Nel vasto panorama di horror gotici che l'Italia partorì negli Anni Sessanta sulla scia dei successi inglesi della casa produttrice Hammer, DANZA MACABRA ricopre, a detta di molti critici, un posto di preminenza per la raffinatezza e la cura registica insolita che gli dedicò Antonio Margheriti (il quale subentrò a Sergio Corbucci dopo appena mezza giornata di riprese). Questi, sotto lo pseudonimo di Anthony Dawson, crea in effetti una buona atmosfera, grazie anche all'ottimo e contrastato bianco e nero di Riccardo Pallottini, ma non sa staccarsi da quelle regole del genere che hanno appesantito, rendendoli al giorno d'oggi quasi imbevibili, troppi horror dell'epoca. Margheriti quindi esagera con...Leggi tutto i piani sequenza, le estenuanti e noiosissime camminate per i corridoi della villa (laziale, ma anglicizzata da una messa in scena particolarmente sontuosa), le melodrammatiche espressioni della dark lady per eccellenza Barbara Steele, le galanterie esasperate del protagonista Alan Foster (Georges Rivière) conducendo il tutto con un ritmo davvero troppo fiacco, non sufficientemente giustificabile col tentativo di creare un clima angoscioso e morboso. Morbosità comunque respirabile per via dei numerosi amplessi, anche saffici (tra la Steele e Margrete Robsham) che portarono al film più di un problema in sede di censura. Silvano Tranquilli, nei panni di Edgar Allan Poe, è perfetto; peccato che la sua parte sia solo secondaria (e pretestuosa: il film non è tratto da un racconto di Poe come persino i titoli di vorrebbero farci credere). Un buon esercizio di stile ma clamorosamente datato.
Discreto gotico italiano per l'epoca piuttosto spinto. Parte benissimo ma poi si perde un po' per strada. Margheriti comunque dimostra di saperci fare, costruendo una buona atmosfera. Ottima la Steele, bravo Silvano Tranquilli e discreti anche gli altri attori. Ogni tanto comunque la noia si fa sentire. Discreto il finale.
Senz'altro un film di massiccia portata ed importanza in quanto espressione pura dell'horror gotico; particolarmente attinente alle atmosfere, ai concetti e ai "demoni mentali" dello stesso Poe. Attorialmente spicca su tutti una grande Barbara Steele che sembra concepita per il suo ruolo anche e soprattutto fisionomicamente. Un Silvano Tranquilli onesto nella sua parte, ben interpretata. Tuttavia l'opulenza del gotico legata al bianco e nero e alla discreta somma d'anni della pellicola rende questo film talvolta noioso.
Piccolo gioiello gotico margheritiano, avvolto in un'elegante atmosfera lugubre e polverosa e piuttosto spinto nei suoi richiami all'erotismo (una donna in topless) e al lesbismo. Film fondamentale per la creazione di uno scenario claustrofobico e senza scampo in cui si materializzano spettri e antichi delitti, poi ampiamente riciclati in Shining (soprattutto il finale "fagocitante"). Molto bravi la dark-lady Steele e Tranquilli nei panni del visionario Poe.
Spettatori, pazientemente, protesi a seguire le conseguenze di una scommessa "dissennata": Alain Foster (Georges Rivière) è uno scettico giornalista e non teme, in un confronto diretto con Allan Poe, d'accettare un'insolita (mica poi tanto, dato il genere) proposta: trascorrere la notte del 2 Novembre nel castello abbandonato di Lord Blackwood. Una trama stringata, ma che si risolve nella pregevole "messa a fuoco" di un regista (Margheriti) particolarmente ispirato. Ottimo il cast, in grado di attanagliare alla poltrona lo spettatore. Glaciale.
Caposaldo del genere gotico italiano, anche se Margheriti farà molto meglio in seguito con Contronatura. Restano comunque l'ottima Barbara Steele (anche se l'altra protagonista femminile non è da meno), Tranquilli irriconoscibile, il bravissimo doppiatore Dominici che si dimostra anche ottimo attore. Ottima l'atmosfera, l'ambientazione lugubre e claustrofobica del castello. Un gotico da vedere, senza dubbio.
Considerato il capolavoro di Margheriti e uno dei migliori horror del gotico italiano. La notte trascorsa nell’antica dimora di Lord Blackwood è in effetti di quelle che non si dimenticano, tra quadri angoscianti, armature, passaggi segreti, cripte ed un gran viavai di spettri e vampiri. Visivamente e stilisticamente il film è ineccepibile e il finale è eccellente. Eppure il ritmo volutamente lento appare a tratti difficile da sostenere e non riesce a trasmettere paura. Piuttosto audace la descrizione del rapporto saffico di Barbara Steele.
Bel gotico italiano caratterizzato da una grande eleganza formale, dalla notevole regia di Margheriti (ad una delle sue migliori opere) e soprattutto da una sontuosa fotografia firmata da Pallottini. Anche la sceneggiatura, che crea una vera tensione, è particolarmente riuscita compreso il bel finale. Film di genere come non se ne fanno più. Chi ama queste pellicole non se lo lasci scappare. Verrà rifatto, con esiti inferiori, sette anni dopo, dallo stesso regista.
Visionato (per ora) solo in versione cut (senza nudi, per intenderci). Atmosfera classica, antica, gotica. Il vecchio traspare, avvertibilmente polveroso ed umido, con le anime che si fanno fantasmi e tentano (con successo) di spaventarci (almeno un po'). Bella storia, belle donne, bella casa e personaggi mitici, che girano nelle sale ammorbate dagli spiriti inquieti. È un film lento, ma non annoia, perché la minaccia ed il fascino del proibito sono dietro l'angolo. Ma il parziale (e splendido) nudo di donna, visto in separata sede, nel 1964 finì nel rogo censorio.
Gran bel gotico di Antonio Margheriti, che funziona sin dalle primissime inquadrature, creando un'atmosfera ideale per il tipo di storia. Ottimo il cast ed intelligenti le scelte di regìa che non fanno mai crollare la sospensione dell'incredulità, necessaria anche per bersi il fatto che il film sia ambientato in Inghilterra e non a Roma, dove venne girato. C'è pure l'atletico Giovanni Cianfriglia, celato da uno pseudonimo anglofono come quasi tutti gli italiani del cast.
Uno degli esempi più eleganti e suggestivi del gotico italiano, per merito della bella fotografia e di un paio di sensuali fantasmi femminili (la bionda e gelida Margaret Robsham e la mora e stregonesca Barbara Steele), legati da un legame morboso. Purtroppo il film è penalizzato da una sceneggiatura un po' fiacca e da un protagonista (Georges Riviere, somigliante ad Ugo Pagliai) manierato, mentre è convincente Stefano Tranquilli nel ruolo di Poe, anche se relegato solo alla "cornice" che introduce e conclude la storia.
Benché il film sia corto, non gli avrebbero nuociuto dieci minuti in meno. Nonostante un ottimo inizio (c'è il grande Umberto Raho), una buona ambientazione ed ineccepibili regìa e fotografia, troppo spesso la parte centrale (nonostante la buona caratterizzazione dei personaggi), è fiacca di fatti e di tensione, sollevandosi poi nel finale. Per me **, ma segnalo il **½ di Morandini e il *** di Farinotti.
Atmosfere nere, nerissime per questo film che non conosce la luce del giorno e dove il regista cerca una via personale al cinema di Corman, attraverso elementi erotici, anche saffici, davvero scandalosi per l'epoca. Questa danza macabra è l'antefatto di una serie di ammazzamenti passionali in un castello (ereditato da un precedente film di Totò!) in cui chi entra non ne esce vivo. Un po' ingolfato a tratti, ma evoluto per l'epoca.
Il tempo non è stato troppo clemente con la sceneggiatura di Grimaldi e Corbucci: i dialoghi sono enfatici e pedanti, e alcune entrate in scena legnose (l'improbabile amore di Elizabeth per Alan; il ruolo del dottor Carmus). Resta intatta la perizia tecnica di Margheriti, i cui fluttuanti piano sequenza per i corridoi chiusi del castello ingabbiano il protagonista in un presente raggelante e ossessivo. Il senso di paresi temporale che annulla ogni altrove è ben restituito e forse troppo insistito; la spettrale avanzata dei cadaveri, un momento di grande effetto. Irrinunciabile Barbara Steele.
Bell'esempio di cinema gotico italiano, che insieme a Operazione paura di Mario Bava reputo uno dei migliori film del genere. Barbara Steele è l'attrice per antonomasia per queste storie. Ottimi il bianco e nero e le atmosfere, che danno vera e propria suspence. Forse il troppo sentimentalismo ha nuociuto.
Ovvio: non fa paura, ma le ambientazioni e il clima gotico d'altri tempi hanno una accuratezza raffinata ed un fascino vincente che permette di mantenere vivo l'interesse anche quando ormai, fatte le premesse (vera sostanza di tutto il film) l'avventura nel castello si perde in un gioco che finisce subito; ma le atmosfere sono degne degli horror classici di Corman (legati ai racconti di Poe, qui tra l'altro presente nel simpatico ruolo di se stesso). Probabilmente se fossi stato uno spettatore nel 64 ne sarei rimasto impressionato. Fascinosa Barbara Steele.
Uno tra i migliori gotici italiani con Barbara Steele dei primi anni 60, con un'atmosfera notturna e macabra notevole. Storia di fantasmi in un castello inglese in una intera notte, tra amore e morte. Un delirio dove il protagonista incontrerà personaggi come il dottor Carmus (che darà un ottima e affascinante spiegazione su come al momento della morte si può diventare fantasmi) e rivivrà avvenimenti tragici ormai passati, ma che mantengono il loro orrore come nell'inconscio.
MEMORABILE: Una lastra di marmo che chiude un sepolcro può darci la certezza della tomba, ma non dell'oltretomba.
Buon horror con un plot semplice ed essenziale ma con una sceneggiatura che, nonostante qualche momento un po' fiacco, regge bene ed inchioda lo spettatore alla sedia fino alla fine. Poco credibile e irriconoscibile Tranquilli nei panni di Edgar Allan Poe, bene Riviere e ottima, al solito, la "scream queen" per eccellenza del gotico tricolore Barbara Steele (ma anche la splendida Margaret Robsham non sfigura). Finale in crescendo tra visioni del passato e spettri assetati di sangue. Da vedere.
MEMORABILE: Foster accetta la scommessa di Lord Blackwood ma per 10 sterline anzichè 100...
Vera compenetrazione tra l'universo dei vivi e quello dei trapassati: un amplesso fatale, sposalizio tra la poesia dell'amore e la poesia della morte! I corridoi del castello sembrano tunnel infiniti, annebbiati dalla polvere di scheletri friabili, offuscati da ragnatele, ma i fantasmi non sono mai apparsi così carnali, sanguigni, ancora vibranti di passione, di odio, di desiderio... un'ultima fiammata di vita, prima che l'alba chiuda la danza macabra.
Peccato per i dialoghi "impostati", questo vecchio gotico italiano ha un look folgorante e una malinconia particolare, morbosa e crudele.
MEMORABILE: L'ultima apparizione dei morti nel sotterraneo; l'addio tra Riviere e la Steele.
Tra i pochi esemplari di gotico italiano, (insieme a Bava e Freda) a conservar un suo cinematografico perché. Incipit d'antologia con la scommessa in taverna tra Poe, il giornalista e Blackwood che richiama il rendez vous in villa nel prologo di La moglie di Frankenstein. Dopo la fase di secca nella descrizione della magione poi, il morboso turbamento risale non tanto per l'un po' rifritto idillio saffico Robsahm-Steele, quanto per la trovata di affidar a Carmus Dominici il ruolo di Caronte tra i pruriti dei vivi e l'inferno sensuale dei morti. Cereo Rivière.
MEMORABILE: Dominici, candela in mano, che apre le porte del "passato"; La Robsahm che s'avventa su Barbara Steele; Il vero nome di Lord Blackwood: Blackblood.
Il gotico più ambizioso di Margheriti, da alcuni ritenuto il suo capolavoro, oggi appare molto meno pauroso e morboso di quanto poteva sembrare all'epoca e rimane spesso impantanato nelle secche di un ritmo troppo lento; ma può contare su un soggetto che, specialmente nella seconda parte, colpisce con tutta la sua forza. La splendida fotografia di Pallottini contribuisce a creare la giusta atmosfera, il mestiere registico non si discute e gli attori sono tutti in parte; quello meno a suo agio forse è proprio Riviere.
MEMORABILE: L'incipit alla taverna; Le visioni del passato; Il finale.
Anthony Dawson (Antonio Margheriti) HA DIRETTO ANCHE...
Uno dei migliori gotici italiani, ricco di atmosfera e di tutti quegli elementi caratteristici del genere. Gli interpreti sono bravissimi e contribuiscono non poco alla perfetta riuscita della pellicola. Ammantato in un bianco e nero ovattato che non riesce a sminuire l'impatto visivo della sua forza e con una fotografia altamente suggestiva che ben ne evidenzia il fascino. Atemporale.
Abbastanza buono, tanto che mi son reso conto di averne già visto la riedizione solo all'ultimissima scena. La storia tiene botta, ma è la componente femminile a straripare come rendimento e non è un caso se una decade dopo, per non esser da meno, si sia preso un mostro sacro come la Mercier. Il limite è che non aggiunge nulla alle cognizione di base di un certo occultismo, in particolare di quello che comprende la concezione del sangue come fonte generatrice di vita...
Ottimo gotico del grande Margheriti (uno dei suoi migliori film). Un film davvero ben realizzato, con un ritmo lento questo sì, ma una tensione ugualmente apprezzabile per via dell'atmosfera tenebrosa e a tratti lugubre che si respira vedendo la pellicola. La sceneggiatura è perfetta anche se non elaboratissima e la regia di Margheriti come sempre è magistrale, così come ottima la fotografia. Bene il cast: Tranquilli se la cava, bravi la fascinosa Barbara Steele e Riviere, bellissima la Robsham. Da vedere.
Davvero un buon film, forse il migliore di Antonio Margheriti. Un horror gotico classico ricco di suspense, di grande intensità e non privo di una buona colonna sonora (scritta da Ortolani). Cast all'altezza (la Steele è sopra le righe). Efficaci la fotografia e le ambientazioni. Da vedere assolutamente.
Margheriti dà vita alla morte in questo bel gotico nel quale i pregi sono tutti da ricondurre alla scenografia, all'utilizzo della luce, del suono e dei movimenti di macchina. Il film infatti, come ogni gotico che si rispetti, si basa prevalentemente sull'atmosfera: per quanto riguarda gli interpreti la recitazione passa in secondo piano a favore dei volti, che devono comunicare grazie alla loro fisionomia (e in questo Barbara Steele è il meglio che si possa avere nel genere). Si sente, purtroppo, il peso di una sceneggiatura "ingombrante".
Margheriti, col suo solito pseudonimo (Dawson), ispirandosi a un racconto di Poe riesce a creare un gotico di buona fattura e dalle belle atmosfere. Bene il cast dominato dall'algida Steele e bravo Tranquilli nei panni dello scrittore. Musiche adeguate e una buona fotografia completano il quadro. Migliore rispetto al remake dello stesso regista di qualche anno dopo.
È un gotico puro dove amore e morte si combinano e si confondono continuamente in bilico tra presente e passato. Margheriti compie continui salti tra macabro, amore saffico e desiderio come fosse un valzer che si ripete ciclicamente in un vortice nicciano di eterna follia. Si avvale di un bianco e nero sontuoso e raffinato e di un sapiente uso delle luci. È, inoltre, doppiato magnificamente dalle migliori voci italiane. Un piccolo capolavoro che mantiene inalterato il suo fascino.
MEMORABILE: Il rantolo del cadavere nella bara; “Non si muore completamente quando non si è preparati a morire”.
Bellissimo horror gotico italiano girato da Margheriti che si avvale di un'ottima fotografia e di una sceneggiatura semplice ma allo stesso tempo efficace. All'interno della casa stregata si respira sin da subito un'aria insalubre impregnata di morte che fa raggelare il sangue. La vita e la morte si sfiorano continuamente in un abbraccio erotico che sfocia nella passione senza fine. Affascinante.
Impietoso commentarlo ai giorni nostri. La storia inizia bene con la più classica delle situazioni gotiche: un uomo deve passare una notte in un castello infestato. Arrivati al castello siamo accolti da ormai primitivi trucchi per far paura: le porte che sbattono, i rami e il vento che soffia appaiono ormai quasi ridicoli (pure Bava in un'intervista di non molti anni dopo dirà che erano superati). Parte centrale piuttosto noiosa con vicende amorose di fantasmi, il film si riscatta nel finale, meno scontato di quel che si potrebbe pensare.
Divertente gotico anni Sessanta, rigorosamente in bianco e nero. Castello solitario, ambienti impolverati, porte che cigolano, cimiteri, bare scoperchiate, donne fatali (dal cuore freddo e piuttosto fermo, come è ovvio), fantasmi, vampiri. C'è tutto il repertorio, al completo; anche un tocco di sarcastico humor nero nel finale, con un accenno di romanticismo. Abbastanza piacevole da vedersi, quasi un ritorno alla nostra infanzia e al cinema (e, perché no, anche alla televisione) di una volta.
Dal punto di vista stilistico, il film è un ottimo esempio di gotico italiano, con atmosfere tenebrose, giochi di luce evidenziati dall'elegante fotografia b/n e conturbanti bellezze femminili, qui incarnate dal duo Steele-Robsham. La sceneggiatura, però, lascia molto a desiderare e, nonostante la brevità, il ritmo cala in più occasioni. Il suggestivo inizio fa sperare che sia Tranquilli (che dà vita a un ottimo Poe) anziché il più modesto Riviere a trascorrere la notte nel castello maledetto.
Tanto i gotici baviani sono fiammeggianti e coloristici quanto questo è algido, macabro e notturno. Alti e bassi continui. Momenti di stanca col girogavare di Riviere per le sale del castello, idee balorde come quella del forzuto a petto nudo più borgataro che british, cui si alternano veri lampi di ottimo cinema: il racconto iniziale di Poe che dà più brividi di tanti orrori mostrati; la Steele macabra e carismatica coi grandi occhioni neri; la scena del massacro con cenni di lesbismo e incesto (che per l'epoca...). Forse sopravvalutato.
MEMORABILE: Lo scheletro nudo nella cripta; La morte sul cancello; L'algida bellezza della Robsham.
Margheriti ammalia e seduce con questo gotico elegante, prezioso nella fotografia e nei movimenti di macchina, squisitamente decorato da due dame romantiche (Barbara Steele e Margrete Robsham) che interpretano con trasporto. Notevoli le capacità evocative della prima parte - ed è molto bello il segmento in carrozza dove, con precisione, si cita il nocciolo della poetica di Poe: l'argomento della morte di una bella fanciulla. Pennellate espressive - da melodramma macabro - date con strani toni plumbei... Echi d'amore funebre nel finale.
Valido esempio di gotico italiano che prende spunto dalla letteratura romantica angloamericana (Poe, per la precisione). Budget ridicolo, ma grazie alla maestria di Margheriti (che ricicla le scenografie de Il monaco di Monza con Totò) vieniamo proiettati in un cupo castello inglese dove regnano spettri e maledizioni. Superba la Steele che replica la prova della Maschera del demonio di Bava e ottimo anche Riviere. Forse un po' lento e prolisso, ma considerato il periodo di uscita rimane comunque una chicca del nostro cinema di genere...
MEMORABILE: La "macabra" bellezza di Barbara Steele.
Edgar Allan Poe afferma di scrivere racconti basati solo su fatti veri, ma un giornalista non gli crede... Lo scoprirà presto a sue spese. Horror elegante, dal ritmo discreto, validi attori (anche se Rivière è poco espressivo), location tetre, buoni costumi. Il film, tuttavia, mescola in maniera poco coerente fantasmi e vampiri, oltre a lasciare nodi irrisolti. Finale ingegnoso, che però cede al sentimentalismo.
MEMORABILE: Presente e passato si mescolano (idea riutilizzata in Nave fantasma del 2002).
La cornice letteraria risulta assai di maniera e le prime sequenze nella magione abbastanza disarmanti per le moine sentimentali e i dialoghi speciosi. Pian piano, tuttavia, la storia prende corpo sino a materializzarsi, nel finale, come vera e propria sarabanda oppressiva e senza scampo ricca, peraltro, di una coda crudelmente sarcastica. Di rilievo certi effetti (lo scheletro pulsante, la trasformazione della Steele) e visivamente efficace la dialettica fra le protagoniste femminili. Senza i predetti difetti costituirebbe un classico irrefutabile.
Piccolo gioiello della breve ma significativa stagione del gotico italiano, questo film di Margheriti riesce a ricreare con successo le atmosfere di Poe, chiamato in causa nelle sequenze iniziali. Bisogna dire che i brividi sono garantiti soprattutto dalla splendida fotografia di Pallottini e dalla incalzante ost di Ortolani, piuttosto che dalla storia, che si ispira vagamente alle leggende nordeuropee, sceneggiata con una certa approssimazione. Cast diseguale in cui brillano la solita Steele e un sanguigno Cianfriglia, mentre Rivière appare un po' impacciato. Merita una visione.
Uno dei migliori horror italiani del periodo, forte e teso nonché con una certa concessione per il melodramma. La schiena nuda e possente di Giovanni Cianfriglia ci dimostra che siamo ancora negli anni del peplum, ma Barbara Steele è qui affascinante in modo talmente ambiguo da far capire che nel frattempo l'Italia sta cambiando e cerca emozioni più forti. Da vedere.
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Il film originariamente doveva essere diretto da Sergio Corbucci, che fu però costretto a rinunciarvi a causa di altri impegni di lavoro precedentemente presi. Fu proprio lui a suggerire al produttore di scritturare Margheriti.
[fonte: www.antoniomargheriti.com]
Zender,
direi che la questione è molto controversa. Sia Imdb che Wikipedia riportano che Corbucci girò una settimana di riprese per poi essere sostituito, causa altri impegni, da Margheriti (probabile che la fonte sia la stessa). Interessante il fatto che Imdb indichi anche lo pseudonimo usato da Corbucci (Gordon Wilson jr.). Probabilmente però è lo pseudonimo usato dallo stesso per il soggetto (Imdb dice che è stato scritto da Segio Corbucci con Grimaldi, mentre il sito antoniomargheriti.com dice che assieme a Grimaldi il film lo scrisse il fratello di Sergio, Bruno. Quindi sarebbe da accertare chi si celi sotto lo pseudonimo).
Il sito dedicato ad Antonio Margheriti curato dal figlio Edoardo) invece riporta che Corbucci avrebbe dovuto girarlo ma fu costretto a rinunciarvi (senza specificare se girò o meno sequenze).
In passato non ho mai letto in nessuna pubblicazione specializzata notizie riguardanti una possibile coregia di Corbucci.
Direi che in curiosità si potrebbe mettere ciò che dice Edoardo MArgheriti, senza specificare se Corbucci girò o meno scene. Quindi:
Il film originariamente doveva essere diretto da Sergio Corbucci, che fu però costretto a rinunciarvi a causa di altri impegni di lavoro precedentemente presi. Fu proprio lui a suggerire al produttore di scritturare Margheriti. [fonte: ww.antoniomargheriti.com]
Sulla questione se Sergio Corbucci abbia girato o no il film, Antonio Margheriti in un omaggio che gli dedicò a Torino il Festival Cinema Giovani nel 1997 disse che il film doveva essere girato da Corbucci per riutilizzare le scenografie create per un altro suo film, Il monaco di Monza. Ma la postproduzione del film di Totò ebbe intoppi per cui Corbucci lo affidò interamente a Margheriti.