L'uomo, la bestia, Totò e Pirandello

26 Aprile 2008

"L'uomo, la bestia e la virtù" (1953) ha avuto una sorte piuttosto singolare. Si tratta, infatti, molto probabilmente, del film meno visto del principe della risata. La pellicola, infatti, fu ritirata dalle sale cinematografiche subito dopo la sua uscita su richiesta degli eredi di Pirandello, i quali rimasero scandalizzati di come l’opera del loro congiunto fosse stata completamente stravolta.
Per questo motivo il film sparì totalmente dalla circolazione per circa quarant’anni fino a quando, in occasione del Natale 1993, una volta superate le questioni riguardanti i diritti d’autore, la RAI lo trasmise in televisione per la gioia degli amanti di Totò e di tutti gli studiosi che per decenni avevano cercato, inutilmente, la pellicola. Purtroppo però il negativo originale a colori, girato con la tecnica Givancolor di provenienza belga, risultava ormai rovinato in maniera irrimediabile, tanto che ancora oggi ne circola una versione in bianco e nero.

A prescindere dalle polemiche scatenate dall’opera, va effettivamente detto che sebbene le storie siano piuttosto simili da un punto di vista narrativo (fatta eccezione per il finale più accomodante della versione cinematografica di cui parleremo tra breve), profondamente diverso è invece il tono con cui le vicende vengono raccontate.
L’iniezione di veleno dell’opera pirandelliana, che lo stesso scrittore agrigentino considerava “una delle più feroci satire che siano mai state scritte contro l’umanità ed i suoi valori astratti”, viene, infatti, profondamente annacquata dal regista Steno che, pur dando vita ad un lavoro più che dignitoso, spinge un eccessivamente sul pedale del farsesco e gioca un po’ troppo coi doppi sensi, diluendo così quasi del tutto il registro fortemente grottesco e satirico di cui era notevolmente intriso il testo originario. Sotto questo aspetto va detto che ancora oggi appare particolarmente maldestro l’ipocrita lieto fine che il produttore Carlo Ponti impose alla pellicola, snaturando in questo modo completamente il testo pirandelliano che si concludeva con la riuscita del piano del professore e col trionfo di una “virtù” del tutto apparente e non certo veritiera. Nel film invece il piano del professore riesce: ma non grazie alle proprietà della torta “afrodisiaca” quanto invece perché il marito è tornato a nutrire per la moglie sentimenti di vero amore.

 Insomma, dalla fustigazione dell’ipocrisia e del perbenismo borghese che erano i tratti caratteristici del testo pirandelliano, si passa ad un senso completamente opposto.
Anche dal punto di vista della costruzione dei personaggi va detto che le due opere risultano piuttosto diverse: ancora una volta la pellicola smorza notevolmente la carica forte, bestiale ed animalesca che a detta dello stesso Pirandello avrebbero dovuto avere i suoi personaggi sulla scena. Forse sotto questo punto di vista sarebbe stato meglio lasciare Totò a briglia sciolta, libero di costruire un personaggio più aggressivo e sgradevole e meno caricaturale e macchiettistico come avviene nella pellicola. In questo caso, invece, il principe della risata risulta piuttosto sobrio e misurato, non inventa nulla, non improvvisa, dando vita ad una interpretazione piuttosto formale e del tutto fedele al copione. Ineccepibile quindi da un punto di vista tecnico ma a nostro avviso poco incline a suscitare emozioni. Forse Totò pagò lo scotto di trovarsi al cospetto di una leggenda del cinema come Orson Welles e quindi preferì seguire con precisione le direttive della sceneggiatura e quelle di Steno. Non molto convincenti anche il personaggio del capitano, interpretato da Orson Welles, e quello della moglie (Viviane Romance): entrambi troppo piatti e stereotipati per suscitare vere emozioni nello spettatore. In definitiva ci troviamo dinanzi a personaggi che sono delle copie un po’ troppo esangui del testo teatrale pirandelliano.

 

Dopo questo film Totò girò un altro film tratto da Pirandello (più precisamente un episodio del film Questa è la vita, in cui interpretava il famoso personaggio di Chiarcaro protagonista della celeberrima novella pirandelliana dal titolo “La patente”). Da allora, visti i risultati non troppo lusinghieri delle due pellicole e soprattutto viste le disavventure del film da noi analizzato, l’attore napoletano non prese più parte a pellicole tratte da lavori dello scrittore agrigentino, forse anche per evitare ulteriori problemi con i suoi eredi.


ARTICOLO INSERITO DAL BENEMERITO COTOLA

 

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commenti (1)

RISULTATI: DI 1
    Apoffaldin

    15 Aprile 2024 19:33

    Grazie per il post. Avevo dimenticato il film con Toto e visto come ne parli non ci tengo neanche a guardarlo. Sono d'accordo con te che il testo pirandelliano sia molto bello e chi ne volesse vedere vedere un'ottima messa in scena per la televisione può guardare questa https://m.youtube.com/watch?v=8btjT6TD58U  con Cecchi, la Confalone e Monni nel ruolo della "Bestia".