Lunga vita alla signora! - Film (1987)

Una vecchia e ricca signora riunisce ogni anno per una fastosa cena un gruppo di notabili della zona. Preparativi e svolgimento dell'evento sono visti da un ragazzo che proviene da una scuola alberghiera. Bella metafora di Olmi sul degrado dei tempi e sulla mentalità corrotta della mderna società. Attraverso gli occhi di un'anima ancora candida, il regista mostra (celati ma non tanto sotto una lussuosa cornice) la piccolezza morale di certa cosidetta buona società a cui il protagonista non vuole assoggettarsi. Bellissima la parte finale.

Giovanissimi camerieri alla ricca cena di compleanno di un'anziana signora. Strano film: situazione felliniana, accenti pasoliniani e alla Avati, ma il tratto di Olmi è inconfondibile nel fermarsi sulla soglia dell'umana dignità dei suoi personaggi, osservandone pudicamente le piccole emozioni in lunghi silenzi. In particolare, torna il tema dell'ingresso di un adolescente nel mondo incomprensibile degli adulti. L'attitudine è esemplare, ma lo schematismo simbolico e l'esagerazione delle situazioni rende tutto artificioso e smorza la tensione.

Come in quasi tutti i film di Olmi i silenzi, gli sguardi contano di più delle parole; e in effetti, in questa produzione, ci sono poche parole. La trama è interessante, ben rappresentata la vecchia signora che sembra più una reliquia che un essere umano; come pure le "miserabilia" che stanno intorno alla grande festa. Sacrosanto il desiderio di sfuggire da questo ambiente ammuffito. Ottima fotografia e regia come sempre di alto livello.

Stilisticamente impeccabile, questo film riesce a fare critica senza mai essere esplicito, cosa che in pochi sono riusciti a fare. Il cast di giovani è perfetto: parlano poco e recitano benissimo. Le ambientazioni lussuose completano, assieme a una colonna sonora azzeccata, un ottimo film. Finale da incorniciare.

Come sarebbe stato Salò o le 120 giornate di Sodoma se l'avesse concepito un chierichetto di provincia? Dev'essere questa la domanda che si è posto Olmi prima di ideare questo film. In ogni caso, tra fellinismi e oscuri avvitamenti simbolici, il film è un perfetto esempio di cinema da festival: al di fuori dei trionfi veneziani, questa parabola sbrodolona è di fatto uno stracult incartapecorito come la vecchia mummia al centro della storia. Desolante l'idea di (vituperata) modernità di Olmi: una serie di televisori che trasmettono grafici a torta e scombinati vagiti elettronici.

Ragazzo fa il suo esordio come cameriere a una cena di gala. Una contrapposizione di stili che non funziona: Olmi è maestro nelle piccolezze linguistiche o nei dettagli della vita semplice, ma qui vi accosta una modernità (il pescione, le tv in sala, la maleducazione di un invitato) poco efficace se non gratuita. Lo svolgimento della cena è ben montato, ma ha il limite di sembrare solo descrittivo e neutro. Il percorso di formazione del protagonista termina con una nota favolistica che non dispiace.