Piombo rovente - Film (1957)

Titolo italiano a capocchia. Non è un western ma un noir che vede Burt Lancaster, critico potentissimo e tirannico, avvalersi di un servizievole arrampicatore (Tony Curtis viscidissimo) per impedire alla sorella di sposarsi con un musicista. Sovraccarico e datatuccio nei contenuti, è però notevole per l'atmosfera, merito di una maestosa fotografia in bianco e nero degna di Quarto potere, e della colonna sonora jazz di Chico Hamilton (che compare nel film). Grande prova di Lancaster e Curtis.

Ottimo noir di Mackendirck in cui però il genere è solo un paravento per affrontare temi molto alti e complessi quali la crudeltà, l'avidità e la bramosia di potere dell'uomo, dei mass-media e di chi li controlla. Bella la colonna sonora di Bernstein e semplicemente divine le prove attoriali di Lancaster e di Curtis.

Alquanto datato per i suoi dialoghi densi e tortuosi, più che come atto d’accusa contro il potere diffamatorio del giornalismo funziona meglio valutandolo come un violento melodramma calato in una New York dalle tinte noir: ed è proprio questo l’aspetto che si estrinseca nell’ultima – nonché più incisiva - parte della pellicola. Eccellenti i due deprecabili protagonisti, ovvero il servile Curtis e l’onnipotente Lancaster che dall’alto della sua arroganza emette sentenze evangeliche («Va’ e non peccare più»). Clangori di Bernstein.

Ottimo, uno dei miei noir preferiti! E' un film sulla manipolazione della verità da parte dei media (qui, la stampa: ne uccide più la penna che la spada...), più un generale è un film sulla sopraffazione del più forte sui più deboli, sulle bassezze dell'arrivismo, sulle pericolose delizie dell'opportunismo. Amo il personaggio del "portaborse" Falco (Tony Curtis, in un insolito ruolo drammatico), e Lancaster è grandioso: tutto ego e niente cuore, tiranno capriccioso (e vagamente incestuoso), re di una giungla d'asfalto e di (caratteri a) piombo.

C'è tutta l'America di quegli anni (e di sempre), c'è il rovescio della medaglia, c'è la parte negativa (esiste anche quella positiva?). Tutto è usato per scopi propri (raggiungere il successo, il potere e la ricchezza con ogni mezzo). Stampa in primo piano, polizia e una marea di esseri per i quali la parola morale è solo, per l'appunto, una parola. Gli occhiali di Burt Lancaster, i cappotti, le pettinature... siamo ai vertici della società, peccato che sia marcia, come marcio è il sentimento che prova il giornalista Hunsecker per la sorella. Grande fotografia.

Film solido e compatto che, al di là delle indubbie qualità artistiche, può vantare anche due meriti: far capire come i media incensino o distruggano le persone (meriti o colpe diventano un elemento del tutto secondario) e come, per arrivare al successo, si passi sopra a tutto e sotto a tutto, sfruttando persone e sentimenti in una corsa senza freni verso l'abisso morale che si fermerà solo con uno schianto. Ottimo Curtis in un ruolo viscido, ma Lancaster, dio di se stesso, imbevuto di culto della personalità, ritiene se stesso faro di verità.

Grandissimo noir diretto da Mackendrick che si avvale delle straordinarie prove di Curtis e Lancaster, i quali danno vita a una delle coppie più negative e senza scrupoli della storia del cinema. La fotografia in bianco e nero che immortala una New York notturna, "sudaticcia" e mai sopita, con il supporto di un'eccezionale colonna sonora jazz, rispecchia perfettamente il "viscidume" che caratterizza i protagonisti della vicenda; poi, come ogni noir che si rispetti il ritmo è frenetico e i dialoghi quanto mai pungenti. Grande cinema!

Il glaciale Lancaster e il nervoso Curtis in due dei personaggi più moralmente abietti delle loro lunghe carriere: il primo è un potente giornalista morbosamente legato alla sorella, il secondo un tirapiedi disposto a tutto per di assaporare il gusto del successo. Interpretazioni straordinarie immerse in una New York splendidamente resa dal bianco e nero smaltato di James Wong Howe e sottolineate dalle musiche jazz di Elmer Bernstein per comporre un quadro spietato di un mondo corrotto fino al midollo, appena attenuato da un epilogo "riparatore" che lascia comunque l'amaro in bocca.

Fantastico noir di Mackendrick, capace di esondare i confini del genere, tracimando in perigliosi territori cinematografici dove la luciferina ossessione del controllo inconra la manipolazione, il plagio, l'ambizione sfrenata, l'arsura del potere per il potere. Ci si spalancano così le infernali porte di un film in cui la vampiresca sopraffazione dell'uomo sull'uomo raggiunge vette disturbanti che forse il solo Fassbinder saprà replicare, con citizen Lancaster e il mollemente untuoso Curtis impegnati in un impareggiabile duetto di ciniche anime perse.

Hollywood ha più volte cantato le lodi del giornalismo, ma qui mette alla berlina la sua capacità manipolatrice e l'uso strumentale che ne viene fatto per distruggere la reputazione di una persona. Splendidamente fotografato e sottolineato dalla colonna sonora jazz di Bernstein, un film oggettivamente datato ma ottimamente interpretato da Lancaster, alle prese con uno dei ruoli più odiosi della sua carriera e soprattutto da un Curtis ambiguo, viscido e servile. Del tutto fuori luogo il titolo italiano.

Sorta di Quarto potere in chiave noir ambientato tra le mille luci della Città nuda che tocca vette di cinismo inattese per l’epoca. Benché dominato dalla parola, è un film avvincente grazie alla regia insolitamente nervosa dello scozzese Mackendrick in trasferta americana. I dialoghi serrati, il jazz fumoso di Chico Hamilton e la splendida fotografia notturna fanno il resto. Curtis offre la sua prova migliore nei panni di un viscido opportunista che si muove irrequieto tra poliziotti brutali, donnine fatali e artisti in cerca di successo.