Enemy - Film (2013)

Enemy
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MMJ Davinotti jr
Titolo originale: Enemy
Anno: 2013
Genere: thriller (colore)
Note: Ispirato dal romanzo "L'uomo duplicato" di Josè Saramago.
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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Che Villeneuve punti con ENEMY ad affermarsi come autore seguendo in parte le orme del suo conterraneo David Cronenberg pare assolutamente evidente. E difatti sarà la CN Tower di Toronto che troneggia sullo sfondo, saranno le riprese dall'alto dei palazzi e i silenzi che si protraggono lungamente, ma l'associazione con il grande talento canadese e i suoi primi lavori è immediata. Non fosse per una fotografia immersa nell'ocra che si fa presto caratterizzante, i richiami sarebbero ancor più immediati. Qui però la poetica del regista è molto meno personale; avvicina in parte Lynch senza possederne l'inventiva, rallenta i ritmi fin quasi ad appiattire la linea dei battiti cardiaci e spreca quella...Leggi tutto che era un'idea assai intrigante per condurla verso lidi metafisici in cui - come sempre più spesso capita - allo spettatore viene lasciata libertà d'interpretazione regalandogli la soddisfazione di credere d'averci visto giusto in ogni caso. La tensione sale bene, da quando il protagonista riconosce se stesso in un film noleggiato in videoteca: la sorpresa è tanta, nel vedersi confuso tra gli attori di secondo piano mettendo in pausa. Uno sguardo ai titoli di coda, una breve ricerca su internet a scorrere le fotografie e il nome del sosia salta fuori con facilità: si chiama Daniel Saint Claire. Un salto all'agenzia che lo rappresenta, un paio d'altri passaggi e il rintracciamento è cosa fatta. Da qui però il tempo si dilata eccessivamente, la sensazione di smarrimento dei due "sosia" cresce di minuto in minuto, si perdono di vista le figure delle due partner femminili, ci si concentra sul dramma e sui conseguenti, pressanti interrogativi che i due personaggi identici si pongono. Senza coinvolgere di fatto nessun altro nel vortice di dubbi che li attanaglia, lasciando che la presenza di forme aracnidi compaiano qua e là senza apparente motivo a seminare ulteriore mistero. Ma a Villeneuve della storia in sé, dopo il fugace innamoramento iniziale per il colpo di scena sullo schermo, pare interessare poco o nulla. Punta a colpire con le immagini, con i movimenti sinuosi della cinepresa, con le architetture che incombono e opprimono inondando di giallo lo schermo e lentamente (ma davvero troppo lentamente) ci accompagna verso il solito finale aperto che in casi come questo non poteva che porsi come unica soluzione plausibile. Si procede per sensazioni, diffondendo tracce di quel cinema d'autore al quale il regista perverrà con maggiori compromessi in seguito, individuando una via più personale e meno derivativa, che saprà inglobare forti elementi di mistero all'interno però di film che non si limitino come in questo caso a riproporre per l'intera durata la medesima idea senza trovare - arrivati alla conclusione - sbocchi soddisfacenti.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 4/05/14 DAL BENEMERITO MICKES2 POI DAVINOTTATO IL GIORNO 16/01/18
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Mickes2 4/05/14 14:09 - 1670 commenti

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“Il Caos non è altro che ordine non decifrato". Dopo le buone ma risapute implicazioni del film precedente, Villeneuve torna con un thriller visionario e allegorico sull’Io e le inquietudini della psiche. Una ragnatela che intrappola fitta di stranezze per un viaggio esistenziale e apocalittico all’interno di se stessi; un excursus sinuoso e cupissimo sul doppelganger dove una realtà distorta sgomita contro una routine tesa e depressa. Ancora una volta il peggior nemico di un uomo è se stesso; non resta altro che guardare il proprio destino con terrore.
MEMORABILE: “All the greatest world events happens twice” (Hegel); “The first time it was a tragedy; The second time it was a farce” (Karl Marx).

Rullo 5/05/14 19:59 - 388 commenti

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Un gioco mentale o una strana realtà? Questa la domanda che aleggia su tutta la pellicola, con ragni onirici e similitudini destabilizzanti. Un Gyllenhaal stanco e insoddisfatto, un Gyllenhaal determinato e approfittatore. Lascia un retrogusto di incompletezza, colmabile solo con la riflessione post-visione. Ottimo anche il comparto tecnico, dalla fotografia dai toni caldi alla regia - come da suoi standard - su livelli elevatissimi. Molto buono anche il protagonista ed eccellente il copione.
MEMORABILE: Il ragno gigante; Il finale.

Greymouser 20/05/14 23:01 - 1458 commenti

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Villeneuve, dopo le buone prove già messe in carniere, ci stupisce con un thriller criptico, esistenziale, dallo svolgimento a tratti incomprensibile, o - comunque - suscettibile di mille interpretazioni diverse. La mano registica è sempre notevole, il talento è cristallino... eppure, non sono del tutto convinto di una rappresentazione così esoterica - mutuata da un romanzo di Saramago che non ho letto, ma immagino irto di simbolismi e metafore. Resta l'impressione di un'opera di spessore, ma arduamente decifrabile.

Cotola 26/05/14 13:14 - 8998 commenti

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Thriller psicologico che nonostante una certa cripticità ed incompiutezza (si veda in entrambi i casi il finale, ma non solo) ha un notevole ed indiscutibile fascino. Si viene, infatti, avvolti da uno script che mantiene abbastanza alta la tensione e l'interesse dello spettatore, per giungere ad una chiusa spiazzante che si presta alle più svariate interpretazioni. Alla fine si tratta di una visione intrigante ma anche difficile nella lentezza dei suoi ritmi e nei suoi simbolismi. In definitiva: sconsigliato a chi si aspetta un thriller tradizionale in cui alla fine tutto fila e viene svelato.

Gestarsh99 3/08/14 00:37 - 1395 commenti

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Il romanzo più "cinematografico" di Saramago è per Villeneuve chassis orientativo su cui filare e intessere un allucinante thriller sui temi del doppio e della perdità di identità, sull'offuscamento della coscienza e il dualismo schizofrenico ordine/caos, che rinnova e intassella gli impulsi più oscuri di Lynch, Polanski, Kubrick e De Palma. Un doppelganger-movie zigrinato di alterazioni psicoemotive e ripugnanti simbologie aracnèe, che nel suo sfingeo cerimoniale acustico/visivo si appropinqua ad un incubo inintellegibile, vessatoriamente inghiottito in una dimensione kafkiana e dostoevskiana.
MEMORABILE: L'enigmatica, inattesa e spaventosa scena di chiusura; l'ombra "cloverfieldiana" dell'enorme ragno imcombente sul pallido skyline di Toronto...

Daniela 28/10/14 07:37 - 12606 commenti

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Si dice che ognuno di noi abbia un sosia sparso per il mondo. Un professore di storia scova il suo: un attore che finora si è cimentato solo in piccole parti, sposato e prossimo a diventare padre. I due sono proprio identici... ma sono proprio "due"? Deciso cambio di passo rispetto al film precedente: tanto quello era appassionante ed emotivamente coinvolgente, quanto questo è freddo e celebrale. Villeneuve mette in scena un labirinto mentale senza via di uscita, flashato da lampi kubrickiani e surreali che intrigano ma non illuminano. Film certo fascinoso ma molto, troppo criptico,
MEMORABILE: La sequenza iniziale con donne e ragni; La passeggiata capovolta; L'immagine finale, prima dei titoli di coda.

Giùan 9/01/15 22:47 - 4528 commenti

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Camminando su un esile filo polanskiano, Villeneuve si mostra capace di costruire uno psicodramma dal robusto coinvolgimento cinematografico, disseminando la pellicola di sulfurei connotati paranoici. La provocazione nei riguardi dello spettatore, elemento necessariamente fondante per un film con tali peculiarità, non viene condotto con l'aggressività talora supponente di un Haneke, colpendo altresì per un utilizzo parsimonioso e rarefatto degli elementi a disposizione. Un lavoro di sottrazione che spiazza, irretisce ma fa appello alle nostre meningi.
MEMORABILE: La formidabile interpretazione doppelganger di Gyllenhaal.

Jandileida 15/02/15 09:23 - 1558 commenti

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Generalmente i film del filone Lynch/Carax mi lasciano con un senso di incompiuto e con il persistente dubbio che, in fondo, l'obiettivo sia quello di far riflettere sulla grande farsa che è il cinema. Inserendosi in tale scia, il film di Villeneuve mi ha lasciato la stessa sensazione ma devo dire che il cupo girovagare di un sempre più bravo Gyllenhaal dentro se stesso e nei suoi incubi, rincorso dal suo doppelgänger, mi ha affascinato non poco. Merito anche della grande regia e di una fotografia decisamente riuscita. Qualche dubbio sui ragni. Buono.

Deepred89 17/04/15 15:03 - 3701 commenti

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Pellicola straniante e claustrofobica, forse debitrice del Lynch ultima fase. Il gioco che permette il dispiegarsi dell'ottima idea di partenza (l'avvistamento in un film di una comparsa... già vista) è di quelle che fanno scoccare il colpo di fulmine cinefilo. L'intreccio si sviluppa con intelligenza mentre i pesanti filtri della fotografia trasformano la fredda ambientazione in uno sfuggente inferno onirico. Peccato per quella chiusa ermetica: già trent'anni fa Fulci dimostrò che i ragni nelle città dei morti viventi rovinano i finali.
MEMORABILE: Il protagonista visionando un film si accorge di quella comparsa, in tenuta da maggiordomo; La creatura (?) che veglia sulla città.

Capannelle 19/06/15 14:48 - 4394 commenti

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Peccato, rispetto al Prisoners che verrà è un'altra storia e non convince, nonostante le capacità di ripresa di Villeneuve risultino confermate e ci siano alcune belle sequenze visive grazie anche a una fotografia particolarmente curata. E' la storia a procedere troppo criptica, arricchendosi di elementi che diventano materiale per fanatici del visionario e della libera interpretazione. Ma il tutto non acquista solidità, come anche la voglia di concedergli una seconda chance.

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Saintgifts 14/01/16 10:28 - 4098 commenti

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Esiste veramente il nostro sosia del tutto e per tutto uguale a noi? Ci sono particolari concreti nel film che tolgono ogni dubbio (semmai ce ne fossero rimasti): il nostro doppio siamo noi stessi; un doppio di cui abbiamo paura, un doppio con il quale non vorremmo mai essere messi a confronto. Villeneuve carica di drammaticità la vicenda con una fotografia particolare e con le architetture di una città emblema di una civiltà evoluta esteriormente, ma che non riesce a risolvere problemi ancestrali (forse irrisolvibili) con cui dobbiamo convivere.
MEMORABILE: Maman, il grande ragno.

Schramm 19/02/16 12:45 - 3490 commenti

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La corrida su strade perdute tra identità (il cinema, la storia della filosofia dell’immagine) inseparabili e interscambiabili. Il chiasma di sé stessi quale proprietà invariantiva per semplificare il divenir molteplice. Il chiamare a Chi s’è visto? che si fa tao e sinusoide, arbitrato dallo psicopompo mito d’Aracne. Un saramagico Villeneuve si trastulla con il rispecchiar lo specchio del penultimo Lynch, accarezza il transidentitario, usa il boato di nuovi palazzi mentali che crollano per farci un test audiometrico. Ne va dello spettatore recalcitrante, ma ne riguadagna il cinema.

Kinodrop 27/02/17 18:26 - 2908 commenti

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Sembra impossibile che l'autore di La donna che canta e Prisoners abbia intrapreso una strada così inautentica e asettica, che non riesce a coinvolgerci mai per la mancanza totale di empatia nei confronti dei personaggi. Il presupposto (non nuovo), poteva interessare, ma l'intrusione di elementi metafisici e simbolici e la quasi indistinguibilità del "doppio" contribuiscono a questa sensazione di cripticità voluta. L'elemento che disturba ancora di più è l'aura che rimanda a gratuiti stilemi da nouvelle vague o del genere "incomunicabilità".
MEMORABILE: Lo scambio delle coppie; Il ragno.

Piero68 12/06/17 09:19 - 2955 commenti

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Non avendo letto il romanzo non posso fare paragoni, ma qualcosa mi dice che Villeneuve cerca più l'esercizio di stile che il contenuto. Dopo aver ridotto i dialoghi al minimo, si lancia in una sorta di "tempo sospeso" criptico e simbolico dove i ragni dovrebbero rappresentare la complessità della vita e il destino. Filtri alla mdp che forse aumentano la bellezza della fotografia ma diminuiscono l'impatto visivo e tanti momenti di noia. Finale aperto che lascia il tempo che trova. Magari Saramago parlava solo dell'interscambiabilità dell'uomo.

Hackett 21/06/17 07:41 - 1865 commenti

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Bello a metà. Se infatti non si può negare il fascino estetico della pellicola e la sua capacità di accumulare la tensione, lo stesso non si può dire per quanto riguarda la sceneggiatura, che pur intrigando non si spinge fino in fondo lasciando troppo spazio alla libera interpretazione. Resta comunque un thriller psicologico interessante. Ottima la prova del protagonista, il cui volto è ormai sinonimo di film fuori dall'ordinario.

Galbo 15/07/17 08:00 - 12372 commenti

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Autore di film che raramente lasciano indifferenti, Denis Villeneuve realizza con Enemy la sua opera più criptica. Quasi tutta sulle spalle di un ottimo Jake Gyllenhaal, una storia che affronta il tema del doppio con una narrazione ricca (anche troppo) di sottotesti e metafore. Avvolto da un'atmosfera malsana e torbida, visivamente affascinante, non chiede la comprensione dello spettatore ma solo che questo stia in qualche modo al gioco. Non un capolavoro ma un buon film.

Didda23 2/12/17 20:06 - 2424 commenti

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Un'opera che mantiene una sincera dignità, nonostante le atmosfere e qualche tematica possano ricordare i grandi del genere (da Polanski a Lynch). Villenueve è grandioso nell'elevare le location a elementi portanti della trama, conferendo alla pellicola un'aura ipnotica e maniacale. La sceneggiatura poggia su metafore interpretabili soprattutto alla luce del ruolo della donna che sembra apparire solo sullo sfondo, mentre ha un ruolo cardine. Straordinaria la fotografia dai toni ocra. Gyllenhaal è credibile nel doppio ruolo. Finale che può dividere.
MEMORABILE: La visione del film; Le lezioni di storia all'università; L'incontro fuori città.

Pinhead80 5/12/17 13:55 - 4715 commenti

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Chiunque cerchi delle risposte qui casca male, perché sono le domande a farla da padrone. Impossibile rimanere immuni di fronte all'esplosione di immagini simboliche (per lo più aracniformi) che sottolineano i momenti topici della vicenda. La doppia essenza dell'essere umano ci viene proposta come incontro/scontro tra la voglia di normalità e la necessità di evadere in un corpo "altro" in grado di appagare tutto ciò che la quotidianità incessantemente reprime. Finale pazzesco, di quelli che non ti scorderai mai.

Ira72 27/11/18 09:37 - 1305 commenti

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Pellicola pressoché mono-tono a esaltare la desolazione di una Toronto quasi spettrale, colonna sonora inquietante e incalzante. Buona performance di Gyllenhaal, che riesce a interpretare due persone fisicamente identiche ma caratterialmente oppost, attraverso sottili e impercettibili sfumature mimiche (compito mica facile!). Ma. Quando al subconscio e alla fantasia viene concesso troppo, in particolare da un grottesco finale aperto, il rischio è di restare perplessi, più che piacevolmente stupefatti. I ritmi dilatati, poi, non aiutano.

Lou 28/11/18 17:32 - 1119 commenti

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A Toronto un professore di storia si imbatte nel suo doppio, un sosia perfetto con cui intraprenderà un percorso distruttivo. Il tema centrale sembra essere più che altro un pretesto per rappresentare, in modo criptico e simbolico, le paure e le inquietudini umane. Un thriller sui generis, con immagini suggestive dell'alienazione del contesto urbano, dove la tensione si stempera tra elementi metafisici che lasciano perplessi.

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Taxius 11/12/19 12:35 - 1656 commenti

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Un professore di storia si imbatte casualmente in un suo sosia e fin da subito comincia a intraprendere con lui un rapporto morboso che coinvolgerà anche le reciproche fidanzate. Affascinante storia che analizza il tema del doppio lasciando allo spettatore molti dubbi i quali, per la maggior parte, resteranno insoluti. La trama infatti è molto criptica e resta così fino a un finale non del tutto rivelatore. L'atmosfera asettica e dal color seppia rende il tutto molto claustrofobico nonostante un'ambientazione prevalentemente all'aria aperta.

Bubobubo 19/05/20 21:40 - 1847 commenti

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Un taciturno e vagamente depresso prof hipster di storia ha un doppio quasi perfetto (nella silhouette, nella voce, persino nelle cicatrici...) che fa la comparsa in film di dubbio gusto. Quando le vite dei due si incrociano, poi, si scopre che questo doppio è fatalmente attratto dalla compagna del primo... Per la paradossalità dell'assunto narrativo e per indeterminatezza di conclusioni, questo Villeneuve ricorda da vicino il Carrère regista: qui, tuttavia, la palette cromatica vira verso tonalità da thriller kubrickiano, invero dimenticabili.
MEMORABILE: Svelamento del doppio.

Il ferrini 27/06/20 14:23 - 2337 commenti

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Pur dominato dal colore giallo, Enemy è un film glaciale. È infatti impossibile empatizzare ma al contempo non si può fare a meno di interessarsi alla vicenda. Gyllenhaal, sempre più bravo, cambia letteralmente volto nell'interpretare i due soggetti, ma come sempre quando si tratta di Villeneuve è la regia la vera protagonista. Fra echi cronenberghiani e sdoppiamenti alla Polanski il regista aggiunge alla formula elementi criptici di stampo lynchiano, che spiazzano (vedi il finale) ma risultano al tempo stesso di grande fascino. Esperienza da fare.  

Redeyes 19/10/20 07:24 - 2442 commenti

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Senza dubbio è una pellicola da affrontare con mente sgombra e fresca per non rischiare di finire storditi da troppo cripticismo dopo poche scene, ma è altrettanto vero che, pur pronti a tutto, non si troverà necessariamente il film di semplice fruizione. Partendo dal capolavoro di Saramago il nostro, dirigendo un eccellente one man show (Gyllenhaal) ci aliena e sconquassa di dubbi e sottotrame per lasciarci imbambolati col suo finale. Chiari i rimandi al cinema di Lynch, ma qualcosa è come se girasse a vuoto. Finiamo più stanchi che soddisfatti.

Xamini 11/02/21 11:05 - 1244 commenti

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Il malsano si evince subito da tre elementi: il colore dominante, il rumore musicale e il volto di Gyllenhaal, ora inquietato, ora minaccioso. Il film è costruito sulle sensazioni e se questi elementi contribuiscono ottimamente a impostare il registro, la scena iniziale, chiave di volta, restituisce un'impressione forte. Poi il film sembra imboccare binari di normalità, ma è solo una pia illusione: si torna ai sensi, all'inquietudine e soprattutto al simbolismo - tele di ragno ovunque (anche tra i fili della rete elettrica o sul piano di un vetro rotto). Da interpretare, ma rimane.
MEMORABILE: La scena iniziale; I sogni; Il dettaglio delle due torri gemelle affusolate; La chiusura.

Gottardi 10/05/21 09:54 - 394 commenti

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Professore universitario riconosce un sosia guardando un film in videocassetta. Si mette alla sua ricerca e sconfina nella sua vita, ma l’altro fa lo stesso. Una bella idea di partenza, che poi si avviluppa su sé stessa, finisce per dilatarsi a dismisura ma rimanendo identica, senza sbocchi, fino a un finale cervellotico. Gyllenhaal è bravo nel doppio ruolo, ma a Villeneuve pare interessi più girare per sé, camminare per la sua Toronto onirica e farci vedere che è bravo con la cinepresa in mano. Narcisista, e come tale quasi irritante.

Giapo 29/10/21 09:55 - 242 commenti

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Opera criptica di chiara ispirazione lynchiana, concettualmente intrigante ma terribilmente soporifera nello sviluppo. Si fa apprezzare la realizzazione visiva, con momenti visionari decisamente suggestivi, ma la sensazione di vivere continuamente in un sogno/incubo, insieme a una narrazione lenta e poco comprensibile, fa scendere l'empatia verso i personaggi e rimane ben poco a cui aggrapparsi per reggere un film troppo pesante. Presuntuoso.

Magerehein 6/06/22 11:20 - 977 commenti

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La monotona vita di un insegnante viene interrotta dalla scoperta casuale del proprio perfetto sosia, che a quanto pare incarna tra l'altro molte delle cose che lui non è riuscito a diventare... Angosciante dualismo, esaltato da un'opprimente fotografia all'insegna del color seppia e rotto da visioni aracnidee forse sin troppo enigmatiche, fra due personalità del tutto opposte (valida in tal senso la prova di Gyllenhaal) la cui vita non sarà mai più la stessa... ma è la paura o una morbosa attrazione a guidare le loro azioni? Opera sorprendente, finale terrifico che lascia di sasso.
MEMORABILE: La breve ma illuminante chiacchierata del professore con la madre; "Com'è andata a scuola?"; Il finale.

Thedude94 11/10/22 23:38 - 1084 commenti

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Villeneuve, con la solita regia di classe che lo contraddistingue, realizza un film molto criptico, che all'apparenza sembra portare la storia verso una direzione per poi virare verso scenari completamenti assurdi e da cinema del surreale. La fotografia seppia rende l'idea della chiusura del tutto, del caldo soffocante che si respira e della sofferenza del protagonista, un ottimo Gyllenhaal, il quale sembra a suo agio nel ruolo di trasformista. Il finale è sicuramente spiazzante, ma senza dubbio lascia una scia di domande e interpretazioni che aprono la mente. Notevole

Frakax 16/01/23 00:07 - 23 commenti

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Ci sono pochi registi in grado di affrontare generi molto diversi fra loro con la stessa maestria, senza mai fare passi falsi: fra questi c’è senz’altro Villeneuve, che con "Enemy" firma la sua pellicola più arthouse e spiazzante ma non per questo meno riuscita. Si sentono chiari e forti echi lynchani e polanskiani, ma metabolizzati all’interno di una visione che conserva un’identità propria. Onirico e sinuoso, ma sicuramente non per tutti i gusti.

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Paulaster 6/02/23 18:29 - 4373 commenti

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Professore di storia scopre che un attore gli è identico nelle sembianze. Il tema del doppio - e di come gli eventi possano essere governati dal singolo individuo - produce solo una scenata di gelosia e lo scambio delle coppie che richiama Cronenberg. Il clima è volutamente sospeso, come se dovessero capitare gran cose, e gli accenni insettivori fanno sperare vanamente che si materializzino mondi lynchani; la conclusione non lascia soddisfatti soprattutto nel prefinale con la Laurent. La confezione è discreta e Gyllenhaal eccede solo in brevi momenti.
MEMORABILE: La cicatrice sul petto; Il segno dell'anello.

Supertramp 11/03/24 23:05 - 2 commenti

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Villeneuve pre Prisoners si diverte destreggiandosi in una estrema prova stilistica. tra palazzi alti e scenari falsamente post apocalittici; una pulitissima fotografia non lascia spazio alla trama che va via via perdendosi in inutili scene estremamente “thriller” che non arrivano mai a niente. Un uomo, Jake Gyllenhaal, incontra un suo sosia identico, Jake Gyllenhaal, e da ciò partono una serie di eventi che lasciano più spazio all’interpretazione che a una linea narrativa stabile. Ottima come prova stilistica del regista un po’, meno ottima come pellicola in toto.
MEMORABILE: L'interpretazione di Sarah Gadon; La scena finale; La fotografia.
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  • Discussione Rullo • 5/05/14 23:43
    Magazziniere - 4 interventi
    Io consiglio di vederlo in originale se possibile! (è anche vero che lo consiglio per ogni film)
  • Discussione Gestarsh99 • 4/08/14 15:29
    Vice capo scrivano - 21546 interventi
    SPOILER SPOILER SPOILER

    Era dai tempi di Twentynine palms che non assistevo ad un epilogo così criptico e scioccante.

    E' un film che andrebbe visto almeno una seconda volta, per captare elementi sibillini che ad una prima visione passano sottotono (vedasi le concise lezioni universitarie o le frasi pronunciate in auto durante la colluttazione fatale).

    SPOILER SPOILER SPOILER
  • Discussione Brainiac • 18/04/15 21:33
    Call center Davinotti - 1465 interventi
    Deepred89 ebbe a dire:
    Peccato per quella chiusa ermetica: già trent'anni fa Fulci dimostrò che i ragni nelle città dei morti viventi rovinano i finali.
    A mio modesto avviso il più bel finale dai tempi de I soliti sospetti!
    ;-)
  • Discussione Schramm • 19/02/16 12:58
    Scrivano - 7693 interventi
    villeneuve non sembra volerne sapere di sbagliare un colpo. anche questo, pur coperto il saldo a saramago, crony e lynch, è da maestro. non una visione facile, ma appunto perciò una visione felice.
    Ultima modifica: 19/02/16 12:58 da Schramm
  • Discussione Brainiac • 19/02/16 13:18
    Call center Davinotti - 1465 interventi
    Per me Prisoners in parte lo era (un colpo sbagliato). Belle atmosfere ma risapute (provincia plumbea, disagio e sottoproletariato), buon comparto tecnico ma stravisto anch'esso (fotografia glaciale, inquadrature statiche ed eleganti) e soprattutto il solito pippotto sul: "cosa sareste disposti a fare per scoprire dov'è vostra figlia?" che è tipico di certo cinema americano che vuol farci riflettere sulla violenza (che noia che barba) anche di altissimo lignaggio e che mi fa rabbrividire anche quando lambito da registi che ammiro (leggasi Cronenberg).

    Con Enemy invece Villenueve fa bingo: è uno dei migliori film del 2013 con un finale criptico di quelli che non si fanno piú dagli Anni Novanta (quindi dolce disattesa al trend realistico contemporaneo). Lynchiano sicuro, ma se quel mood non lo sai acchiappare finisce a tarallucci e vino.
  • Discussione Schramm • 19/02/16 13:21
    Scrivano - 7693 interventi
    finora a mio gusto è un altro di quei registi la cui intera filmografia è senza macchia, cosa che non posso dire di molti, e stante che ancora non ho fatto i conti con sicario.