13 Tzameti - Film (2005)

13 Tzameti
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MMJ Davinotti jr
Titolo originale: 13 Tzameti
Anno: 2005
Genere: drammatico (bianco e nero)
Note: Aka "Tredici tzameti" ma non "13 tsameti".

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Affogato in un lugubre bianco e nero che rende livida da subito la miseria in cui versano i personaggi, in movimento tra appartamenti fatiscenti e ambienti spogli, il film di Babluani apre con una prima parte più descrittiva: non si individua ancora chi sarà destinato alla parte principale, si seguono i drammi quotidiani di chi non ha soldi e vive alla giornata, magari oppresso dalla tossicodipendenza. Il futuro "numero 13" non sa ancora di esserlo: si chiama Sébastien (lo interpreta Babluani stesso) e lavora per sistemare un tetto, finché alla morte del proprietario s'impossessa segretamente di una lettera sibillina a quest'ultimo indirizzata nella quale sono contenute alcune istruzioni per un...Leggi tutto lavoro non precisato e l'implicita promessa di guadagnare molto bene. Decide di seguirle e dopo un viaggio in treno s'incontra con chi lo porta in una casa persa nella foresta, dove dovrà partecipare alla feroce roulette russa per la quale il film è celebre. Un gioco a scommesse in piena regola, dove i contendenti puntano la pistola - con uno o più colpi nel cilindro - alla testa di chi sta davanti premendo poi il grilletto all'accensione di una lampadina a centro stanza. Una sfida a più riprese osservata da chi paga per vedere e scommettere sul proprio "beniamino", con tanto di "croupier" urlatore che scandisce la fasi: "inserite i proiettili... alzate la pistola... fate girare il cilindro... mirate...". Impossibile tirarsi indietro una volta arrivati fin lì e Sébastien, pur titubante e tra mille difficoltà, non lo farà. La parte centrale del film, occupata dallo svolgimento del gioco, tra la freddezza rassegnata dei concorrenti e quella meno giustificata degli scommettitori, ha dalla sua una forza indiscutibile, in cui tuttavia la suspence - che pur non manca - viene in parte smorzata dallo stile gelido scelto dal regista fin dall'inizio: poche parole, un'asetticità inquietante nella messa in scena, i mesti accenni al sorriso di Sébastien. Si individua fin da subito il contendente principale, si prosegue di conseguenza, ci si perde un po' nell'ultima parte anche se nell'interrogatorio alla gendarmeria si recupera bene. Cinema ricercato, non banale, scarno e perfettibile ma efficace. La riuscita del film la testimonia a suo modo la realizzazione cinque anni dopo di un remake, opera sempre di Babluani.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 22/07/07 DAL BENEMERITO MTMPSICOSI POI DAVINOTTATO IL GIORNO 31/07/16
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MTMPsicosi 22/07/07 19:22 - 11 commenti

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Film per stomaci forti. E' bene dirlo subito. Il regista georgiano ci accompagna per mano nell'incubo di Sebastien, un ragazzo che, come saldo di certi lavori, decide di impossessarsi di una lettera. Tale lettera sarà l'inizio di una strana caccia al tesoro che lo porterà verso gli inferi. Della mente ma anche del corpo. La regia durissima è resa ancor meno sostenibile da un B/N che non lascia spazio a interpretazioni e da una scelta delle inquadrature di stampo decisamente sovietico. Gran pezzo di cinema, purtroppo semi invisibile.
MEMORABILE: "L'uomo nasce una volta e muore una volta. Prendila con filosofia: discendi da Schopenhauer!"

Stubby 17/11/08 00:18 - 1147 commenti

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Personalmente mi ha messo i brividi non tanto per il terrore quanto per l'angoscia che il regista riesce a fare arrivare allo spettatore: è un film che lascia certamente il segno. Pellicola scarna e cruda resa ancor più convincente dall'utilizzo del bianco e nero. Babluani scrive, produce e dirige un qualcosa di veramente memorabile.

Schramm 5/12/08 17:32 - 3495 commenti

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Lo scambio simbolico e la morte. Lo scambio simbolico è la morte. Il capitalismo è il demonio. Cosa stiamo diventando, in nome del monopolio di stato? Carne da cannone e da macello, gioco clandestino in mano a un caso bendato. Muovendosi grossomodo sulle stesse coordinate contenutistiche che animano lo speculare e più riuscito 13 Beloved, Babluani sforna un'opera perfettibile, capace di mettere in ginocchio solo nella serrata e spietata parte centrale, che decolla e detona solo dopo mezzora di preambolo arrancante e si sgonfia moralisticamente a giochi conclusi. Per sistemi nervosi di silicio.

Pinhead80 4/10/09 02:36 - 4758 commenti

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Sicuramente uno dei film più crudi e violenti che abbia mai visto. Quello che a prima vista appare un'opera tranquilla e dal titolo poco comprensibile, si trasforma in breve tempo in un incubo raggelante in cui le persone diventano cose alla mercè di persone ricche. Emozioni fortissime accompagnano lo spettatore per tutta la durata della pellicola e alla fine ci si chiede se tutto ciò possa esistere davvero. Essenziale e crudele.

Gestarsh99 5/08/11 23:33 - 1395 commenti

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Durissimo e coraggioso questo debutto thriller/noir del giovane figlio d'arte Babluani, che mette a frutto la sua valente attitudine artistica fondendo con luttuosa potenza il corposo retroterra nazionale della nouvelle vague, l'alone di maledettismo e perdizione del polar e un'impassibile follia nichilistica dal sentore ciminiano. Ciò che il film propone è un'acuta ed astuta riflessione sul destino, sulla sorte, sul senso di fatalità, intinta di sussurrati riferimenti politici (nel bianco e nero "sovietico") e severi simbolismi sociali (gli sfruttati, il dìo danaro). Un'opera ineluttabile.
MEMORABILE: Lo sguardo vitreo di Sebastiene, riflesso nel finestrino del treno che lo riporterà a casa...

Daniela 3/09/11 19:24 - 12662 commenti

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Giovane muratore polacco entra fortuitamente in contatto con una organizzazione segreta di scommesse in cui i giocatori puntano su chi, in un gruppo di concorrenti, riuscirà a sopravvivere ad un roulette russa circolare. Film bello e secco, senza fronzoli, come spogli sono gli ambienti teatro del "gioco" e scarni i dialoghi che lo accompagnano. Chiave stilistica azzeccata, dato che l'orrore mostrato - tragicamentre plausibile - non ha bisogno di sottolineature didascaliche. Si segue con angoscia fino al finale, cattivo eppure necessario. Molto mediocre l'auto-remake del 2010.

Jandileida 6/09/11 20:25 - 1565 commenti

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Film dal sapore retro non solo per la scelta del b/n ma anche per le facce dei protagonisti e per la composizione registica à la Truffaut. All'inizio il film è fin troppo compassato e poco chiaro, ma Babluani ci fa saltare sulla sedia con un colpo di scena che, devo ammeterlo, mi ha spiazzato, degno del Refn più furioso e che devia la storia verso un abisso di violenza brutale perché assolutamente insensata. Peccato però che il buon Gèla, promettentissimo regista ed autore, sia attore solo mediocre (cosa che sminuisce un po' il valore della pellicola).

Mickes2 13/11/12 14:11 - 1670 commenti

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Introduzione frammentaria, inafferrabile, rarefatta; a visione ultimata però la nostra mente, che aveva accantonato quei momenti confusi di vita, ritorna laddove l'esistenza e il destino erano amari ma propri e non di qualcun'altro. Gigantesco, agghiacciante, tragico, un girone infernale senza tregua nè respiro; dolorosissima ricognizione sul caso, storia di vittime per scelta o disperazione, carnefici disumanizzati mossi da un nichilismo che brucia l'anima. Una guerra fra poveri dove il contrappasso distrugge la catarsi.

Cotola 31/12/12 14:19 - 9043 commenti

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Buono, ma non buonissimo poichè parte iniziale e finale non convincono: troppo lunga la prima; inverosimile e un po' moralistica la seconda. In mezzo una quarantina di straordinari minuti di angoscia allo stato puro: una potente, crudele e metaforica discesa all'Inferno senza ritorno. Rimarchevole che il regista riesca a creare una notevole tensione che stringe lo spettatore in una ineludibile morsa d'acciao sebbene non sia difficile immaginare come si concluderà il gioco. Sconosciuto ma da recuperare.
MEMORABILE: Il primo round.

Quietcrash 9/09/13 10:59 - 83 commenti

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Bianco e nero, un biglietto per Parigi e una riedizione della roulette russa. Film che prende allo stomaco, intenso e coinvolgente. Il bianco e nero sottolinea ancora di più l'oscurità d'animo e l'inesistenza di sentimenti all'interno del film. La prima parte un po' lenta, ma serve per capire la seconda. Un buon film.

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Pigro 19/03/14 09:59 - 9666 commenti

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Il lavoretto che farà guadagnare tanti soldi al ragazzo è un’agghiacciante roulette russa. Film mozzafiato, che trascina lo spettatore nel girone infernale della resa rassegnata a un destino implacabile. Le leggi del thriller e il senso di una disperata claustrofobia esistenziale si mescolano lasciando di volta in volta scossi, interdetti e al tempo steso affascinati dal risucchio verso l’abisso. Ottimo casting, dal giovane protagonista smarrito all’arbitro sciammannato; e ottimo equilibrio registico che non cede mai al voyeurismo cruento.

Rullo 30/03/14 16:33 - 388 commenti

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Babluani dirige il fratello in un film in cui l'azione è compattata al massimo, complice la sceneggiatura incalzante, tanto da coinvolgere nell'arco di emozioni che toccano il protagonista dall'inizio alla fine. Il bianco e nero è l'unico colore in cui si poteva girare un film simile, dal gusto quasi noir ma aggiornato e rispolverato. George Babluani offre una prestazione intensa e sentita: lo sguardo sperduto e terrorizzato, i tremori e il sudore freddo.
MEMORABILE: Il duello; Il finale sul treno; L'arbitro che recita le regole ogni volta.

Bizzu 19/09/14 15:12 - 217 commenti

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Lo stevensoniano "club dei suicidi" ai tempi del capitalismo. Bella l'agghiacciante atmosfera claustrofobica creata dal bianco e nero per un film efficace sia dal lato thriller, sia come critica sociale sul tema denaro/sfruttamento. Finale amaro, ma si sa: i poveri perdono sempre.

Capannelle 23/08/18 20:28 - 4411 commenti

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Coraggioso Babluani a proporre un noir che per la scelta del bianco e nero, le inquadrature e il ritmo richiama gli stilemi della Nouvelle Vague. I punti deboli stanno nella parte iniziale, troppo frammentata e claudicante e, in parte, nella maschera del protagonista. La tensione che si respira nella villa e nell'evoluzione del gioco al massacro però riscatta il tutto e pone in risalto doti registiche da non disprezzare, da verificare magari con un genere più moderno e movimentato.

Deepred89 23/07/20 01:07 - 3706 commenti

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Il cinema sociale di cui si sente il bisogno: mai didascalico o pedante, emotivamente vibrante sin dall'insolita parte iniziale, intrigante nella narrazione ed esemplare nel delineare, metaforicamente e non, il suo messaggio anticapitalista, il tutto praticamente senza budget. Il cuore del film resta la parte centrale, cupissimo e sconfortante - per quanto mai gratuito - punto d'incontro tra il segmento vietnamita di Il cacciatore, La prova e il noir da camera. A tratti prevedibile o schematico, recitato non sempre impeccabilmente, ma di una potenza che Loach ed emuli si sognano.

Paulaster 19/09/22 09:50 - 4417 commenti

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Operaio accetta di partecipare a un gioco pericoloso per soldi facili. La parte introduttiva mostra alcune soluzioni poco credibili (la spiata dal tetto e la lettera che vola via) che precedono la situazione "clandestina" ricca di mistero. Il gioco ad eliminazione è angoscioso ma asciutto e i dettagli truculenti risparmiati. L’ultimo segmento con la polizia che investiga ricade nella maniera e il finale non stupisce. Nei momenti caldi si poteva insistere sulla disperazione dei contendenti, invece che rappresentarli come pedine in mano al fato.
MEMORABILE: Il buco nel soffitto; Le pistole alla nuca; Tre proiettili in canna; Il duello; I soldi spediti.
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  • Discussione Gestarsh99 • 9/05/14 16:23
    Vice capo scrivano - 21546 interventi
    FORTUNA E SFORTUNA: LA DOPPIA DANNAZIONE DEL 13


    Son strane le occasioni della vita.
    Sei li, sul tetto, per i fatti tuoi, che svolgi sereno il tuo lavoro, spostando tegole e prendendo misure e contromisure, e poi una stupida folata di vento decide che per te l'ora è segnata. Ma non subito, perchè c'è da sudarsi anche quella, peggio di un qualsiasi tozzo di pane giornaliero.

    Sebastiene è un modesto operaio ventiduenne di origine georgiana, quel po' di danaro che riesce a mettersi in tasca lo guadagna con saltuari lavoretti di ristrutturazione domestica. E con quei soldi ci mantiene anche la povera famiglia, madre-padre-fratello-sorella stipati assieme a lui in un angusto bugigattolo della periferia urbana francese.
    La sua ultima giornata di lavoro si apre però con una serie inquietante di segni misteriosi, forse premonitori: uno sconosciuto che lo fissa agghiacciato in lontananza, un borbottare sospetto, un origliare confuso e singhiozzante, una prospettiva di guadagno facile, il sogno di ricchezza, il desiderio di fuga da una vita di povertà e sacrificio. E poi quello sbuffo d'aria maligno, che soffia giù dalla finestra una lettera dal contenuto enigmatico.
    Si parte.
    Senza conoscere la meta effettiva nè avere a mente che ogni profitto ha sempre un suo costo, un vuoto a rendere, un residuo dovuto di spese amministrative. Soprattutto ignorando che la Morte non accetta mai misere mance...


    In questo intenso e coraggioso esordio registico, il giovanissimo Gela Babluani riesce in un'impresa non da poco: fondere con mirabile maestria il corposo retroterra nazional-cinefilo della nouvella vague godardiana, l'alone di maledettismo e perdizione ineluttabile da polar francese e passaggi di impassibile follia nichilistica dal forte sapore ciminiano (difficile non pensare ad un classico quale Il Cacciatore), modellandoli attorno ad un intreccio cronometrico e studiatissimo, sorretto dalla suspense affilata delle angoscianti fasi di preparazione al "gioco".

    Si, perchè è da un gioco che scaturisce lo shock più indigesto e degradante della vicenda.

    Quello che il film propone è un'acuta ed astuta riflessione sul destino, sulla sorte, sul senso di fatalità. Il disvelamento suggerito dall'autore è che il futuro non sia un foglio bianco, su cui ogni faber fortunae suae scrive liberamente ciò che più gli aggrada, bensì un programma già stampato e prestabilito, al quale è quasi impossibile sottrarsi e la cui ultima pagina porta sempre alla stessa, invariabile conclusione.

    Non è casuale che la scelta del titolo sia ricaduta sul numero 13, che nella tradizione esoterica e religiosa incarna il disordine, l'ambivalenza fortuna-indiretta/sfortuna-diretta e la disarmonia dagli esiti nefasti. Il 13 è la cifra che spetta nel gioco al protagonista, poichè ultimo aggiuntosi alla disumana lotteria di morte; il 13 si ripresenta per ben due volte anche nel numero di targa di uno degli scommettitori clandestini (e le conseguenze si vedranno); 13 infine è la somma dei proiettili utilizzati nelle cinque sessioni di gara (1 alla prima, 2 alla seconda, 3 alla terza, 3 al primo duello e 4 al secondo duello).


    Nonostante i suoi 26 anni, il regista dimostra già un valido talento nel conferire spessore alla sua storia e non si lascia sfuggire preziose occasioni per sottendere alle immagini una lettura di secondo livello, attraverso riferimenti politici e sociali adeguatamente ficcanti ed incisivi.

    Al di la di sussurrati elementi metaforici, relativi alla storia del suo Paese, quali l'opprimente bianco e nero "sovietico" della fotografia ed il tema della roulette russa (leggasi Il Fatalista di Lermontov), quello che emerge con maggiore chiarezza è l'aspro discorso su una società che basa la propria sussistenza sullo sfruttamento dei più deboli, dei più disgraziati, dei più disperati, in una ciclica rincorsa all'auto-miglioramento sotto il segno profano del dìo danaro.

    Nel film i ricconi in giacca e cravatta scommettono sulle vite dei concorrenti per diventare ancora più ricchi e lo fanno nè più e nè meno dei "partecipanti veri e propri", che mettono in gioco le loro vite per fuggire chi da condizioni di miseria materiale, chi invece da uno stato di disperazione esistenziale intollerabile e devastante.
    Tuttavia la sofferenza non risparmia nessuno e la droga sembra essere l'unica maniera artificiale per alleviare il peso delle proprie ansie, delle proprie paure, della propria esistenza, della propria morte.


    Quella di Babluani è un'umanità già spacciata ed estinta: l'auto-distruzione volontaria resta solo la sua ultima penosa eroina consolatoria.

    Indiscutibilmente, uno dei più affascinati thriller/noir dell'ultimo decennio.


    P.s.: Da evitare come la lebbra l'inutile remake approntato dallo stesso regista nel 2010 per i grassi palati americani: IL REMAKE
  • Discussione Galbo • 9/05/14 16:33
    Consigliere massimo - 3990 interventi
    Il remake infatti non mi era sembrato nulla di che, devo recuperare questo....
  • Discussione Gestarsh99 • 9/05/14 16:44
    Vice capo scrivano - 21546 interventi
    Il remake è una vergogna, poco da aggiungere.
  • Discussione Gestarsh99 • 9/05/14 19:03
    Vice capo scrivano - 21546 interventi
    Probabilmente l'autore credeva di poter riapprocciare questo suo ottimo film del 2005 con la stessa carica dirompente con cui si era autoriciclato Haneke nel suo Funny Games (2007) ma alla fine il risultato finale di 13 (il remake del 2010) non ha pagato nè in qualità estetica, nè in coinvolgimento emotivo.
  • Discussione Pigro • 10/05/14 23:41
    Consigliere - 1661 interventi
    Bella recensione, Gest!
  • Discussione Gestarsh99 • 11/05/14 15:03
    Vice capo scrivano - 21546 interventi
    Ah, grazie, Pigro!
    Felice del tuo apprezzamento :)