Vecchio aristocratico, giovane imbroglione e prete poco ortodosso alla ricerca dei gioielli nascosti in una sedia. La storia è simpatica e, per il meccanismo da indagine, riesce a tenere incollati allo schermo. Al suo secondo film Brooks sceglie la solidità strutturale di un romanzo, divertendosi per l'intrigo, ma cedendo ben presto alla caricatura (esagerata nella figura del prete rispetto agli altri) e alle gag anche un po' caciarone, perdendo di vista le sottigliezze originaire della vicenda. Si vede comunque con piacere.
Tra le più misconosciute, è invece una delle mie favorite follie di Brooks. Lontano dal fuoco di fila di battute dei suoi capolavori (ma anche dalle stiratissime gag delle prove minori), Mel trova nel pluriadattato racconto di Il’f e Petrov, la mitigante “toska” (malinconia) russa per la sua esuberante comicità ebraica. Il film ne guadagna, diventando un notevole esempio di commedia avventurosa, in cui lo stesso esibizionismo gigionesco di De Luise è un passabile intermezzo del dinamico duo Moody-Langella, maschere attoriali di rara tridimensionalità.
MEMORABILE: L’incontro con il “grande attore-regista”; Moody che fa l’epilettico (scena ripetuta nell’indovinato finale); De Luise rifugiato sull’alta roccia.
Frankestein jr a parte, non ho mai amato particolarmente il cinema di Mel Brooks poiché non ne apprezzo più di tanto, parere assolutamente personale, la sua comicità. Qui però siamo dinanzi ad una pellicola diversa dalle altre: la storia, a differenza del solito, ha una sua forza narrativa (è tratta da un buon racconto) ed è pregna di una malinconia e di un'amarezza di fondo (vedi il finale) che il regista è bravissimo a rendere. Il grado di coinvolgimento è buono e non manca qualche bel momento (non sono tanti) comico e divertente.
Commedia che, pur rimanendo ben distante dai vertici brooksiani, è sicuramente migliore di molti altri film diretti dal regista. Quelle che funzionano meglio sono le situazione in cui prevale la malinconia e un sentimento dolce/amaro, anche se va detto che ci sono anche situazioni divertenti piuttosto riuscite. Non mancano, come spesso accade a Brooks, momenti esagerati che non convincono appieno (esempio la figura del prete interpretato da Dom DeLuise) che potevano essere gestiti meglio; comunque uno dei film più "misurati" del nostro.
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Il film è ispirato al romanzo "Le dodici sedie" degli scrittori russi di Il'ja Arnol'dovi
Il'f e Evgenij Petrovi
Petrov, dal quale l'anno precedente era stato tratto un altro film, Una su 13, interpretato da Vittorio Gassman e Sharon Tate
Come giustamente scrive Mauro, il romanzo "Le dodici serie" era già stato portato sullo schermo nel 1969, nel film diretto da Nicolas Gessner e Luciano Lucignani.
Va però precisato che le trasposizioni cinematografiche/televisive di questa commedia sono state assai numerose, specie in Russia.
Nei tardi anni '70 su qualche emittente privata vidi una di queste versioni fatte in URSS, ma non sono riuscito ad identificare quale (consultando Imdb pensavo a quella diretta da Leonid Gaidai, il nome del regista mi ricordava qualcosa, ma la lunghezza di 159' mi sembra eccessiva...).
Anche il nostro Mazzacurati ne girò una sua versione: La sedia della felicità.