Uno dei tanti film interpretati dai cinque matti (qui già ridotti a quattro, ma gli italiani ormai han deciso di chiamarli così a prescindere) a inizio Settanta, quando la loro popolarità era all'apice. Sono prodotti quasi sempre intercambiabili, specie se come in questo caso non esiste un tema preciso ma solo una location che individua il luogo in cui si svolge l'azione. Abbiamo qui così i quattro amici che se ne partono in vacanza per la Spagna dove conosceranno usanze e soprattutto donne locali, animando l'abituale sequela di sketch a carattere comico surreale sostenuti da una regia che renda il tutto il più scorrevole possibile in modo da impedire allo spettatore di soffermarsi a ragionare...Leggi tutto sull'esilità dell'operazione. D'altra parte sono film senza alcuna pretesa diversa da quella di regalare un po' di buonumore a chi apprezza quest'umorismo oggi difficilmente proponibile ma simpatico, a tratti brillante. Per esemplificare il tenore delle battute basta osservare i nostri mentre si ritrovano seduti a un'ampia tavolata: uno di loro si fa riempire di vino un bicchiere che pare senza fondo, un altro si divora per errore le posate, un terzo si taglia e mangia il piatto come fosse una pizza e l'ultimo fa saltar via fantozzianamente l'aragosta appena tenta di bloccarla colla forchetta. Quel che colpisce (d'accordo, si fa per dire, le assurdità in questi film sono di casa) è come i nostri si ritrovino sempre alle prese con nuovi mestieri quando prima di assumere gente simile chiunque ci penserebbe trenta volte... Così li ritroveremo muratori, lustrascarpe, mozzi durante una lunga parentesi sullo yacht di un riccastro; sempre pronti a danneggiare qualsiasi cosa capiti loro a tiro e a farsi distrarre dalla prima ragazza che passa (e va detto che le bellezze spagnole non mancano proprio). Ogni azione è slegata dalla precedente e si utilizza qualsiasi oggetto presente sul set per piegarlo alle esigenze di un copione che inventa gag in sequenza senza preoccuparsi del fatto che siano scioccamente prevedibili o di bassa fattura. Nel gran numero qualcosa inevitabilmente va a segno; che poi possa bastare sta a chi guarda, giudicarlo. Parlando di Spagna non poteva poi mancare il finale all'arena, con i quattro a fuggire dal toro e a correre senza sosta prima di chiudere con le hostess in braccio sull'aereo di ritorno verso la Francia. Onesti nel loro ripetere infinite volte se stessi, gli Charlots offrono in Spagna un discreto campionario delle loro gag più tipiche.
Questa pellicola è migliore rispetto a 5 matti al Supermercato. Stavolta Les Charlots viaggiano dalla Francia sino in Spagna, combinano guai durante il viaggio, per non parlare della permanenza in terra straniera, pure nella Plaza de Toros. Regìa spigliatissima.
In realtà, la corrida è solo la parte finale. Prima, i nostri quattro (e non cinque) eroi riusciranno a devastare un pullman (con autista fuori fase, che vede struzzi per galline...), a mettere sottosopra un villaggio turistico (distribuiranno scarpe a caso ai clienti e uno si ritroverà una scarpa e una pinna da sub...), a sabotare un matrimonio (mangeranno piatti e posate...) e, vestiti da tre mozzi e un capitano, si impossesseranno di una barca, con tiro al piattello dove colpiranno di tutto (il piattello si salva col paracadute). Detto questo, la pellicola non è male, con le sue assurdità.
MEMORABILE: Uno dei matti, sovrappensiero, addetto ai timbri in metropolitana, timbra una cravatta, una barba e sfila la dentiera a uno con biglietto in bocca.
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CuriositàZender • 30/01/09 13:40 Capo scrivano - 47778 interventi
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Nel ruolo del direttore di un hotel è presente nel film Don Jaime de Mora y Aragón, fratello della regina del Belgio Fabiola e per questo noto anche con il soprannome di "Fabiolo"