Siamo nel pieno "boom" del cinema conventuale, ma in questo caso la pellicola è seria e dignitosa, come si vede da un cast di tutto rispetto. Ispirato ai fatti occorsi a Bajano nel 1577. Un po' lento, ma la scenografia e la fotografia sono di primissimo ordine. Ben diretto. Bel gineceo. Luc Merenda davvero in parte. C'è (ovviamente…) la Cumani Quasimodo.
In un monastero avvengono fatti indicibili ed un alto prelato è chiamato a risolvere detti misteri, in una cornice di generalizzati comportamenti indignitosi. Trama salda e grandi costumi, ben evidenziati da una ottima fotografia, con un grande Luc Merenda, dall'operato moralistico ma equilibrato. La versione integrale regala qualche sprazzo spinto, ma non è questo il movente di questa bella pellicola, indirizzata al racconto e non alle immagini scabrose. Vi è un intento un po' anticlericale, ma la religione viene salvaguardata, come è giusto che sia.
Non mi è piaciuto troppo. Troppo spinto l'intento anticlericale, troppo esagerato. Peccato perché il cast è superbo, l'ambientazione ottima. Dal buon Paolella mi sarei aspettato qualcosa di più; non brutto ma avessero calcato meno la mano su certi aspetti sarebbe uscito un film certamente più equilibrato.
Rievocazione di un fatto di cronaca claustrale del XVI secolo – lo scandalo del convento di Sant’Arcangelo a Bajano – varca i limiti del voyeurismo e dei sadomasochismi da bancarella imposti dal filone nunsploitation allora in voga per soffermarsi sulla cura di fotografia, costumi e suppellettili e sul rilevamento dell’aspetto psicologico e politico, massimo nell’invettiva anticlericale pronunciata dalla moritura Heywood. Impegnato a rispecchiare risolutezza moralizzatrice e dubbi del vicario Carafa, Merenda acquisisce un inedito carisma, anche in virtù del doppiaggio di Sergio Graziani.
MEMORABILE: L’autodifesa-invettiva della Heywood prima di bere la cicuta: «La legge della Chiesa è disumana e ha fatto diventare disumana anche me, come voi!!!».
Scalata al potere di una monaca di clausura tra intrighi, sesso e violenza, raccontata con toni melodrammatici. Notevole la figura di Luc Merenda con il volto scolpito e gli abiti neri. Scenografie spoglie e dal tono severo, ma il pezzo forte sono le torture, da manuale, prese direttamente dalle incisioni antiche. Film che (almeno a me) mostra l'inutilità (e pericolosità) di certe regole morali e della chiesa che, naturalmente, non avendo niente di soprannaturale deve salvaguardare i propri interessi politici.
MEMORABILE: La tortura chiamata: cavallo spagnolo, a cui è sottoposta Claudia Gravì.
Film di medio artigianato, ben curato nelle scenografie, con belle locations esterne, molto solari, che contrastano sapientemente con l'atmosfera plumbea del convento. Ma la storia non appassiona: polpettone storico con ingenue ambizioni di pamphlet anticlericale, condito di sesso e morbosità assai modeste. Le crisi di coscienza del vicario Carafa (Luc Merenda molto bello e discretamente bravo) annoiano presto, la contrastata storia d'amore delle novizia (Ornella Muti) potrebbe avere una certa freschezza, ma è risolta frettolosamente. Mediocre.
Piuttosto diffuso ai tempi, ha palesi intenti anticlericali al suo interno. Il film è molto curato da un punto di vista tecnico-scenografico, il che fa pensare subito a un budget tutt'altro che risicato per la sua lavorazione. La storia è sulla carta avvincente, ma il film ha purtroppo parecchie pecche dal punto di vista del ritmo, tanto blando da annientare la suspance (inesistente). Peccato perché Paolella dirige molto professionalmente e il cast è ottimo: molto bravo Luc Merenda e cast femminile formidabile. Non male!
Veleni, relazioni clandestine, lesbismo, torture, uccisioni all'arma bianca, processi inquisitori, lotte di potere e altro sono materia prima per questa pellicola cupa e pessimista, ben coreografata, formalmente accettabile e con validi motivi per essere vista. Niente di trascendentale, ma interessante in vari passaggi pur se imperfetta. L'ambientazione ha un suo fascino e alcuni personaggi sono azzeccati. A parte certa enfasi e qualche scelta discutibile di regia è un prodotto dignitoso.
Confezione e cast di pregio per questo discreto tonaca movie di Paolella che tuttavia fatica a risultare coinvolgente a causa di una lentezza di fondo tipica del genere. Certo, le torbide atmosfere monacali hanno sempre il loro fascino e alcune scene lasciano il segno (l'inquisizione su tutte), ma la sensazione di noia è sempre dietro l'angolo.
Cupissimo conventuale, abbastanza contenuto nelle scene erotiche (nonostante una notevole scena con accenno lesbo-fetish) e ambizioso nel tratteggio dei suoi personaggi, sostenuti da un cast di tutto rispetto (sorprendente performance di Merenda nei panni di una figura ambivalente). Il personaggio della Muti dà luogo a una sottotrama trascurabile, che - dalla fuga in poi - mal si integra col resto e appesantisce un ritmo già non vertiginoso, ma rimane comunque un prodotto curato e ben realizzato, coronato da 5 minuti finali di alto livello.
Avvincente dramma storico dalla forte impronta anticlericale. Ben recitato, non eccessivo nell'erotismo e nella violenza, ottimo nella caratterizzazione di tutti i personaggi: monache ambiziose e/o lussuriose (Heywood, Brochard, Gravy), novizie non troppo convinte (Muti, Català), nobili spregiudicati (Capponi, Del Prete), vescovi senza scrupoli (Gora), inquisitori onesti ma incapaci di ribellarsi fino in fondo (Merenda, sorprendentemente in parte). Confezione di lusso: fotografia di Ruzzolini, montaggio di Baragli, musiche (belle) di Piccioni.
MEMORABILE: Gli scambi verbali tra Merenda e Gora; Il finale.
Ispirato a un testo attribuito a Stendhal, che ricostruisce le torbide vicende cinquecentesche del convento di Sant'Arcangelo a Bajano, è un lavoro commerciale ma dignitoso che è riduttivo incasellare semplicisticamente nel genere erotico-conventuale. Paolella, nascosto dietro un anagrammatico pseudonimo, riesce a ricreare in modo credibile e misurato l'atmosfera cupa e malata che aleggia nel convento grazie anche all'ottima prova attoriale: da Anne Heywood, già rodata per la parte dal film di Visconti, a un Merenda insolitamente espressivo.
MEMORABILE: La lunga agonia della Heywood giustiziata con la cicuta.
Un buon film a sfondo conventuale, che permette di godersi la bellissima Ornella Muti appena 18enne e delle buone ambientazioni monastiche, con atmosfere e luoghi ricreati molto bene. C'è dell'erotismo, sebbene non troppo spinto, ma ad un certo punto il film vira sul lato ecclesiastico, con un finale difficile da dimenticare. Una scelta giusta quella del regista, come tante altre lungo il film. Ottimo il cast, sia nella sua parte femminile che maschile, con un buon Luc Merenda, una volta tanto fuori dal poliziesco. Buona anche la fotografia. Merita senz'altro un'occhiata.
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Occorre titolo e fotogramma.Ho anche foto interne.
DiscussioneDusso • 4/04/11 11:09 Archivista in seconda - 1831 interventi
Trivex ebbe a dire: Notevole e consigliato.
Anche la versione che andrà in onda in TV, seppur sicuramente privata di alcune scene, spero potrà essere sufficientemente esaustiva.
Si il film è bello e ottimamente realizzato,strano che all epoca non lo commentai qui sul davinotti
video letterbox
audio italiano
sottotitoli italiano per non udenti
extra intervista a Martine Brochard, da Manzoni a Stendhal, trailer, galleria foto.
durata 1:43:15