My heart is that eternal rose - Film (1989)

My heart is that eternal rose
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MMJ Davinotti jr
Titolo originale: Sha shou hu die meng
Anno: 1989
Genere: gangster/noir (colore)

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Una bella sorpresa firmata Patrick Tam, che dietro l'apparenza di un melodrammone noir senza troppe pretese nasconde una solidissima regia che ci fa apprezzare la modernità di uno stile validissimo ancora oggi. Una donna e tre uomini che la sognano: il pretendente ufficiale, dall’espressione corrucciata e malinconica, un giovane (l’allora emergente Tony Leung) che fatica a dichiararsi e, dulcis in fundo, l'immancabile superboss dal volto di ghiaccio (Chan Wai-man). Lei (la splendida Joey Wong) è sballottata dagli eventi e non sembra avere le idee troppo chiare: spalanca gli occhioni e socchiude le labbra finendo presto col diventare la donna del boss. Ma quando il suo ex torna dalle Filippine...Leggi tutto l'amore sembra rinascere. A colpire è la delicatezza di certe immagini alternate alla crudezza con cui Tam gira le sequenze d'azione, le scene di violenza e le sparatorie. Tra queste ultime non si può non citare quella conclusiva, impreziosita da ralenti, fermo immagine improvvisi e caratterizzata da inquadrature magnifiche montate alla perfezione (non dimentichiamo oltretutto che siamo nel 1989). Dotato di un buon ritmo, di un fascino retrò ampliato dalla magnifica fotografia e dall'originalità di alcune inquadrature, MY HEART IS THAT ETERNAL ROSE va annoverato tra i più puri esempi di solidissimo B-movie in cui traspare comunque l'anima di un autore da non sottovalutare. Personaggi ben delineati, non troppe concessioni alla maniera (To e Hark son tutt’altra cosa, per dire) e una storia semplice ma efficace.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 26/02/07 DAL DAVINOTTI
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Pol 16/09/11 16:04 - 589 commenti

I gusti di Pol

Gangster-melò contraddistinto da una certa ricercatezza nella composizione dell'immagine che dona al film una raffinatezza non comune al genere, almeno fino all'avvento della Milkyway di Johnnie To. L'intreccio non è dei più originali, ma un cast in forma riesce a rendere abbastanza vive figure tutto sommato bidimensionali. In questo senso si distingue Tony Leung, in seguito "pupillo" di Wong Kar Wai, che mette già in mostra doti recitative di buon livello.

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