Lo si deve vedere come cine-fanta-documento storico (tipo Metropolis). Ma soprattutto, si deve apprezzare lo sforzo di Lang che, vista la prima metà, se non altro si è sicuramente documentato, dal punto di vista scientifico, su razzi, traiettorie, gravità, calcoli matematici e così via. Mentre, dall'allunaggio in poi, diventa fantasy (la Luna con ossigeno, le fonti termali, l'oro...). Inoltre, la palese tuta da palombaro spacciata per indumento spaziale e altre ingenuità possono suscitare ilarità. Eppure, questa pellicola merita rispetto, sia per le trovate, che per lo spessore dei personaggi.
MEMORABILE: Il viscido Turner (si pettina e spettina in 4 secondi netti e sembra avere una placca metallica in testa...in realtà, sono proprio i capelli).
Paleo-fantascientifico (ma poi, paleo un tubo: in fondo, con Méliès, la fantascienza è stato il primo genere cinematografico!) di Lang, non privo di difetti a cominciare dalla lunghezza sterminata, ma a tratti visivamente sorprendente. Fantastica la missione spaziale in tenuta da passeggiata sulle Alpi (e del resto un po' alpestre è anche il paesaggio lunare), improbabile la love-story fra la bella scienziata e il collega energumeno. Fa sghignazzare inevitabilmente per certi stilemi del muto, ma va visto.
Viaggio nella luna in cerca d'oro: prima parte in stile noir con misteri e complotti (intrigante), seconda parte in volo e sul satellite (più coinvolgente). Lang riesce a raccontare così bene, nonostante l'eccessiva lunghezza non aiuti, da riuscire a mettere a punto un bel film, con un notevole disegno dei personaggi (bravissimo Fritsch), molti spunti di grande interesse (a cominciare dal tema principale: l'avidità) e scene di grande impatto come quella della partenza del razzo vista dall'interno attraverso le sofferenze degli astronauti.
L'ultimo film muto di Lang non ha la potenza di Metropolis - troppo farraginosa la prima parte complottista mentre l'ingenuità mélièsiana della spedizione lunare muove facilmente al sorriso - tuttavia è colmo di sequenze d'impatto come il gioco di luci ed ombre sull'astronave oppure trovate geniali come il conto alla rovescia inventato da Lang per aumentare la suspense, senza contare la critica all'ìavidità che porta alla perdizione ed il bellissimo finale di struggente romanticismo. Nel complesso, paga pegno al tempo in cui fu realizzato ma possiede anche una forza innegabile.
MEMORABILE: L'abbigliamento da passeggiata alpestre degli escursori lunari, adeguato all'aspetto della superficie del satellite.
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I lacci fissati sulla pavimentazione dell'astronave, che servono per infilarci i piedi e spostarsi senza fluttuare in assenza di gravità (mica male).
Il razzo H32, con sala di registrazione ovoidale (praticamente, un'astronave robot in grado di carpire immagini come le attuali sonde).
Lo schema sulla forza di gravità terrestre e su quella lunare (una più forte e l'altra più debole), che condizioneranno la traiettoria del razzo (dà quel tocco di realismo..e poi, siamo pur sempre nel 1929!).
Lo scrittore italiano Giulio Leoni, ambienta il suo thriller, scritto nel 2002, "La donna sulla luna" proprio sul set del film di Lang, al crepuscolo della repubblica di Weimar e all'alba del nazismo.