Il regista Stefano Jacurti ci parla del suo "inferno Bianco"

25 Marzo 2008

Stefano, puoi darci qualche informazione sulla tua attività come scrittore e autore a livello teatrale?

Come attore a teatro ho cominciato nell’85. Scrivevo i miei testi ma un conto è scrivere un copione, un altro è scrivere nella narrativa. Nella narrativa ho cominciato nel 2003 e debbo dire che è stata una folgorazione perché prima il solo pensiero di scrivere un racconto mi annoiava e rifuggivo l’idea. E’ accaduto tutto grazie anche allo stimolo dato da altri autori.

Come regista inizi a dirigere alcuni cortometraggi. Ce ne puoi parlare?
I primi corti risalgono a quando ancora i dvd non c’erano. Tra questi "Boot hill", un corto western horror e "Dear Peggy", un corto ambientato durante la guerra civile americana, la guerra di secessione. Ma ho girato anche corti dove il western non c’entra nulla come “Delirium Carmen”, che narra il calvario di un uomo uscito dal carcere che cerca di trovare un lavoro.

Venendo ad Inferno Bianco: metà western, metà horror, ambientazione (sul Gran Sasso) glaciale, risaltata da un bianco e nero, a poco dire, anacronistico. Puoi dirci come nasce l’idea di affrontare un film in maniera così originale?

Ci sono diversi western nella neve come I Compari, Il grande Silenzio, Terra Lontana e tanti altri. Anche il west ha una sua geografia: si passa dai canyon e dai cactus dell’arizona del Texas e del New Mexico con deserti e rocce rosse, alle sconfinate praterie del Montana, del Wyoming, dell’Oregon dove gli abeti e le montagne innevate prendono il posto di quello che c’è più a sud ma il mondo è sempre quello. Il bianco e nero avrebbe valorizzato la massa di neve e avrebbe dato a Inferno Bianco quel tocco di antico in più. Se l’avessimo girato a colori avremmo rischiato di far arrivare allo spettatore quel senso di moderno. Il bianco della neve avrebbe reso ancor di più l’ angoscia e la desolazione. Nessuno nei lungometraggi indipendenti aveva mai fatto una cosa del genere. Questo aspetto è stato stimolante per tutto il gruppo. Siamo rimasti uniti per molto tempo lottando insieme sulla neve fino all’ultima sequenza. Un altro aspetto importante era che Inferno Bianco sarebbe stato un lungo di 82 minuti e quasi tutti girati in esterni. E’ stata durissima con il generale inverno ma una bellissima avventura, un’esperienza umana indimenticabile. Western e horror certo, ma il western doveva giocare in casa. Sono convinto che questo genere non può essere un ospite negli incontri di questo tipo.

Come è stato selezionato il cast? E’ composto da conoscenze o avete fatto dei provini?

Alcuni li conoscevo perché abbiamo girato altri corti insieme, altri li avevo visti in uno spettacolo e decisi che due di loro, Alessandro Grande ed Eleonora De Bono, facevano al caso mio per una serie di motivi legati ai personaggi e alla trama di Inferno Bianco.
 
Puoi descrivere come si è sviluppata la lavorazione del film (tempo di ripresa, mezzi utilizzati ecc.)?
Molti di noi avevano altri impegni, l’unico modo per girare era quello di andare avanti senza particolari scadenze e così nei weekend da gennaio ad aprile 2006, andavamo sul Gran Sasso. Ma il prodotto finito con dvd in mano è del 2007. L’importante era finire prima che la neve se ne andasse. I mezzi utilizzati sono una Sony 150 mdv, un generatore, mentre i costumi e le armi fanno parte della mia collezione privata e vengono (rimischiando le carte) da due western precendenti: Boot Hill e Goldencity, un western a teatro ambientanto in un saloon.

In questo contesto ti sei trovato nella duplice veste d’attore e di regista: quale preferisci?
Nasco come attore ma ho fatto alcun regie, sono esperienze che bisogna fare prima o poi. In questo contesto io ed Emiliano Ferrera ci siamo divisi i compiti anche perché lavorare a meno dieci e quasi tutto in esterni, non ci avrebbe permesso di fare altrimenti, dovevamo aiutarci.

I dialoghi estremi e sopra le righe sembrano rimandare al cinema di Tarantino: è un caso?

Un certo cinema sulle righe può far pensare anche a lui, anzi, ti ringrazio per questa citazione che non merito, ma i miei punti di riferimento sono altri: alcuni personaggi del Grande Silenzio ad esempio, poi è chiaro che ho preso la mia strada nella trama. Ho pensato che in Inferno Bianco doveva essere tutto un po’ sulle righe: ambientazione e recitazione, del resto nella storia di una spedizione che si perde tra le montagne dell’Oregon, stretta nella morsa del gelo e della fame, il su le righe ci poteva stare.

Il doppiaggio è stato eseguito in fase di post-produzione?
Il film non è doppiato, questo si sapeva già dall’inizio; abbiamo fatto tutto in presa diretta con il fedele microfono peloso, si sapeva che non c’erano abbastanza soldi. Se un giorno ci saranno mi ripropongo di farlo.

Ti aspettavi i riconoscimenti avuti al Tentacoli Film Festival?
No, e non perché non credessi in questo lavoro, altrimenti non sarei andato a girare in mezzo alle montagne.Non penso ai premi quando mi appresto a girare, sono uno che sta con i piedi per terra e anche se con entusiasmo continuerò a proporre quello faccio, questa caratteristica resterà sempre nel mio cammino. Comunque Inferno Bianco, pregi e difetti compresi, è ormai entrato nella storia dei lungometraggi indipendenti. Questo si può dire senz’altro e il premio al Tentacoli ha riempito di gioia tutti.

Recentemente La Casa Maledetta, diretto ad Alex Turner nel 2004, si accosta al tema western, anche se sprofonda, a differenza di 
Inferno Bianco, nell’horror puro. In passato c’erano stati altri (rari) esempi: uno è quello diretto dalla brava Kathryn Bigelow (Il Buio si Avvicina, 1987), l’altro quello diretto da Richard Stanley (Demoniaca, 1992) . Conosci questi film?
La Casa Maledetta sì ed ho visto anche Killing Box ambientati entrambi nella guerra civile americana che studio da vent’anni. Gli altri non li ho visti ma non mancherò!

L’idea del Wendigo è tratta dal mito indiano. Conosci l’omonimo film diretto da Larry Fessenden nel 2001?
Sì è mi è anche piaciuto perchè il Wendigo è una figura leggendaria che già conoscevo come il Big foot o lo Yety.

Oltre al western, quali sono le tue preferenze cinematografiche?
Il road movie nel west di oggi mi interessa e mi piace in fondo è il figlio del western, viene dalla stessa famiglia. Apro una parentesi: una delle grandi soddisfazione di Inferno Bianco è quella di non aver girato il figlio, ma proprio il padre, il western dell’ottocento, perché quello è il vero western come ambientazione. Penso sia uno degli aspetti fondamentali seppur con limiti, del nostro lavoro. Poi mi piace l’horror e ultimamente presto particolare attenzione agli horror dove si vede poco, piuttosto che a quelli dove si vede tutto. Alcuni vengono dall’oriente, pur non amando molto il cinema con gli occhi a mandorla che non fa propriamente parte del mio immaginario, debbo dire che sono stati girati ottimi film che hanno portato nuova linfa vitale a questo genere.

Ormai è un classico chiedere ai nostri ospiti un’opinione sul perché, attualmente, sia così difficile in Italia realizzare un buon film. Tu che idea hai in proposito?

Manca il coraggio e ci vuole un'altra testa. Come spettatore vedo storie piatte che raccontano un quotidiano improbabile, pranzetti condominiali con le Fabiole in crisi, rapporti che vorrebbero spiegarci chissà quali significati. Sono stanco di sentire che gli eroi di oggi sono i portinai o la vicina di casa, tra l’altro non possono competere con gli equivalenti personaggi del neorealismo perché quel cinema aveva qualcosa di epico anche nel quotidiano. Il non cinema italiano di oggi ha perduto completamente, tranne qualche nobile eccezione, la voglia di pensare in grande. A questo ha contribuito la scomparsa di una generazione di grandi attori, la televisione che mangia il cinema e l’assurda concezione di un cinema senza i generi. Risultato: superata Tarvisio finisce tutto e mi fanno ridere frasi tipo: “c’è un grande fermento”. Bisogna ricominciare tutto daccapo, hanno fatto terra bruciata e fuori dal nostro paesi altri registi continuano a dire: Ma dove siete finiti? Ormai da tempo l’Italia non è presente alla notte degli Oscar se non per il soundtrack o la scenografia, cose molto importanti sì, ma il resto dov’è? Comunque vorrei citare alcuni film italiani che secondo me meritano. “Il lupo”, “Il Carniere” (anni fa) “Arrivederci amore ciao”, e la saga “Milano Palermo” di Fragasso. Sono film coraggiosi a priori e l’Italia ha bisogno di coraggio nel cinema tradizionale.

Ci sono altri progetti cinematografici nel futuro di Stefano Jacurti?
Molte idee ed anche proposte ma sono un pragmatico, sto alla finestra per vedere che succede. Qualcosa mi dice che il tutto non sarà immediato. E’ normale dopo operazioni così impegnative perché vanno seguite e promosse nel tempo.

Possiamo concludere chiedendoti, per coloro che non hanno avuto possibilità di accedere alle proiezioni pubbliche del film, dove reperire
Inferno Bianco?
Abbiamo fatto diverse proiezioni: A Roma quattro volte, a L’Aquila al cinema Massimo, con Abruzzo film commission al festival Tentacoli ovviamente al cinema Jolly, più diverse manifestazioni all’aperto. Inferno Bianco è reperibile presso la videoteca Vigor del comune di Ferrara che lo acquistò tempo fa. Presto saremo a Forlì per un’altra proiezione. Le proiezioni continueranno on the road poi inizierà la ricerca di una distribuzione home video e chissà…
Nel frattempo chi volesse sostenere il nostro progetto può farlo con una piccola donazione. Chi volesse maggiori informazioni può scrivermi: stefanojacurti@yahoo.it e seguire i vari blog di Inferno Bianco in rete dove troverà tutti gli aggiornamenti.

Grazie a Stefano Jacurti, per la disponibilità dimostrata in questo contesto, da parte dei frequentatori del Davinotti…

Grazie mille a tutti voi del Davinotti per l’interessamento e ancora un grazie immenso a tutti quelli che lanciandosi sotto una bufera di neve, permisero la realizzazione di Inferno Bianco.
 
 
INTERVISTA INSERITA DAL BENEMERITO UNDYING IL 24/3/08 

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