Kids return - Ritornare ragazzi - Film (1996)

Masaru e Shinj sono due teppistelli, che non combinano nulla di buono a scuola: provano col pugilato, uno però finisce nel sottobosco della yakuza, l'altro... Gioventù bruciata al sashimi, un Kitano minore, efficace nel quadro d'insieme - desolante - dei due sbandati e della società non molto più attraente, meno nei singoli passaggi. C'è qua e là una sensazione di incompiutezza, di tirato via, di non messo pienamente a fuoco. Ovvio però che lo standard applicato è severo, trattandosi di un grandissimo del cinema. Un'occhiata comunque la merita

Dopo l'incidente (?) che quasi gli costa la vita, Kitano gira un film meno nichilista dei precedenti in cui inserisce anche temi autobiografici (la boxe e il duo comico), oltre all'immancabile Yakuza. C'è una malinconia di fondo e uno sguardo pessimista nel raccontare il passaggio all'età adulta dei due ragazzi, ma stavolta stravolge le "sue" regole regalandoci un finale più aperto e ottimista. Diverse singole scene sono al livello delle sue opere migliori ma non il film nel suo insieme, che paga una sceneggiatura meno compatta e interessante del consueto.

Tutto narrato in flashback, è un film quasi insolito per Kitano, col suo finale conciliante all'insegna di un cauto ottimismo. Non mancano comunque i tipici lampi di umorismo demenziale e la fascinazione per la figura dello yakuza di quartiere, che porterà uno dei due protagonisti ad unirsi alla sua banda. Anche se la struttura è piuttosto lineare, siamo comunque davanti ad un film mille volte meno "spiegato" di un prodotto occidentale. Brutte, purtroppo, le musiche di Joe Isaishi.

La struttura base è simile a Il silenzio sul mare (qui c'è un pugile di talento, là un surfista), ma si diversifica come ramificazioni nella vicenda (oltre al pugile, c'è l'amico che lavora per il boss, un poveretto che fa lavoracci e due comici emergenti). Quindi, più carne umana al fuoco, che rivitalizza la pellicola, la quale mantiene un buon ritmo e permette allo spettatore di seguire la parabola di questi ragazzi che entrano nel mondo degli adulti, del lavoro, ognuno a modo suo. Una cosa è certa, almeno qui, chi parte sfavorito (cabarettista da 4 soldi), finisce come vincente. Piacevole.

Punto di vista intenerito, simpaticamente goffo e sensibile sull’amicizia tra due ragazzi, che da perfetti nullafacenti proveranno a cambiare vita intraprendendo due strade e due percorsi formativi diametralmente opposti. Un Kitano addolcito, dopo l’incidente in moto, torna in punta di piedi raccontando efficacemente l’approccio dei giovani con le responsabilità, le difficoltà e le soddisfazioni che caratterizzano l’esserci nel mondo affrontando quel sottile confine che divide l’adolescenza dall’età adulta. Di contro, meno pregnante di altre opere.

Un buon film in cui si vede la mano del regista e l'interesse per le sue tematiche che si svilupperanno poi appieno in alcune pellicole successive. Meritevole la sobrietà con cui Kitano racconta la storia di questi due ragazzi "perdenti" cui regala però un finale di speranza. Tutto bene? In teoria sì: però manca qualcosa per elevarlo al di sopra di un livello medio-buono. In definitiva un Kitano minore ma comunque abbastanza riuscito e non privo di spunti interessanti.