Sir Thomas Moore non intende piegarsi ai voleri del Re Enrico VIII che gli chiede di intercedere presso il Papa per poter ottenere il divorzio e sposare cosi l'amata Anna Bolena. Pioggia di Oscar per la ricostruzione della vita di Moore,
poi santificato dalla Chiesa. Rimangono impresse nella mente le sfarzose scenografie, i ricchi costumi e le prove d'attore maiuscole di Scofield, di Welles e di un intenso Robert Shaw, che con questo film guadagnò la sua unica nomination all'Oscar (poi battuto dal Walter Matthau di Non per soldi... ma per denaro).
MEMORABILE: L'incontro tra Moore e il Cardinale Woolsey; i vari scontri tra il Re Enrico e Moore.
Il rigore morale e il caparbio silenzio di Thomas More a fronte delle bizze di Enrico VIII, in un film accademico, austero e cerebrale, realizzato con profusione di dettagli e professionalità ma complessivamente inferiore alla sua fama e coinvolgente solo a sprazzi: i dialoghi di Robert Bolt sono accurati e penetranti ma rivendicano troppo spesso la loro origine teatrale; Zinnemann, registicamente, non si espone, lasciando che il testo e i fatti parlino da soli, senza pervenire a nulla più di un'accurata ricostruzione storica. Misurati gli interpreti. Musiche di Georges Delerue.
Pioggia di premi per questa pièce teatrale trasposta sullo schermo. Fotografata magistralmente, con scenografie curate e costumi sontuosi, mostra con rigore e chiarezza come il potere, alla fine, trovi tutti i mezzi per perseguire i suoi scopi e "guadagnarsi" approvazioni, anche violando le leggi, inventandosi nuovi poteri e condannando innocenti (anche se siamo in Inghilterra e non in Spagna, come viene pure ribadito nei curati dialoghi del film). Interpretazioni eccellenti e regia professionale, ma rimane un lavoro freddo che non emoziona.
La vicenda di Thomas More "riletta" dal grande regista Fred Zinnemann; film dalla chiara impostazione teatrale che riserva una grande cura formale all'impianto tecnico (scene e costumi curatissimi). La sceneggiatura punta molte delle sue carte sui dialoghi, che sono senza dubbio incisivi e di spessore ma che raramente coinvolgono lo spettatore dal punto di vista emotivo, derivandone una pellicola dalla tendenza "soporifera" che forse ha perso un po' della carica innovativa che aveva al momento della sua realizzazione.
Impeccabile opera di Zinnemann, che gestisce una regìa "teatrale" che nulla mira a sconvolgere, perché a parlare sono gli accurati dialoghi, le scenografie, le località, i costumi e le splendide interpretazioni (un appunto al doppiaggio: la voce di Carlo Romano non pare adatta a Cromwell). Cameo della Redgrave, nel ruolo della Bolena. Il film forse non emoziona più di tanto, ma fila via che è un piacere: visto l'assunto, non era certo impresa facile.
La vicenda di Thomas More, che gli costò la vita e gli valse la canonizzazione come martire della Chiesa Cattolica, attraverso gli occhi dell'esperto Zinneman, che trasforma in pellicola una pièce teatrale di Bolt. Il regista mantiene l'impostazione teatrale e sfrutta al meglio i dialoghi, unica vera fonte di interesse in un'ambientazione troppo "soporifera". 6 Oscar è il magico e inaspettato bottino di questo film. Premiati film, regia, fotografia, sceneggiatura non originale, costumi e naturalmente lo splendido Scofield. Shaw troppo sopra le righe.
MEMORABILE: Al suo matrimonio, il re per un attimo crede di vedere More tra gli invitati. Lo chiama festante... ma non è lui.
Nell'impossibilità di ottenere dal Papa l'annullamento del matrimonio con Caterina d'Aragona, Enrico VIII intende proclamarsi capo della Chiesa d'Inghilterra, contrastato in questo dal cancelliere Thomas More... Film di chiara derivazione teatrale, evidente nella predominanza dei dialoghi nonostante lo sfarzo nella messa in scena. Cast di assoluto prestigio con Scofield che gioca sul sicuro nel ruolo già portato sul palcoscenico e Shaw gustosamente gigione come sovrano capriccioso. Lo spettacolo c'è ma, a meno di non essere fanatici della storia inglese, risulta accademico, a tratti pesante.
Fred Zinnemann HA DIRETTO ANCHE...
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DiscussionePiero68 • 15/05/13 12:17 Contratto a progetto - 241 interventi
Il neo principale(se di neo si può parlare) sta nel'esposizione della sceneggiatura ed in particolare nel fatto che la stessa fa sembrare il nodo centrale della discordia tra Enrico VIII e Moro la semlice non accettazione del divorzio del Re. In realtà la questione era molto più complessa di così e, tanto per cambiare, riguardava una disputa tra potere secolare (il Re) e potere spirituale (il Papa).
Enrico VIII infatti, incassato il rifiuto di Clemente VII nel concedergli il divorzio, pensò bene di autonominarsi capo supremo della Chiesa anglicana. E non solo. Pretese che tutto il clero firmasse una sorta di giuramento con il quale si impegnava a riconoscere come capo della Chiesa non più il Papa ma bensì lo stesso Sovrano. Fu questo il vero motivo di dissidio. Tommaso Moro si rifiutò di firmare questo giuramento, che di fatto gli faceva disconoscere il Papa come capo della Chiesa. Non è che si rifiutò di accettare il divorzio ed il nuovo matrimonio del Re come invece il film fa credere
CuriositàDaniela • 4/07/19 18:19 Gran Burattinaio - 5926 interventi
Film vincitore di sei Premi Oscar, tra cui quelli per il miglior film, il miglior regista e il migliore attore protagonista.
DiscussioneRaremirko • 24/07/19 23:07 Call center Davinotti - 3862 interventi
Un imperturbabile Scofield, bravo e premiato con Oscar, regge gran parte del film, che sente i suoi anni ma che risulta comunque sempre ottimo e coinvolgente.
Arduo era trasporre in film l'opera teatrale ma l'obiettivo può dirsi egregiamente compiuto.
Welles si vede poco ma si fa notare; notevoli regia e fotografia.