Premessa forte e chiara: è un bel film. Ciò detto, molte sono le perplessità. La premiata Mangano è grintosa come Edda, ma è la Mangano, non Edda (meglio Wolff, come aderenza al personaggio). Gora non ha nulla del vero giudice Cersosimo (a lungo intervistato da Zavoli): meglio Randone che fa Fortunato. Forse nel ’63 non si poteva che sceneggiare in pieno anti-fascismo militante, ma dire che a ottobre ’43 le valli veronesi ribollono di partigiani è un falso storico (altre rilievi nelle Curiosità).
MEMORABILE: La scena della fucilazione ripete in maniera straordinaria l'esistente documento filmato (dato dalla RAI anche in Combat film).
Solido film storico-spettacolare di Lizzani cui si perdonano alcune libertà grazie alla capacità del regista di tenere sul filo lo spettatore per tutta la durata della sua pellicola (nonostante la fine di Ciano sia nota). Merito sicuramente della sceneggiatura scritta a più mani ma anche di un cast di attori in grande spolvero (forse solo Wolf un po’ monoespressivo) su cui spicca una Mangano meravigliosa. Tra i migliori del regista.
MEMORABILE: La telefonata di Edda al padre con tanto di sfuriata
Godibilissima ricostruzione dei fatti che portarono alla fucilazione di Ciano e che già erano emblematici del clima da guerra civile. Lizzani sviluppa in parallelo le violente rese dei conti tra gerarchi fascisti e i drammi personali nella famiglia Ciano: ne esce ingigantità la figura di Edda (ma era così in realtà?), senza alcun rispetto le figure dei miserabili capi e capetti della repubblica sociale. Valenti tutti gli attori.
MEMORABILE: La folla che vorrebbe linciare Ciano, tenuta a guardia e ammutolita dai tedeschi. La telefonata di Edda a suo padre.
Un bravo regista e un ottimo cast ricostruiscono il processo farsa con cui il fascismo di Salò regolò i suoi conti con quei gerarchi che avevano provocato la caduta del regime. Qualche licenza rispetto alla storia c'è, ma la vivacità della narrazione coinvolge lo spettatore fino in fondo, sebbene l'epilogo sia noto. Curiosa e forse non azzeccatissima la scelta di non fare comparire mai Mussolini, mentre al personaggio di sua figlia Edda (benché interpretato da una bravissima Mangano) di spazio forse ne è stato concesso fin troppo...
Buona ricostruzione del processo intentato ai gerarchi che sfiduciarono Mussolini: fra loro il genero del duce, Ciano. Lizzani sa il fatto suo: è scabro e secco; concede qualcosa alle proprie preoccupazioni ideologiche (oggi datate), ma ciò è trascurabile a fronte di uno svolgimento narrativo che non concede nulla al luogo comune. Wolff è in parte; troppo aspra la Mangano (in assoluto, non rispetto alla Edda storica).
Lizzani non fa di nome Florestano purtroppo, ma sforna comunque un film che non annoia nonostante si appropinqui alle due ore. Esclusa la compiantissima Mangano e un sorprendente D'Orsi, le prove attoriali sono in generale un po' loffie: magari proprio quei cuori di leone i congiurati non erano, però... Azzeccatissime le parti sulla pervicacia della magistratura e sul pilatesco iter di diniego delle domande di grazia.
Ricostruzione dei convulsi fatti post 25 luglio culminati nel processo-farsa di Verona che dà il titolo al film, accurata e rigorosa come da tradizione di Lizzani, che inframmezza il girato anche con immagini di repertorio. Ottimo il lavoro fatto con il compianto Frank Wolff, la cui somiglianza col vero Ciano è impressionante, e grande prova di Silvana Mangano, tormentata e tenace nel tentativo di salvare il marito. Nel complesso sicuramente da rivalutare, non essendo fra i lavori più noti del regista.
MEMORABILE: La drammatica telefonata fra Edda ed il padre.
La Mangano ruggisce in una delle sue prove più assolute; impersona un'Edda implacabile, sorda alle ragioni della Storia. Non demerita Wolff, azzimato e senza zanne, "confermato" alla sbarra dopo l'avvelenato Pisciotta di Salvatore Giuliano. Film secco, filologico, tenue solo negli inserti della signorina Gestapo. Tra i comprimari si nota D'Orsi, in carattere tragico poco usuale, e il sempre ineffabilmente perfido Gora. Plausibile l'idea di Pirro e Lizzani di non far apparire il Duce, entità demiurgica già diffusa in ogni atto, sillaba, canna di fucile, di questa vicenda.
MEMORABILE: La telefonata di Edda Mussolini al padre.
Uno di quei film per cui è difficile non scindere in due il giudizio, valutandone separatamente il valore dal punto di vista della ricostruzione storica e l'impatto spettacolare. Se appare infatti discutibile l'adozione del punto di vista di Edda Ciano con la conseguente riduzione dell'evento storico nell'alveo di un dramma familiare, d'altra è proprio questa scelta a sostenere una tensione quasi da thriller, nonostante i fatti siano ben noti. Questa ed altre perplessità sono comunque fugate nella sequenza della fucilazione, rigorosa e verosimile. Buona la prova corale del cast.
Bellissimo film di Carlo Lizzani che ricostruisce con grande rigore storico il processo di condanna a morte di Galeazzo Ciano nel 1943, genero di Mussolini. La storia è incentrata sulla moglie Edda che fa di tutto per salvarlo senza riuscirci e su Mussolini che fa fucilare il genero. Eccellente interpretazione di Silvana Mangano ma anche gli altri attori sono eccellenti. Ottima la serrata regia quasi documentarista di Carlo Lizzani, ben attento agli stati d'animo dei personaggi.
Lizzani conferma il proprio eclettico magistero con questa volitiva cronaca storica di un cardinale episodio della rovinosa débâcle fascista, riuscendo a renderne col giusto piglio il morboso contorcimento familistico istituzionale. Sfruttando lo script di Pirro e Amidei, il film lascia sullo sfondo, senza però sbiadirlo e preferendo riverberarlo, il contesto storico, concentrandosi sulla tragedia shakespeariana dei personaggi. Se Wolff/Ciano ha l'occhio un po' troppo sbarrato, la Mangano infonde alla sua Edda un risentimento "infedele" alla Storia ma cinematograficamente intenso.
MEMORABILE: Il Fortunato di Randone; I dialoghi tra Edda e la madre.
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Continuo quanto detto nel mio commento.
Errato il tono stentoreo di Vecchini (un ottimo Tino Bianchi) nel leggere la sentenza (è notorio che in realtà quasi sussurrò). Edda, inoltre, non parlò mai per telefono col padre: gli scrisse delle lettere.
Passi, invece, per alcune semplificazioni, come quella del palleggio delle domande di grazia, che in realtà fu molto più complesso.
Di importanza zero, ma buffo, l’errore di sponda gardesana: le ragazze di Gargnano vengono fatte parlare in veneto anziché in bresciano...
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Due parole su Pisenti, ministro della Giustizia, dal cui breve ritratto del film emerge un personaggio non negativo. Acuto uomo di legge, non costituì a Brescia la Corte di Cassazione, ma la denominò come sezione staccata da Roma. Ciò permise, a Italia riunita, che le sentenze della Cassazione bresciana fossero ritenute valide.