Assicuratore indaga sulla morte di una signora e ne avvicina la figlia iniziando una relazione. Nasce giallo ma vira presto verso il dramma sentimentale molto "d'epoca" questo film di Comencini che accusa spesso battute a vuoto. Leroy poco adatto alla parte, la Pitagora caruccia ma senza carisma, una storia che delude. Nonostante i grandi nomi (D'Amico e La Capria in sceneggiatura, Morricone alla musica, e ancora P. De Santis, Baragli...) una riuscita modesta.
Giallo piuttosto mediocre nonostante la regia di Comencini ed una sceneggiatura scritta tra gli altri da Suso Cecchi D’Amico e Raffaele La Capria. Il problema principale è proprio lì: fallisce sia dal punto di vista contenutistico, sia da quello del puro intrattenimento visto che, nonostante il genere, non riesce mai ad avvincere davvero. Buona la coppia d’attori principale Pitagora-Leroy.
Occluso dalla preminenza dell’idillio tra l’intraprendente Leroy e la bella e disinibita Pitagora, l’esile spunto giallo affiora di rado e con immane fatica, estinguendo nel dramma sentimentale ogni conato di suspence: d’altronde la sovrabbondanza di dialoghi, l’azione pressoché nulla e le musiche di Morricone – suadenti ma monocordi – rammentano l’origine letteraria del film, tratto appunto dal romanzo “La morale privata” di Antonio Leonviola. Confermativo per i due attori capifila, apprezzabile per le energiche caratterizzazioni di D’Orsi e Geri.
Giallo con evidenti risvolti sentimentali che alla fine emergono proponderanti rispetto all'esile enigma da risolvere. L'improvvisa morte di un'anziana signora, mette sulle tracce dei suoi figli un avvocato delle assicurazioni che intraprenderà una relazione con una dei tre. Molti dialoghi fini a stessi e suspence inesistente, nonostante la coppia Leroy-Pitagora non sia così male.
In sè sarebbe anche un bel film e per recitazione, intelaiatura e colonna sonora non ho niente da dire. Invece il personaggio clou, interpretato dalla Pitagora, ha sì uno sguardo espressivo e sofferente, ma se all'inizio mi ha coinvolto, alla fine mi ha dato l'aria della classica ragazzina viziata, melodrammatica, mai contenta, piena di misteri inutili e col mal di vivere... una che neanche con la botte piena e l'amante ubriaco ne avrebbe avuto abbastanza. In una parola una persona da stare alla larga...
MEMORABILE: La scena del tentato suicidio è fatta molto bene. La solita faccia tosta di Moresco.
Passo falso di Comencini che azzecca la Pitagora ma fallisce nella scelta di Leroy (doppiato con voce fin troppo giovanile), il quale non mi ha convinto per niente. Giallo d'introspezione con finale telefonatissimo e altre ingenuità, però non tutto da buttare visto che ci son momenti anche discreti. Nel complesso un'opportunità sprecata.
Non conosciutissimo film di Comencini, ha la struttura di un giallo, ma forse la storia interessa poco al regista che punta maggiormente sulla caratterizzazione dei personaggi e dimostra una buona capacità di ricostruzione ambientale. Bene interpretato, ha tuttavia il limite di una certa freddezza narrativa e la scarsa attitudine a coinvolgere lo spettatore.
Credo che la storia amorosa tra i due protagonisti e l'impegno messo nel mostrare (nei limiti imposti dall'epoca) le grazie della "figlia di buona famiglia", Paola Pitagora (invero piuttosto graziosa) abbia distratto e sottratto molto alla struttura gialla del film che, anche se non troppo originale come spunto (assicurazione che indaga per non pagare il grosso premio), poteva offrire molto di più. Forse Leroy, anche se si impegna molto, non è il protagonista adatto, o forse la regia poteva aiutarlo a farlo sembrare più milanese.
Quasi una Fiamma del peccato de noantri questo giallo psicologico di Comencini, non ai suoi vertici narrativi. La trama appare spesso slegata e i dialoghi cerebrali funzionano solo a tratti, a dispetto dei nomi coinvolti nella scrittura. Anche il resto della troupe stellare (Baragli, Morricone, De Santis) sembra sovente lavorare con la mano sinistra. Nonostante tutto il film si fa seguire e la nemesi finale, seppur prevedibile, funziona. Ottima prova di Leroy e della Pitagora. Vale la pena.
Incursione nel giallo da parte di Comencini che, per l'occasione, si serve di un gran cast tecnico, tra cui Morricone e Pasqualino De Santis. E' sì un giallo, ma le convenzioni del genere vengono quasi del tutto evitate puntando sulla psicologia dei protagonisti. Finale a sorpresa.
Le speranze perdute, il disagio psichico, la grettezza: Comencini immerge i suoi personaggi dilaniati in un'ambientazione sospesa tipica della provincia più chiusa in cui sembra che non accada mai nulla. I tocchi romantici e autunnali di Morricone aggiungono valore a tale scelta di stile. Bravi i due protagonisti, in particolare la Pitagora, essenziale e sommessa. Il classico film che migliora nel tempo.
Anziché svilupparsi come giallo, il film si concentra sulla nuova storia d'amore dei due protagonisti, fatti avvicinare l'un l'altro per motivi professionali di interesse: un cospicuo premio assicurativo che sembra sospetto vista l'enigmatica morte della benestante sottoscrittrice. Poi lo scatto felino di Philippe Leroy e il volto espressivo di Paola Pitagora fanno il resto. Il finale è un insieme di finali l'ultimo dei quali, inaspettato, lascia l'amaro in bocca.
Comincia come giallo, dal ritmo molto lento, per trasformarsi in un dramma sentimentale e concludersi poi in modo repentino e inaspettato. Opera assai irrisolta; non si comprende quali fossero le intenzioni originarie degli autori ma in ogni caso i risultati appaiono confusi. Ha un suo datato fascino l'ambientazione fine anni Sessanta: le auto, l'arredamento, gli oggetti, persino la stazione di Milano, l'impermeabile e il borsalino di Leroy, peraltro inadatto al ruolo di mediocre con qualche ambizione. Pitagora bella, fragile e letale.
Giallo mediocre, dal ritmo lento, ad arrivare in fondo si fatica; e dire che non ha neppure una durata eccessiva... La trama è alquanto banale e così un ottimo regista e un valido cast (Leroy, D'orsi, Tranquilli) non bastano. Da segnalare anche una discreta colonna sonora e le solite ambientazioni eleganti di un'Italia per tanti versi molto più bella di quella attuale.
Interessante opera oggi poco nota di Comencini, che parte come un giallo ma scolora poi nel dramma sentimentale con il passare dei minuti. Ed è un peccato, perché il film ci perde. Splendida e bravissima Paola Pitagora, che conferma le sue indubbie doti in un ruolo ambiguo, mentre Leroy era forse poco adatto alle sottigliezze interpretative richieste dalla sua parte. Ambientato tra Livorno e una Milano fredda e piovosa, merita la visione ma non convince fino in fondo.
Avvocato di una compagnia di assicurazioni indaga sulla morte sospetta di una cliente e intreccia una relazione con la scapestrata figlia minore. Anomalo film di Comencini che mescola giallo, noir e dramma sentimentale: un evidente omaggio all'hard-boiled (con trama intricata e un Leroy che bogarteggia con impermeabile e cappello) ma anche un aggiornamento degli stilemi del genere, con la Pitagora (capello a caschetto e seno tanto minuto quanto generosamente offerto) che incarna una insospettabile femme fatale beatnik e lolitesca.
MEMORABILE: Umberto D'Orsi prepara un cocktail Martini (agitando e non scuotendo, come di rigore); Le foto della Pitagora sulla rivista per uomini "Kent".
Tracciato abbastanza piatto fino al picco (la vasca insanguinata) che concede pepe a un elastico Leroy e alla felpata, forse troppo, Pitagora. Film anomalo per Comencini, che imbuca questo mezzo giallo fra due fuochi d'artificio come il Casanova e Lo scopone scientifico. Il braccio di ferro tra ereditieri e assicuratore comunque non annoia, semmai la love story pare un azzardo. Interessante il tema dell'eutanasia, trattato alla fine degli anni 60 senza ombra di dubbio: è omicidio.
MEMORABILE: L'avvocato Brà irrompe con la vestaglia macchiata di sangue nello studio del medico della mutua.
Basta pensare che di lì a qualche mese sarebbe uscito L'uccello dalle piume di cristallo per comprendere come questo giallo sentimentale fosse già all'epoca un prodotto di retroguardia. I grandi nomi coinvolti in sede di sceneggiatura (Suso Cecchi D’Amico e Raffaele La Capria) e nel comparto tecnico (fotografia di De Santis, montaggio di Baragli, musiche di Morricone) inducono a sperare in un bel film, ma Comencini non riesce a coinvolgere e paga anche pegno ad un Leroy inadatto alla parte (la Pitagora invece è perfetta). Il finale amaro funziona, ma arrivarci non è semplice.
L'intreccio giallo è appena un pretesto per raccontare i due personaggi protagonisti e il loro legame che sboccia all'improvviso. Il film però funziona soprattutto all'inizio e alla fine e cioè quando il mistero e le indagini hanno la meglio, con Comencini che dà un buon ritmo al tutto. Si perde invece nei monotoni duetti amorosi tra Leroy e la Pitagora (bravi comunque) dove la sceneggiatura non crea alcun interesse verso le loro vicende. Sottotono la colonna sonora di Morricone.
Si inizia con indagini tra presunti suicidi e assicurazioni immerse in un'atmosfera grigia, si passa poi a un dramma psicologico dai raffinati tocchi romantici e il film si fa più interessante, sia per l'efficace struttura (gran parte dei fatti si svolgono nell'arco di 24 ore) che per il carisma di Leroy e il fascino della Pitagora, a loro modo perfetti per i rispettivi ruoli. Si percepisce a tratti un'aria da Marnie all'italiana, tanto che quando verso la fine si torna a parlare di assicurazioni, quasi si preferirebbe sentir cambiare discorso. Finale brusco e deludente.
Un giallo che si scorda per lunghi tratti di fare il giallo; una storia d’amore che pare proprio non lo sia; un commento musicale da mènage française che contribuisce al piallaggio progressivo di un intreccio tendente all’afflosciamento. L’attesa di una sterzata che gli faccia prendere una direzione è snervante; alla fine arriva, ma è preceduta da un prolisso trastullo durante il quale ci ha tenuti svegli solo il fascino enigmatico di Cinzia, fanciulla dalle fragilità aspergeriane che sarebbe stato interessante approfondire; ma la sensazione di poca incisività è generalizzata.
MEMORABILE: L’odioso ronzio dell’Ericofon; La bocca di Paola Pitagora.
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Philippe Leroy l'attore francese che aveva iniziato in Francia con il film il buco, in questo film continua a lavorare nel cinema italiano ed il suo forte accento francese farà sì che sarà spesso doppiato. In questo film ha la voce di Giacomo Piperno.
CuriositàZender • 20/02/16 14:58 Capo scrivano - 47778 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film:
Visionato in una registrazione tratta da Rete 4 (non troppo antica, a giudicare dal logo del canale) che sospetto essere cut.
SPOILER: mi pare di ricordare che nel finale si vedesse Leroy morto in auto con la testa insanguinata, mentre nella copia da me appena vista non ce n'è traccia e il cadavere è sempre fuori campo.
Visionato in una registrazione tratta da Rete 4 (non troppo antica, a giudicare dal logo del canale) che sospetto essere cut.
SPOILER: mi pare di ricordare che nel finale si vedesse Leroy morto in auto con la testa insanguinata, mentre nella copia da me appena vista non ce n'è traccia e il cadavere è sempre fuori campo.
Curiosa questa tua segnalazione, Dandi. In teoria (ma solo in teoria) in televisione dovrebbe passare integrale in seconda serata o a notte fonda (visto il divieto ai soli 14 anni), a meno che tu non abbia registrato una messa in onda pomeridiana del film (ciò spiegherebbe, in parte, il taglio).
Curioso, poi, che in home video il film di Comencini, da noi, sopravviva solo su una vetusta vhs della Domovideo, e manchi un edizione , al momento, in dvd.
Non posso sapere l'orario della messa in onda da cui ha origine questo tv rip che circola in rete, ma sarà stata sicuramente notturna vista la presenza del bollino rosso.
Peraltro è invece presente il topless di Paola Pitagora.
Curiosa autocitazione di Morricone nella colonna sonora del film. Dopo una notte d'amore, Nanni (Philippe Leroy), fa ascoltare a Cinzia (Paola Pitagora), vari brani, per capire quale musica preferisca. Nanni pigia a caso i tasti della filodiffusione, e il secondo brano che capita è "Weariness" tratto dalla colonna sonora de "I Malamondo" composta (guarda caso...) nel 1964 da Ennio Morricone. Il motivo - riarrangiato più volte ne "I Malamondo" - divenne famoso con il titolo "Questi vent'anni miei", in un 45 giri interpretato, nello stesso anno, da Catherine Spaak.