Manfredi commissario (con Enzo Cannavale in incredibile versione veneta come aiutante) indaga sulle piccole e grandi malefatte della nobiltà romana venendo a contatto con un mondo corrotto, libertino e cinico. Lo troviamo dapprima a snidare un barone (Caprioli) che ha appena sottratto un orecchino alla bella signora (Virna Lisi) attorno alla quale sembrano girare un po' tutti, poi a investigare sull'omicidio del marito greco di un'altra donna (Irene Papas)... Ma non è tanto il personaggio del commissario (pur centrale e splendidamente interpretato da un Manfredi che cita Dante a spron battuto) a interessare Lizzani, quanto la descrizione dei tanti caratteri che affollano la...Leggi tutto scena intersecandosi, diretti bene e con le facce note di mille attori più o meno importanti del nostro cinema: dai celebri Moschin, Leroy, Caprioli, Franco Fabrizi, Umberto Orsini a comprimari sempre simpatici come Gigi Ballista (uno dei non pochi già presenti nel SIGNORE & SIGNORI di Germi, a cui talvolta Lizzani pare rifarsi). Molto parlato, vivace, ritmato, talvolta scade eccessivamente nel futile e nel rozzamente caricaturale, però è sommariamente godibile e si chiude su un finale agghiacciante (tratto, come precisato nei titoli di testa, dal dramma "Mani aperte sull' acqua" di Luigi Bruno di Belmonte), che verrà ripreso oltre trent'anni dopo in un celebre thriller "marino". Non del tutto riuscito, ma non trascurabile.
Rivisto dopo moltissimi anni. Esaltato da Farinotti (****), massacrato da Morandini (*½). Resto del parere che sia un film discreto, dal quale era lecito attendersi di più, specialmente dopo l'ottimo inizio. Poi si perde, affollato com'è da troppi personaggi. Ottima interpretazione di Manfredi, commissario che indaga insieme a Cannavale (in edizione veneta). Caprioli ripete il tentato furto felliniano di Franco Fabrizi. Cast ricchissimo, con cari volti in fugaci comparsate, fra le quali quella della Giancaro in "nude-look" che, nella Roma bene, ci è poi finita per davvero.
Bel ritratto grottesco (ma fino ad un certo punto) della aristocrazia borghese italiana, portato avanti con un'ironia caustica ma senza scadere mai nella macchietta. Il ritmo è svelto ed il montaggio incastra bene le vicende dei vari personaggi, il che rende il film godibile anche dopo più di 35 anni. Il finale, che certo è significativo e di ovvia soddisfazione "proletaria", è girato con un'eleganza che lascia spiazzati. Un ottimo Lizzani, stranamente (?) scomparso dai palinsesti.
MEMORABILE: Tutte le battute di Cannavale, nel ruolo del poliziotto veneto Tognon!
Bell'affresco di (mal)costume e di critica sociale, forse il miglior Lizzani. Mosaico di storie molto ben costruito e con un cast perfetto fin nei particolari (vedi le scelte di Gigi Rizzi o di Minnie Minoprio). Ottimo Manfredi (alla seconda prova con Lizzani dopo il mediocre Carabiniere a cavallo), mellifluo Moschin, divertente Caprioli. Molto bello (benchè apparentemente "facile") il finale, difficile da dimenticare. Da segnalare le musiche di Bacalov e la canzone del tema eseguita da un ancora sconosciuto Cocciante.
Se ne andava da quella "Roma addormentata, da quella Roma puttanona, borghese, fascistoide, quella Roma del volemose bene, annamo avanti, delle pizzerie, dei sali e tabacchi, quella Roma dei mostaccioli e caramelle" il poeta Remo Remotti nella sua "Mamma Roma, addio". Così come Lizzani, in questo film, fa andare via i suoi avari riccastri dalla capitale (dove sono auto-reclusi in gabbie dorate) verso una "deriva" spietata più d'un contrappasso dantesco. Didascalico assai, "Roma bene", sfrutta l'amarezza di Manfredi confondendo popolare con populista.
MEMORABILE: Il finale, prodromo del film del 2007 Alla deriva.
Scomparso dai palinsesti tv (il che non stupisce visti i quasi imbarazzanti paralleli con il presente), il film è un'altra prova della capacità del cinema italiano di quegli anni di raccontare e anticipare la realtà in modo non edulcorato come quello di oggi. Dopo una partenza promettente, Lizzani si perde un po' nell'intersecarsi dei personaggi e delle storie per recuperare con un intenso finale in puro stile sessantottino. Ottima prova di attori (Manfredi, Leroy, Fabrizi...) e gran parata di bellezze (Virna Lisi e Senta Berger in testa).
MEMORABILE: Il party iniziale nel palazzo della Lisi (ma le feste di Arcore saranno state così?)
Capolavoro settantiano di Carlo Lizzani, quando ancora ci potevamo permettere di presentare un cast di tale rango: i grandi c'erano tutti. Meno "grandi" sono i ruoli a cui sono affidati. Potere, massoneria, sesso, festini e quel finale che solo un grande autore del grande cinema poteva pensare. Più italiano di così... si muore.
Notevolissimo film di Lizzani con un grandioso cast; bellissimo l'inizio, poi tiene comunque bene fino al notevole e amaro finale. Grandissimi un po' tutti: la Berger mai vista cosi bella, ma il comparto femminile è tutto notevolissimo. Colonna sonora affascinante.
Il commissario Manfredi, moraleggiante e disilluso, cita in continuazione terzine dantesche, consapevole di muoversi in una bolgia infernale, dove ai peccatori non spettano tormenti, ma un'ottusa beatitudine, una sarabanda che i personaggi ballano sfrenati, con la strafottente disinvoltura di chi ha il culo parato. E anche con l'acqua alla gola, in quel mare che da azzurro diventa plumbeo come uno Stige, loro continuano, pateticamente, a rivolgersi l'uno all'altro con i loro titoli nobiliari. Però... come diceva Dante? "Cesare fui, e son Giustiniano...". Icastico e caustico.
MEMORABILE: Il recupero dell'orecchino inghiottito da Caprioli, aristocratico spiantato e malandrino.
A me sembra tanto che Lizzani abbia trasformato molte delle sue opere in "rese dei conti" nei confronti di chi non gli garba. In altri film è incorso in tonfi clamorosi, qui riesce almeno in parte a rendere la cosa credibile eliminando l'entourage dei ricconi assieme a qualche qualche commendatore lardone, ma custodendo i pezzi da 90... Certi passaggi divertono e hanno molto della commedia, anche se il dramma traspare nitidamente, ma per quanto il cast sia formidabile, io ho adorato soprattutto la musica. La frase di Orsini è da ricordare a memoria...
MEMORABILE: "Bisogna sempre togliere ai poveri per dare ai ricchi. La miseria è sicura, la ricchezza incerta; logico quindi rafforzare questa"... E vvvvvaiiiii...
Film che ha sempre esercitato sul sottoscritto un divertito fascino perverso. A guardarlo con occhi da cinephile è facile vivisezionarne i difetti, a cominciare dalla mal amalgamata mistura tra farsa, impegno civile e film di inchiesta. E invece è proprio quell'aria massimalista e debordante che ne fa ai miei occhi un cult del politicamente scorretto, una mina vagante della commedia anni '70. La sincera veemenza etica del Maestro Lizzani ne è il mastice. Finale di buñueliana ferocia. Nell'infernale cast di smargiassi, Manfredi si aggira alieno e dantesco.
MEMORABILE: Il cumenda Ballista a caccia col nipotino; Il recupero del maltolto ai danni del gagà Caprioli.
Perchè Roma bene, visto che tutto il mondo è coinvolto e visto che non tutti i personaggi sono di Roma? Forse perchè il bordello ben frequentato e la Chiesa sono a Roma... Anche il commissario dotto è di Roma e grazie alla sua integerrima solerzia viene promosso ispettore. E' una "nobiltà", quella che Lizzani descrive, dell'immaginario collettivo, da cinematografo; diciamolo pure: una caricatura, molto utile però a tentare di capire quella vera, quella che nella realtà, magari senza titoli nobiliari, fa lo stesso girare il mondo. Finale perfetto.
Roma bene è Roma male. Satira grottesca ma veritiera sull’aristocrazia italiana corrotta e frivola, destinata ad annegare nelle proprie meschinità quando invece i suoi vertici la scampano, intoccabili. I singoli segmenti narrativi si ricompongono in un tessuto comune con i lembi tenuti stretti da un cast di prima grandezza: se al commissario disilluso e dantofilo di Manfredi tocca il ruolo centrale ed unificatore, non passano certo sotto silenzio il nobile morto di fame Caprioli, gli agguerriti avvocati della Papas e i carezzevoli nudi posteriori della Berger. La colonna sonora dà man forte.
MEMORABILE: «Siamo già uguali a loro un giorno all’anno e forse quel giorno siamo pure più ricchi noi: il 31 marzo, quando facciamo la dichiarazione dei redditi»
Non molto bello, anzi. Manfredi (periodo "barba") un po' sprecato come trait d'union per scellerate storie di potenti, ritratti in maniera superficiale così da perderne ogni sfumatura possibile. Poteva essere un nuovo Tognazzi/Pepe e invece siamo solo nella girandola moralista ma non graffiante supportata da caratteristi di vaglia sfruttati appena. Come parterre di belle donne invece siamo al top, con menzione d'onore per la Berger (ma c'é di che scegliere). Cannavale veneto nun se po' sentì. Nel finale alcuni goofs.
Feroce ritratto della corrotta Roma bene, tra nobili ladri perché senza denari, figli che fingono rapimenti per ottenere soldi, mogli che diventano vedove in maniera non naturale, prostitute e prostituti (Orsini)! Sfuggiranno alla giustizia umana ma non a quella divina in un grande finale. Usando un ottimo humor nero (stupendi i dialoghi Manfredi-Cannavale) la critica della società altolocata è ben realizzata, per poi chiudere in maniera nerissima con il finale che rimane impresso negli annali.
MEMORABILE: Orsini che scopre che la persona che devono corrompere ama gli uomini e lui in particolare; Il grande finale; Cannavale che vede i nude-look.
Gran bel film, questo di Lizzani (forse il suo migliore), che descrive in maniera favolosa e disincantata i lati oscuri di una città indubbiamente meravigliosa come Roma. Un film grandioso fin dall'inizio, che prosegue alla stessa stregua fino al fantastico e memorabile finale. Grandissima prova per l'ottimo cast, in particolare Manfredi (magistrale!), Leory, Fabrizi, Moschin e Caprioli. Eccellente il comparto femminile, con una Senta Berger e una Virna Lisi entrambe mai così belle.
MEMORABILE: L'incipit nel palazzo della Lisi; Il finale.
Lizzani si avvale di una lavorazione artigianale per analizzare con osservazioni pungenti e dall'umorismo sarcastico i malcostumi sociali della classe borghese. Dopo oltre 40 anni l'analisi si rivela ancora attuale. All'andamento leggero si contrappone un finale più amaro, quasi punitivo per la condotta dei personaggi. Senta Berger è la più bella di un'ampia squadra di donne che si mostrano in fugaci sequenze di nudi quasi integrali. ***
Acuto e graffiante ritratto della Roma bene Anni Settanta (forse nemmeno tanto diversa da quella odierna) diretto da Lizzani con un bel gusto per le macchiette e il grottesco. Manfredi incarna benissimo l'anima popolare e non corrotta, mentre il suo commissario e tutti gli altri fanno a gara per risultare il personaggio più sgradevole. Notevole il finale, angosciante ma anche giusto.
Spietato e grottesco ritratto dell’aristocrazia romana che si dimena tra ricchezze, corruzioni e frivolezze di ogni tipo. Insomma il più pulito ha la rogna. Ottima regia di Lizzani che strizza un occhio a Germi e un altro a Fellini, imbastendo tante piccole sotto-trame e condendo il tutto con un humour nero estremamente raffinato. Assolutamente geniale è l’idea di mantenere un tono generale da commedia nera per poi mutare drasticamente registro con un finale feroce e spiazzante che non si dimentica. Cast spettacolare.
MEMORABILE: Manfredi che si chiede come possa un uomo ascoltare la radio con i tappi nelle orecchie prima di morire folgorato nella vasca da bagno; Il finale.
Commedia a tinte forti di Lizzani che racconta il marcio del potere tramite le vite private dei suoi rappresentanti. Ma la satira non centra sempre il bersaglio perché il taglio documentaristico tipico del regista è quasi assente e alcune succulente situazioni per affondare la lama sono abbandonate a loro stesse. Manfredi sornione ci guida alla scoperta di questo inferno dorato da grande attore. Fra gli altri meritano una menzione il sempre bravo Leroy, la Berger e la Papas, ma il livello è in generale molto buono. Attualissimo e consigliato!
MEMORABILE: Il finale; Le citazioni di Dante da parte di Manfredi; Cannavale doppiato con l'accento veneto...
Frastagliata denuncia delle miserie della "bella" società romana. Ci sono proprio tutti: imprenditori senza scrupoli, mogli con morale mista e anche Moschin che fa il cardinale. Non che dispiaccia in toto (il mestiere di Lizzani è evidente) ma l'impostazione, appunto, più a episodi che con una vera trama, finisce per rendere il film meno incisivo nel trasmettere allo spettatore il messaggio di fondo. Il peccato più grande è però l'aver quasi sprecato Manfredi, messo lì un po' così a far da collante. Il resto del cast tra statuaria e grande esperienza.
Rappresentazione caricaturale dell'alta borghesia romana ritratta nei suoi vizî e ipocrisie: si gusta più per la bravura dei protagonisti, abili a caratterizzare i personaggi col loro mestiere (Leroy cinico, Fabrizi viscido et cetera), che per l'analisi sociale e politica all'acqua di rose. Facile e poco credibile, ma divertente (i tentativi di omicidio del greco, Cannavale veneto, Manfredi dantesco) e con l'azzeccata cattiveria del finale dove il regista (che cita La regola del gioco nella scena della caccia) sfoga le frustrazioni di classe.
La casta di Roma, tra feste e affari, resta impunita (tranne che dal destino). Descrizione della fauna arricchita, coi poteri forti in mano, che Lizzani mostra con gran ritmo nello sfarzo barocco e nel libertinaggio. Quando si narrano le vicende singole (la caccia, il rapimento, l’uxoricidio) il film è più dimostrativo che sagace. Nel cast nutrito spiccano lo spirito di Manfredi (divertenti i siparietti con Cannavale), il ladro monarchico Caprioli, la diretta Lisi e la Berger come merce di scambio. La conclusione poteva essere più repentina o crudele.
MEMORABILE: Il furto dell’orecchino; Il plastico del quartiere; “Buco mio, buco tuo”; Il caffè e latte, in senso femminile, sul vassoio gigante.
Nella Roma bene non c’è spazio per il sincero altruismo, ma si pensa solo all’ imbroglio, al profitto e all'ostentazione. E così sarà complicato per un ispettore (che cita in continuazione Dante) vedersela quotidianamente con certi squali che solo un intervento “alto” potrà mettere in riga. Commedia graffiante, ricca di un cast straboccante, avrebbe potuto dire di più, se non si esprimesse troppo per luoghi comuni e poco in narrazioni reali e verosimili. Invece abbondano i tic di cui tutti siamo a conoscenza, in uno sciabordio di parole che, però, riesce bene nel finale.
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Qualche anima pia sa darmi lumi su quest'ultima uscita in dvd della A & R Production? E' meglio di quella fetecchia della Hobby & Work o è paro paro lo stesso master?!?
Non ho mai visto l'edizione H&W, ma quello della A&R è uno dei dvd più vergognosi della storia... Il video è preso da un divx così compresso che neanche i vcd dei primi anni 2000...
Durata: 1:34:36 (ma i titoli di coda finiscono a 1:34:18, dopodiché c'è il nero fino alla fine)
Extra: locandine
Ad occhio il master sembra il solito.
Quindi l'unica in questo caso è cercare di emendare gli errori video del dvd della Hobby & Work, a quanto pare non risultano passaggi televisivi a disposizione...
HomevideoGeppo • 30/09/15 14:08 Call center Davinotti - 4269 interventi
Dovrei avere una vecchia registrazione TV da "Italia 7" (fine anni '80 circa) in VHS, ma da quel che ricordo il master era comunque un disastro.
Era passato anche qualche giorno fa su Telenuovo, ma avevo notato chiaramente, a film abbondantemente già iniziato, che c'era qualcosa che non andava per il verso giusto riguardo ad evidentissimi artefatti video, di certo non imputabili a cattiva ricezione. Sapendo poi esattamente cosa usano per la messa in onda, mi ero premurato di chiedere di altri passaggi TV più qualificati, tipo Rai o Sky, per intenderci.
CuriositàZender • 21/02/16 18:14 Capo scrivano - 47726 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" altro flano del film:
Il giornale che il commissario Quintilio Tartamella (Manfredi) legge prima di entrare al gran ricevimento nella villa è il Corriere dello Sport edizione Roma di Sabato 13 Marzo 1971: