Arrivano i superboys - Serie animata (1970)

Shingo Tamai è un liceale ribelle e teppista, entrato a far parte della squadra di calcio del suo liceo. Dopo un duro scontro con il proprio allenatore (l'ex portiere della nazionale nipponica Teppei Matsuki) si rivelerà essere un autentico fuoriclasse. Anime piuttosto datato (1970) ma molto coinvolgente e appassionante. Certo rivisto oggi la parte visiva perde parecchio, ma rimane un classico intramontabile. Da notare che spesso è presente una voce narrante fuori campo (Rino Bolognesi).

Prima di Holly e Benji c'era già stato un cartoon nipponico in cui i campi improvvisamente si inclinavano di 60 gradi durante i contropiedi, che duravano delle mezze ore: era l'epopea di Shingo Tamai e Kamioka Go, impegnati in mirabolanti quanto improbabili imprese pallonare. Di un certo qual divertimento, soprattutto nelle parti più demenziali: primo posto personale per l'allenamento di Ken Santos, l'arci-rivale brasiliano, che si irrobustiva le caviglie facendoci passare sopra una jeep guidata da Pelè in persona!

Differentemente da Holly & Benji con bimbi che giocano al calcio, "Arrivano i Superboys" mi piaceva perché raccontava di un bulletto di periferia, di nome Shingo Tamai, che credeva di saperla lunga. Certo, i compagni di squadra e l'allenatore erano importanti, come le partite, ma era il cambiamento di Shingo la vera novità: il bulletto che scopre la passione per il calcio, diventando piano piano un uomo. Alcune assurdità, tipo il portiere più veloce del mondo, ma un gran bell'anime davvero!

La controparte maschile e calcistica di Mimì. Immediatamente dopo la vittoria dell'Italia ai Mondiali dell'82 - citati nella sigla degli Eurokids - ecco approdare sui nostri teleschermi una serie animata dedicata al calcio firmata dai giapponesi, che com'è ovvio mettono in scena allenamenti micidiali e inumani stile Tana delle tigri e partite in cui la palla compie acrobazie impossibili ed abbondano falli, colpi proibiti, pugni e calci, sangue. Al solito, non manca l'esaltazione dello spirito di sacrificio e del riscatto morale. Grezzo e lutulento.

Abbondano le inverosimiglianze, tra palloni che rompono muri mentre sfidano le leggi della gravità e allenamenti a base di macchine che passano sopra le gambe degli atleti. Quello che lo rende un prodotto superiore è il grande realismo della messa in scena (scarpette anni '70, i cari vecchi campi in terra battuta) e un'animazione grezza ma efficace. Nota di merito per la splendida musica, dai vaghi echi morriconiani e western. Insegna la totale dedizione allo sport spinta sino al sacrificio. Da riscoprire.