Impeccabile fotografia di un importantissimo momento storico della Spagna post-franchista.
Un Almodovar acerbo soprattutto nella parte emotiva e partecipativa, ma abile nel mettere in scena un mondo borderline, fatto di personaggi stravaganti che, fortunatamente, non cadono nella macchietta. Alcuni elementi narrativi (il finale in areoporto) verranno riproposti nel successivo Donne sull'orlo di una crisi di nervi. Nel cast si segnala un giovane Banderas nei panni di un islamico omosessuale e lo stesso regista in un ruolo molto particolare (vedere per credere). Ci si diverte senza entusiasmi e la visione scorre piacevolmente.
MEMORABILE: Il cameo di Almodovar; La psicologa che vuole fare sesso con il padre della paziente; La storia incestuosa.
Commedia di sapore underground per Almodovar agli inizi, quando era una delle figure cardine della Movida, ai tempi in cui Madrid dettava le regole della trasgressione in tutta Europa. La trama è poco più di un pretesto in cui il regista castigliano prende in giro omosessuali, impotenti, teste coronate e luminari della medicina con il suo piglio dissacratorio. Ottima la Roth che fa una ninfomane, non sempre all'altezza il resto del cast. Molte battute funzionano. Un film che piacerà a chi ama lo stile un po' forte dell'Almodovar prima maniera.
Pellicola di gran valore, sia per il percorso artistico del regista che per il momento storico vissuto dalla Spagna. Almodóvar truccato che canta e balla è veramente impagabile, così come tanti dei personaggi che popolano questo film debordante di individui dalla sessualità esplosiva e sorprendente. La trama è piuttosto fragile, benché includa perfino il profetico progetto di terroristi islamici pronti a salire su un aereo. Ma quel che conta, non v'è dubbio, sono i personaggi e i loro dialoghi frizzanti e modernissimi. Da vedere per capire meglio il genio di Pedro.
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Nel cast anche lo stesso Pedro Almodóvar (n.c.), che canta una canzone (intera: per intenderci, non è un cameo alla Hitchcock che compare fugacemente, perché qui Almodóvar sta per tutto il tempo di una canzone, e canta pure...).