Basterebbe l'incipit puramente argentiano e i magnifici titoli di testa animati tra Tim Burton e Jan Švankmajer a farne un piccolo gioiellino e compiacersi con i due fratelli romani (che grazie a dio sanno muovere la MDP in stato di grazia)
La breve prima parte borgatara con rap a manetta (appunto), tipica dei registi di
Zora, fa pensare al peggio, ma quando i tre "scazzoni" entrano nella villa del marchese la tensione e la defribillazione cominciano a guadagnare terreno, per poi mollare il freno a mano e andare tutto in discesa senza un attimo di respiro
E i Manetti stoccano in crudeltà inaspettate (il capezzolo tenagliato in stile
Flavia la monaca musulmana), in morbosità insistite che non ti aspetti dai registi di
Piano 17 (la vagina della Cuttica in PP con tanto di rasatura certosina), per poi virare nello slasher ottantiano boschivo a stelle e strisce (la fuga di Ale nei boschi) e tuffarsi nel body count "gory" orchestrato da mastro Stivaletti come negli anni 80 (inforcate, fucilate, impiccagioni, facce scarnificate, uncini perforatori, decapitazioni finali alla
Venerdì 13 vs
Phenomena, baci necrofori/passionali presi di peso dal baviano
Macabro, malsane composizioni cadaveriche e un cambio di rotta che sposta lo "slasher de noatri" verso i lidi femmineo/sudici di un
Offspring al sentor di
Marebito
E tra filastrocche e prigionie alla
Le farò da padre, i Manetti chiudono il loro secondo horror puro (dopo l'invisibile
Cavie) con un tono allucinato e un atmosfera lunatica, quasi come se fosse
L'invasione degli ultracorpi
Sorpresina messa tra i titoli di coda, che spiega (con un video simil youtube) l'origine del male (ai Manetti bastano una manciata di secondi per fare un pò di chiarezza in più) e che si ricollega ai disegni animati naif nei titoli di testa.
Citando l'importanza del cinema di Mario Bava (spiegata dal docente Antonio Tentori) in un aula scolastica, o , tra i fumi dei bagordi, guardando
I corpi presentano tracce di violenza carnale con Cristina Airoldi tra le paludi (e guarda caso Ale farà una fine non troppo dissimile), i Manetti rendono un tributo sano e genuino al nostro cinema di genere, innestandolo con la "commedia borgatara" che è a loro congeniale (i primi minuti, certi dialoghi tra i tre) per poi esplodere in tuguri puzzolenti, spizzichi di torture, ragazze nude, esposte e villipese, tenute come animali in catene fino alle sindromi di stoccolma che dilagano nella follia più totale.
Grande score di Pivio che pompa adrenalina, una fastosa e lussuosa villa non dissimile da quella di
Tenebre e più dalle parti
La casa nera che nemmeno in quelle di
La casa con la scala nel buio
Schifosissimo e viscidissimo Peppe Servillo, aguzzino sadico e sanguinario che non si dimentica facilmente (così come i mugolii e gli occhi spiritati della Cuttica)
I Manetti vincono la scommessa, in quello che è il loro fiore all'occhiello
Peccato per il titolo un pò anonimo, io avrei lasciato quelli in lavorazione (
La stanza dell'orco oppure
L'ombra dell'orco) , dai richiami baviani di orchi televisivi, perchè Sabrina ha paura dell'orco che stà di sopra.
Signore, ma è una telecamera quella?