Le location esatte di "Zeder"

17 Luglio 2008

La situazione al via delle ricerche: Era risaputo che la Colonia fosse la Colonia Varese a Milano Marittima, per il resto si faceva un vago riferimento a Cervia, Chartres e Roma (Città del Vaticano, per gli interni soprattutto).

Sei anni dopo l’exploit della Casa dalle finestre che ridono (e della semiparodia del genere contenuta nel meno felice Tutti defunti tranne i morti), Avati torna all’horror conducendoci alla scoperta dei famigerati “terreni K” e alla conoscenza indiretta di Paolo Zeder, apolide che studiava la possibilità di tornare dalla morte... L’azione rimbalza tra l’Emilia e Chartres, cittadina francese la cui celebre cattedrale gotica si scorge sullo sfondo (e non solo) in più di una scena. Attenzione però, perché fin dall’inizio....


1. LA VILLA DI CHARTRES
(Zender, C. Bastelli)
Una didascalia ci porta in un tempo e uno spazio fasulli: nella realtà non siamo ovviamente nel 1956 (ma questo era ovvio) né però a Chartres, visto che la villa in questione (oggi abbandonata) è a Bologna a due passi dal piccolo aeroporto a ovest della città. Si percorre via della Fornace, si supera un passaggio a livello e si giunge in prossimità dell’incrocio con via S. Agnese. Qui, proprio sull’angolo, deserta e immersa nel verde, sta la villa che Avati pone nell’immaginario a Chartres. Stessi colori di un tempo, architettura intoccata, è immediatamente riconoscibile. Al cancello c’è un solido lucchetto e l’accesso è vietato...
 Entrare all’interno della villa è doppiamente impossibile, ma sappiamo (perché ce l’ha detto Cesare Bastelli, non per altro, intendiamoci) che le scene in cantina, con la ragazza che pare indemoniata, vennero in realtà girate in tutt’altro posto. Precisamente in Strada Maggiore (sempre a Bologna) al numero 74, in quello che un tempo era l’Istituto Santa Marta, oggi abbandonato. Un’opera pia inaccessibile al cui campanello non risponde nessuno e che al tempo era appena stato lasciato dalle suore. Fu lì che si scelsero di ambientare non solo le scene nella cantina ma anche quelle in cui si vede la sala con i monitor e molte altre ancora. Una location “nascosta” pluriutilizzata, all’interno del film. E anche all’interno di altri film, se è vero come è vero che Bastelli girò lì (insieme a Leonardo Scarpa, lo scenografo di Zeder) anche una buona parte di Gli occhi e la bocca di Bellocchio e il video di un cantante prodotto da Lucio Dalla (“Licantropo”).


2. LA CASA DI STEFANO E L’AGGUATO AI GIARDINI
(Zender, C. Bastelli, Ellerre)
Stefano (Lavia) vive a Bologna, nella casa che sta all’angolo tra via Rizzoli e via Oberdan e da lì prendono il via le sue indagini, che lo porteranno al cospetto di un losco figuro (Nando Orlandi) che potrebbe essere Don Luigi Costa, la cui storia personale fa rabbrividire. Benché sempre Bastelli abbia fornito indicazioni precise per trovare la casa, è merito di Ellerre aver composto la tavola 2a che mostra con esattezza gli indizi utili a trovarla. Qualcuno intanto decide di dare una mano al protagonista per chiarificare la situazione e lo chiama per telefono dandogli un appuntamento al “pontile dei giardini”, perché, dice, “è una faccenda grossa”.
Il pontile dei giardini altro non è in realtà che una zona nascosta dell’ampio e suggestivo parco di Villa Sorra, vicino a Gaggio di Castelfranco Emilia (vi si accede da via Pieve). Ricco di statue, alberi e impreziosito dai ruderi di un castello, il parco ha un suo sito dove, nella pagina che linkiamo qui, nell’ultima fila in basso, al centro, potrete eventualmente cliccare sulla statua del fauno che si vede nel film e ammirarla in grande
 Questa statua oggi è stata spostata in un punto diverso del giardino rispetto a quello in cui stava al tempo del film e abbiamo dovuto sostituirla, pe la foto, con il caro Beatgiva, il quale si è prestato a replicare la posizione del fauno per riprendere quanto più possibile il fotogramma originario.
 Il luogo scelto da Avati è un bellissimo porticato che dà sul laghetto popolato di ninfee della villa. Fu Leonardo Scarpa, lo scenografo incaricato di cercare le location, a mostrare al regista alcune foto che riprendevano la villa nella quale già era stato per un altro film. Si osservarono il parco, il lago e si capì che potevano essere parte del luogo che stavano cercando.


3. LA CASA DI DON LUIGI COSTA
(Zender)
 C’è necessità d’indagare meglio, e per farlo Stefano e Alessandra (Anne Canovas) si spostano fino a ridosso d’una spiaggia, dove dovrebbe stare la villa di Don Costa. Il punto esatto non è stato facile da individuare per via dell’ingannevole insegna del Lanternino dancing, situato in realtà in altra zona e che lì aveva solo un richiamo. Ci sono ancora invece il Ristorante Urbano (dall’altra parte del canale) e il Ristorante Miramare (di fronte alla casa e di un certo prestigio, visto che quand’eravamo lì ci è entrato Dario Fo con Franca Rame). Siamo al termine di viale Giosuè Carducci, a Cesenatico, laddove la grande strada incrocia la via dei tennis per poi finire sul canale che la divide dal Lungomare di Ponente. Di fianco a Villino Beatrice (che è la casa del film, identica ad allora) sono affiancate altre tre o quattro abitazioni perlopiù in disfacimento, visibili soprattutto dal parcheggio che sta loro alle spalle.
Villini profondamente avatiani, che non si ha difficoltà ad immaginare avessero attratto l’occhio del regista. Niente di più sbagliato: la scelta fu quasi casuale e sicuramente opportunistica, come racconta ancora Scarpa. La troupe era a Cesenatico per girare le scene al cimitero (a sua volta scelto perché stava nella stessa zona della Colonia Varese) e, visto che si era lì, si andò fino al mare per riprendere anche l’arrivo del maggiolino. La villa scelta in origine era un’altra, ma da lì ci si guardò intorno e si vide questa abitazione che si affacciava proprio su viale Carducci; si chiese al proprietario se si sarebbe potuta girare lì qualche scena e, ottenuta la risposta affermativa, ecco trovata una nuova location seduta stante!


4. LA COLONIA MARINA DI SPINA
(risaputo)
Quando la storia comincia a svelare poco a poco il suo intreccio arriviamo al fatidico punto in cui Stefano raggiunge la “Colonia Marina di Spina”, un gigantesco caseggiato in cemento abbandonato e sprofondato in un rigoglioso parco. E’ la location più importante e suggestiva del film, che da tempo molti sanno essere a Milano Marittima. Siamo per la precisione alla Colonia Varese, in fondo a via Due Giugno (risalendo verso Nord); Leonardo Scarpa, lo scenografo, racconta che quando nei primi Anni Sessanta andava con gli amici al Camping Romagna (sito duecento metri prima o giù di lì) capitava spesso che qualcuno di loro si spingesse fin nel giardino della Colonia Varese e dormisse lì. Già allora la colonia era disabitata, visto che risultò agibile per pochi anni per poi assumere quasi subito quella forma di gigantesco cadavere di cemento. Fu progettata nel 1937 dall’architetto Mario Loreti per la Federazione dei Fasci della provincia di Varese e proprio nel 1960 se ne intraprese un progetto di ristrutturazione mai portato a termine. Scarpa aveva scattato foto a un discreto numero di colonie abbandonate: a Rimini, a Riccione, a Marina di Ravenna, a Cattolica (dove ne esisteva una molto particolare a forma di nave)...
Tuttavia, dal momento che nella Colonia Varese era comodo girarci e che il notevole impatto scenografico la faceva sicuramente preferire alle altre, si optò per quella. L’ampio parco che la circonda oggi è tutto recintato. Esiste però un punto in cui si può in qualche modo passare ed anzi capita persino di trovare intere famiglie che vi soggiornano all’interno per un picnic (non che il posto sia così invitante, a dire il vero...). La vera recinzione, quella impenetrabile o quasi e che protegge l’edificio in cui il pericolo di crollo è costante, la si incontra arrivando molto vicini al casermone in cemento. Vi abita dentro, incredibile a dirsi, un portoghese sui cinquant’anni, che l’ha scelta come propria dimora personale!

Le inquadrature (spesso da un punto sopraelevato) utilizzate da Avati nel film rendono efficacemente la forma insolita di una parte della costruzione, caratterizzata da una sorta di gabbia ricavata nel cemento. Dal basso tale gabbia è visibile solo in parte e colpisce molto meno. Bisogna arrivarci quasi sotto, per comprenderne la forza. A quel punto allora non sarà difficile, per chi ha visto il film, immaginarvi dentro una figura nera che si sposta tra i fori camminando lentamente... E’ indubbio che il luogo comunichi uno strano senso di desolazione che non fatichiamo a credere potesse essere sede dei famigerati “terreni K”.


5. IL MOTEL DEL BENZINAIO
(Zender, C. Bastelli)
C’è una cosa che colpisce, quando si scopre dove i film sono stati girati: luoghi che pare debbano essere molto vicini tra loro sono invece distanti chilometri e chilometri. E’ il caso del motel/stazione di servizio dell’Amoco in cui Stefano e Alessandra soggiornano nella seconda parte. Guardando il film sembra che tale stazione debba essere di fronte alla colonia, tant’è vero che lo stesso Stefano ad un certo punto sale sul tetto del motel per osservare col canocchiale del proprietario cosa lì vi accada. Lo si dava per scontato insomma: trovata la colonia, lì di fronte ci sarà il benzinaio o quel che ne rimane. Anche se quella torretta che si vede sullo sfondo... Infatti: la torretta è la Torre dell’Uccellino nei pressi di Poggio Renatico, vale a dire a oltre 150 km di distanza! Il distributore faceva parte di un consorzio agricolo situato a pochi metri dalla torre, all’incrocio tra via Poggio Renatico e via Padusa. Leonardo Scarpa spiega che la sceneggiatura prevedeva che il luogo di fronte alla colonia dovesse essere piuttosto isolato, mentre la via che vi passava davanti (viale Matteotti) era tutto fuorché isolata: una fila di case e alberghi in rapida sequenza.
Si provò anche ad attrezzare una di esse alla bisogna, ma ben presto si capì che quello che cercavano si sarebbe dovuto trovare altrove. Ci si diresse quindi verso Ferrara e Bologna, luoghi delle altre location scelte, e si optò per il consorzio agricolo di cui sopra, che finalmente dava la necessaria impressione di isolamento. Anche qui non è stato facile identificare subito il luogo esatto in quanto il consorzio non esiste più e in sua sostituzione si è scoperto esservi una villa privata (Villa Meri) il cui giardino è coperto da alte siepi che impediscono quasi di scorgerne le forme. In realtà, avvicinandosi, la forma si capisce essere rimasta grosso modo quella del “motel” (pur con le dovute ristrutturazioni e l’aggiunta di verande). Scomparse naturalmente le pompe di benzina, sostituito il cemento con l’erba... Ad ogni modo ancora molti, lì in zona, ricordano il consorzio e il distributore (“eh, ci ho fatto benzina per anni, lì...”).


6. IL CIMITERO
(C. Bastelli)
 Dove potrebbe esser seppellito Don Luigi Costa (ammesso che fosse davvero lui e ammesse cento altre cose che sarebbe inutile ora spiegare)? La risposta è il cimitero di Cesenatico, che incontrate sulla vostra sinistra se percorrete viale Mazzini in direzione di via Cavour. Oggi come allora, nulla è cambiato. L’entrata in mattoni rossicci con il grande arco centrale è la stessa. Cesare Bastelli, aiuto regista anche in questo film, ricorda ancora che lì una mattina Pupi Avati subì la defezione di una parte della troupe per via di un acquazzone che lui non intendeva arrestasse le riprese! Il nostro caro Emiliano, poi, passato di lì nel 2009, è andato a scattare le foto all'interno del cimitero e abbiamo aggiunto quindi al lavoro anche la sua tavola (6b), per il quale lo ringraziamo molto. Ovviamente nessun nome di defunto è riconoscibile, come ben si può immaginare.

7. LA NECROPOLI ETRUSCA DI SPINA
(Emiliano)
Prima di tornare alla colonia marina di Spina, Stefano e Alessandra passano per la necropoli etrusca di Spina, che nell'immaginario del film dovrebbe stare "a pochi metri dalla colonia" (parole di Stefano). In realtà ci siamo molto distanti, visto che la necropoli del film (che è davvero una necropoli etrusca) è a Marzabotto, poco a sud di Bologna e sotto la via Porrettana Sud. L'ha trovata di nuovo il nostro caro Emiliano, che è anche andato fin lì a fotografarne i punti esatti, come vedrete nella pregevole tavola relativa qui inserita. L'ultima location del film è anche una delle più affascinanti. Da qui si tornerà su luoghi già visti in precedenza, come appunto la colonia Varese, che diventerà assoluta protagonista delle ultime scene del film.


TUTTO MERITO DI CESARE, ANCORA UNA VOLTA...

Se al solito questo approfondimento si è potuto realizzare, il merito è in gran parte da attribuire a Cesare Bastelli (e alla sua memoria e disponibilità), l’aiuto regista “storico” di Avati. E questo nonostante Cesare non abbia fatto, per la verità, tutto il film. Ricorda infatti lui: “In quel periodo lavoravo anche a Bologna con la ditta Pelliccioni, che faceva riprese video. L'ing. Pelliccioni fornì gratis alla produzione di Avati tutta l'attrezzatura di scena elettronica del film (monitor, registratori, ecc.) a patto di lasciarmi libero qualche giorno in modo che potessi andare a lavorare per lui: a Rimini stava arrivando il Papa per il meeting e la rai regionale aveva proposto all'ingegnere di fare riprese e montaggio con una regia mobile che io sapevo adoperare. Fu così che per qualche giorno dovetti lasciare il set. Inoltre allora ero fidanzato con Laura, l' arredatrice del film, che avevo conosciuto sul set di "Dancing paradise", sempre di Pupi. Con lei però non andava bene ed io ero un po’ in crisi. Così, una mattina degli ultimi giorni di ripresa, con un pretesto lasciai il set spiegando in una lettera a Pupi quale fosse il problema. Per fortuna lui non si arrabbiò (tanto per dire qual era il clima di quei film fra di noi della troupe: Pupi ci conosceva bene e seguiva con affetto anche le nostre storie personali, che spesso nascevano sui suoi set e lui ne era anche un po’ compiaciuto...). Oggi naturalmente una cosa simile sembrerebbe poco professionale e impensabile, ma allora era così... forse perché eravamo tutti più giovani... e comunque parecchi sono stati i matrimoni "galeotto" Pupi... matrimoni che durano ancora oggi anche perché lui tende da sempre a chiamare le stesse persone come collaboratori, crea forti legami con la troupe e non solo professionali.”
Nota: Il ciak del film (con tanto di errore ad impreziosirlo) ci è stato gentilmente mostrato dal figlio di Nando Orlandi. "L'errore deve averlo fatto mio padre", ha aggiunto.

UN GRANDE RINGRAZIAMENTO ANCHE A LEONARDO SCARPA
Lo scenografo di Zeder si è dimostrato gentilissimo e disponibile a ricordare per noi (non senza un minimo di inevitabile fatica mnemonica) i giorni in cui si occupò di scegliere le location per il film. A lui la nostra stima (visti i risultati ottenuti) e i nostri sinceri ringraziamenti.

Foto e testi: Zender. Tavole: Zender (eccetto 2a, Ellerre) - Compagna d'avventura: Wupa Wump - Foto interno cimitero e necropoli: Emiliano

ARTICOLO INSERITO DAL BENEMERITO ZENDER

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