Il re ed io - Film (1956)

La storia dell'istitutrice che si reca nel regno del Siam per educare i figli del re, benchè tratta da una storia vera viene affronatata nel modo più irreale possibile. Se ne fa un musical dove all'Oriente è riservata una visione da cartolina, una sorta di grande fondale dipinto utile come sfondo alle coereografie pompose e fastose e alle canzoni (alcune comunque molto belle). Su tutto domina Yul Brinner, all'epoca al massimo del suo carisma, che trova qui il ruolo della vita affiancato dalla volenterosa D. Kerr.

Educatrice inglese alla corte del re del Siam per fare da maestra ai suoi innumerevoli figli. Il contrasto culturale prende la forma di una schermaglia musicale tra un capriccioso ma intelligente sovrano e una donnina peperina e puntigliosa. Insomma, una caricatura, che però ha qualche merito: anzitutto la felicità narrativa e visiva, poi la rimarchevole performance di Brynner, e in fin dei conti il tentativo (comprensibile negli anni 50) di interpretare le complessità etniche attraverso un clima oleografico da operetta. Si può vedere.

Come in Tutti insieme appassionatamente abbiamo divergenze sui metodi educativi tra una giovane governante e il papà di una simpatica nidiata di bimbi! Ma qui, il papà è nientemeno che il re del Siam, le divergenze con l'emancipata "nanny" sono culturali in senso più ampio, la storia d'amore tra i due ha un esito assai diverso, con un risvolto melodrammatico. La cornice del palazzo reale è sontuosa, Brynner è un baritono e un attore deliziosamente istrionico."Tutti insieme appassionatamente"... King Size!

Una meravigliosa e piacevole trasposizione cinematografica del musical teatrale che consacra il magnetico e bravissimo Yul Brynner (recita con la Lawrence), che vinse poi l'Oscar come migliore attore. Stupenda la Kerr anche se "adombrata" da un Brynner perfetto nel ruolo del re asiatico. Stupende le musiche di Rodgers con testi di Hammerstein II.

Tutto il glamour e la ricchezza visiva dei musical dei tempi andati, l'impareggiabile e garbata ironia delle vecchie commedie acchiappa-Oscar, l'irresistibile magnetismo degli zuccherosi numeri canori: nella pellicola di Lang sopravvive il meglio di un genere dal fascino imperituro. Deborah Kerr è deliziosa nei panni di una "Julie Andrews ante-litteram", mentre Yul Brinner, granitico quanto profondamente fragile, strappa risate con la stessa semplicità con cui ispira tenerezza. Il finale lascia qualche faccenda in sospeso (la sorte di Tuptim, l'epilogo di Anna), ma si può perdonare.