Cinque pezzi facili - Film (1970)

Cinque pezzi facili

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

In America è stato un successo e ha lanciato definitivamente Jack Nicholson tra le star della Nuova Hollywood. Da noi non poteva essere lo stesso: troppo distanti il mondo e la vita della provincia americana. Ad ogni modo, pur con i suoi difetti e la regia di Bob Rafelson che non si cura certo di mantenere un ritmo sostenuto, FIVE EASY PIECES resta un credibile e intenso ritratto psicologico di un uomo specchio di quella generazione “on the road” tanto per ben rappresentata un anno prima in EASY RIDER (dove Nicholson aveva una parte minore che comunque lasciò il segno). Robert/Nicholson vive alla giornata. Ha rinunciato a una...Leggi tutto carriera da pianista (tutti i musicisti in famiglia, tanto che il suo secondo nome è “Eroica”) per spostarsi in continuazione. Lo vediamo in apertura lavorare da operaio muovendo gigantesche tubature e tornare a casa dove lo aspetta la fidanzata (Karen Black), ragazza svampita e ingenua che lui malsopporta. Uscire la sera al bowling, comportarsi da perfetto “bad guy” consolandosi con le donnacce nel posto. È da quando sa di dover tornare a casa dei genitori per ritrovare il padre da poco vittima di due infarti che il film ingrana, assieme all'auto di Robert; ma la ricongiunzione con i fratelli non calma il suo temperamento irrequieto: Nicholson, lunatico fin da qui, già mostra i germi di quella recitazione sovereccitata (in questo caso ancora controllata) che lo porterà a trasformarsi in Jack Torrance, il ruolo di una vita. Una buona prova corale d'autore, figlia del ribellismo alla Kerouac e capace di disegnare con spietatezza ed estremo verismo un mondo molto caro all’America dei Settanta: spirito libero e nessun compromesso.

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Matalo! 28/08/08 13:10 - 1378 commenti

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Nicholson affronta una dimensione antonioniana in questo ritratto di "Eroica" Duprea, geniale pianista che ha scelto di vivere una vita da operaio con una fidanzata ignorante nonostante le origini altoborghesi e una cultura musicale di altissimo livello. Il ritorno a casa sarà portatore di disordini e conflitti il cui compenso è amarezza. Un po' invecchiato ma valido specie per la performance del protagonista allora non solo legato al ghigno feroce e allistrionismo ma capace di sfumature complesse.
MEMORABILE: I membri della famiglia hanno un soprannome beethoveniano; duprea salta su un pickup che reca un piano e suona rivelando le sue doti.

Galbo 2/09/08 05:49 - 12399 commenti

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Tra le opere migliori prodotte dal cinema americano negli anni ’70, Cinque pezzi facili è il frutto del felice incontro tra il bravo regista Bob Rafelson e l’attore protagonista Nicholson. Il film presenta una felice sceneggiatura che descrive come meglio non si potrebbe il carattere disilluso del protagonista e le aspettative frustrate che sono parallele alle delusioni generazionali dell’america di quegli anni. Nicholson regala al suo protagonista un’interpretazione intensa e ricca di sfumature.

Lele Emo 23/09/08 14:32 - 184 commenti

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Ottimo film sull'interiorità umana, anche significativo sulla relazione fra le scelte di vita e la vita vissuta nei suoi sviluppi. A tratti sa essere quasi commovente e delicatamente drammatico, riuscendo a trasformasi in un film dalla finezza europea. Grande Nicholson "prima maniera", che riveste il suo ruolo di moltissime tonalità e sfumature dal divertente allo struggente, cosa che non manterrà negli anni, preferendo forme d'espresione più istrioniche. Imperdibile la fase del viaggio verso casa, vero e proprio saggio si psicanalisi.

Saintgifts 2/08/09 16:00 - 4098 commenti

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Il film è buono e può essere letto in diverse chiavi. A me piace quella che fa apparire il protagonista (un Nicholson veramente in palla) un personaggio sfruttato e che chi gli sta attorno tenta sempre di sfruttare (quindi la sua apparenza scostante, maleducata e perfino brutale, è solo un'autodifesa a tutta l'oppressione che ha avuto fino dall'infanzia in famiglia). Non se ne riesce a liberare, l'unica che sembra amarlo veramente è la sua ragazza (Karen Black) ma anche lei minaccia fantomatici suicidi. Il finale è l'unica via di uscita.
MEMORABILE: Il viaggio in auto verso casa e le due ragazze raccolte per strada e la scena al ristorante, dove si vede un'America stupidamente "inquadrata".

Belfagor 13/04/10 20:00 - 2690 commenti

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A tratti appare verboso e invecchiato, ma se inquadrato nel contesto temporale si rivela uno sguardo tagliente e impietoso sul malessere che pervadeva la "generazione Kerouac". Lanciò, non a caso, la carriera di Nicholson, qui davvero in parte in una recitazione agitata e profonda. Per la sensibilità e la profondità psicologica mostrate, potrebbe sembrare un film europeo, il che è tutto dire. Alcuni momenti sono da antologia. P. S.: Grazie, Fuori Orario!
MEMORABILE: La scena al ristorante (che andrebbe vista in lingua originale), il finale.

Giacomovie 1/09/12 21:14 - 1398 commenti

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Per questo film sull’anticonformismo mi è difficile conformarmi alla maggioranza di critica e pubblico. Grande regia, d’accordo. Grandissimo Nicholson, d’accordissimo. Ma è un film che scorre dinamico senza un vero fulcro di riferimento, non privo di cadute ingenue e che porta avanti il suo disegno per simbolismi sottintesi. C’è un substrato di riferimenti culturali, sia sociali che artistici, ma si procede troppo per approssimazioni, e alla fine lascia un senso di vuoto, lo stesso nel quale il protagonista ha deciso di lasciarsi andare. **!

Cloack 77 29/09/12 19:01 - 547 commenti

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Jack Nicholson naturalmente presta il suo volto alla grande, tormentato di fronte al sesso, alla paternità, alla delusione, alla fuga; sereno solo in una intimità troppo breve con la persona sbagliata. Un film ricchissimo, forse non nella storia, ma nelle conseguenze di un disegno dell'anima complesso e sregolato con un finale troppo gelido e necessario, impossibile da dimenticare.

Liv 22/02/13 17:12 - 237 commenti

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Un film che ho visto più volte e che rivedrò ancora. Easy rider non mi aveva soddisfatto; mi affascina invece il personaggio che Jack Nicholson impersona qui, dove è protagonista: uno della mia generazione, ma di una mentalità diversa per tradizione. È il romantico figlio del benessere, intollerante, di ampie vedute (e ampie pretese), che ha una provenienza ma non una meta. L'importante non è arrivare a qualcosa ma viaggiare, anzi fuggire, cercare quello che non c'è.

Fauno 28/04/13 21:07 - 2212 commenti

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Col'68, la beat generation o la cultura hippy ha a che fare meno di zero; anzi, è un film senza epoca. A prescindere da classificazioni e inquadramenti vari, secondo me da salvare in pieno ci sono soltanto la parte con le due autostoppiste e l'incursione, con quel che ne segue, alla trattoria che fa le veci del cheese-burger, nonchè la personalità eccellente e il fascino senza limiti del personaggio di Catherine. Per il resto, mi dispiace proprio dirlo, ma è un film qualunquista, che non emerge e non lascia nessunissimo messaggio.. Trovo l'ultima scena imbattibile, come mediocrità.

Schramm 8/03/15 17:04 - 3495 commenti

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Impossibile contrastare la genealogia, tradire il ceto di provenienza, contraddire la progenitura: Nicholson ce la mette tutta, a incarnare il rovescio dell’abiurato ceppo borghese, ma il passato-boomerang non perdona. Non ci sono pezzi né interi, solo semicerchi solcati dal braccio di un giradischi difettoso: narrazione e stile non conoscono tuttotondo, quel che sembra un viaggio da A a B è un punto di non ritorno verso A né B. L’etoile polaire di un cielo altrimenti caliginoso è allora la strepitosa Karen Black; se il protagonista la snobba, Rafelson la tiene cara come bussola, e ne fa l’unico pezzo facile e felice dell’opera.

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Daniela 7/07/15 14:33 - 12671 commenti

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Transfuga dalla famiglia alto-borghese, Robert Dupea non riesce a mettere radici né a trovare il suo posto nel mondo. La malattia potrebbe fornire il pretesto per rientrare nei ranghi ma prevale il desiderio di lasciarsi nuovamente tutto alle spalle... Film generazionale come pochi altri, forse più importante che bello, specchio di uno spirito contestatore di rifiuto verso i valori consolidati, che trova in N. l'interprete ideale. Non gli è da meno Karen Black, indimenticabile nel ruolo di Rayette, cameriera appiccicosa ed innamorata, verso la quale non si può non provare pietà nel finale.

Alex1988 29/08/15 18:44 - 728 commenti

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Primo grande successo da protagonista per Jack Nicholson, dopo Easy rider. Si tratta di una sorta di road-movie al cui interno vi è una certa critica al sistema borghese, tipica di quel periodo (post-sessantotto) e al sistema in senso generale (si veda tutta la scena del passaggio alle autostoppiste). Nicholson appare più misurato del solito.

Il ferrini 17/12/15 22:48 - 2360 commenti

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Superba interpretazione di Nicholson (che gli valse la candidatura all'Oscar) e anche della compianta Karen Black, Golden Globe nonostante l'ingrato ruolo da oca ignorante che le attribuisce Rafelson. Un viaggio, per far visita al padre malato, si trasforma in un percorso interiore in cui il protagonista realizza di essere condannato a scappare continuamente, forse per egoismo, forse per salvaguardare dalla propria negatività le persone che ha intorno. Memorabile il piano sequenza sulle foto di famiglia mentre Jack suona il piano. Grande cinema.
MEMORABILE: Il passaggio alle autostoppiste.

Mickes2 24/04/20 10:01 - 1670 commenti

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Tra i manifesti della generazione del disagio, della follìa esistenziale e dell’anticonformismo che va indubbiamente contestualizzato e inquadrato nell’epoca in cui fu girato, a oggi rimane una pellicola in parte limitata ma pregnante, uno sguardo cinico e disilluso sull’America anni ’70 dove il protagonista urla, corre, si batte, viaggia... ma alla fine non conclude alcunché: una sfuggente, sconfitta e apatica anima sola senza mete raggiunte e senza mete future, incapace di prendere strade diverse da quelle agiate fornite dal nucleo famigliare.

Rocchiola 28/04/20 11:13 - 968 commenti

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Bobby, esponente di una ricca famiglia di musicisti, ha rinunciato alla carriera per vivere alla giornata come operaio petrolifero accanto a una svampita cameriera. La malattia del padre lo riporta a casa, ma l’insofferenza verso l’ipocrita ambiente borghese lo condurrà a un nuovo e più drastico distacco. Un classico del cinema esistenziale post-68 ravvivato dalla prova di Nicholson al suo primo ruolo da protagonista. Il tema dell'opera non è la contestazione ma l’insoddisfazione e forse per questo è invecchiata meglio di Easy rider e Fragole e sangue.
MEMORABILE: L’autostoppista che vuol andare in Alaska perché è più pulita; L’ordinazione del toast all’autogrill; La zuffa con l’infermiere Spicer.

Magi94 22/11/20 22:05 - 954 commenti

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Strambo film in purissimo stile New Hollywood, con quella meravigliosa fotografia sporca e accesa che ci porta in pochi secondi nel bel mezzo di una periferia americana. Grande fortuna di Nicholson, ormai maschera fatta di cinismo e pazzia, che riapparirà pari pari in Conoscenza carnale. Certo è un po' forzato con tutte quelle donne prese dalla smania di concedersi a Robert, ma la storia, pur non sconvolgente, sa lasciare una forte impressione del disagio giovanile degli anni 60, qui declinato in chiave cinica (nessun personaggio è veramente positivo). Estetica notevole.

Paulaster 18/09/23 18:05 - 4425 commenti

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Pianista carpentiere torna a casa per visitare il padre malato. La disillusione di un singolo come metafora del mondo americano in cambiamento. Sceneggiatura varia che spazia dalle raffinerie al mondo on the road, e che termina col piccolo mondo borghese rintanato in casa. Nicholson gigioneggia il minimo e risultano ben delineate le figure familiari di contorno. Profondi alcuni dialoghi e brutali nei confronti della malcapitata Black.
MEMORABILE: L'ordinazione alla tavola calda; Nicholson al piano; Abbandonata alla stazione di servizio.

Cerveza 17/10/23 16:28 - 371 commenti

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Cronaca di un uomo in fuga da una colta famiglia borghese, da una ragazza semplice della quale lui si vergogna, da un lavoro operaio percepito come non all’altezza. Cronaca di un egocentrico amorale che fugge da sé stesso, dalla noia precoce, delle responsabilità, che asseconda semplicemente gli istinti primari. Ogni mondo viene da lui ridicolizzato: quello borghese, quello hippie, quello familiare, quello operaio, quello provinciale. Cinque pezzi facili per gli altri, ma impossibili per lui: un passivo-aggressivo che non trova la propria collocazione. L’unica soluzione? Sparire.
MEMORABILE: La storia del buchetto nel mento; Rayette che canta Wynette; L'inquadratura finale.
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  • Curiosità Buiomega71 • 1/12/15 10:01
    Consigliere - 26011 interventi
    Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (Ciclo: "Ultimo spettacolo", venerdì 24 ottobre 1986) di Cinque pezzi facili:

  • Curiosità Fauno • 21/06/17 12:13
    Contratto a progetto - 2743 interventi
    Dalla collezione cartacea Fauno, il flano del film:

  • Homevideo Rocchiola • 28/04/20 11:20
    Call center Davinotti - 1255 interventi
    Il DVD Columbia-Sony rieditato più volte è sempre disponibile a prezzi medio-bassi. purtroppo è un prodotto datato che non ha mai subito particolari opere di restauro. Pertanto il video pur nel corretto formato panoramico 1.85 presenta numerose spuntinature e macchiette. In alcune sequenze c'è molta sporcizia di fondo, mentre in altri momenti il quadro è più pulito. Anche la definizione è migliorabile. Audio italiano un po' basso e chiuso ma nel complesso discreto. All'estero c'è l'eccellente bluray della Criterion, ma ovviamente senza audio italiano.