Il romanzo omonimo di Stephen King dal quale il film è tratto è articolato in cinque diversi racconti, che s'incrociano quasi subliminalmente creando una struttura qui del tutto assente. Anche perché dei cinque racconti ne è rimasto in pratica uno solo, il primo. Gli altri (compreso il secondo, che ironia della sorte è proprio quello che dà il titolo al romanzo e quindi al film) sono assenti. Di conseguenza ciò che resta di King (ovvero ciò che dagli autori è stato ritenuto più filmabile) è l'ennesimo ritorno all'infanzia in stile STAND BY ME...Leggi tutto (o IT, se preferite), con il protagonista che sulla tomba dell'amico morto ricorda i giorni della sua vita da undicenne, coincidenti con l'arrivo di un vicino dall'aria misteriosa (Anthony Hopkins). Il legame profondo che si instaura tra il bambino e il vecchio signore diventa centrale, mentre quello con gli altri due piccoli coetanei resta sullo sfondo. Come ritratto di vita di un'età precisa il copione di William Goldman (non il primo venuto) può anche funzionare, ma la messa in scena elegantissima di Hicks finisce col soffocarne le intenzioni rallentando terribilmente il ritmo e trasformando il tutto in un racconto inconcludente, sfilacciato, che pare proprio non condurre de nessuna parte. La confezione è di primissima classe (la qualità delle inquadrature di Hicks non si discute), Hopkins è sempre un attore magnifico, il resto del cast è diretto bene, eppure CUORI IN ATLANTIDE (la spiegazione data al titolo è diversissima da quella del libro) non riesce mai ad avvincere, a incuriosire. Evanescente.
Il film traduce in immagini solo una parte del romanzo di Stephen King e ciò, anche se può essere comprensibile dal punto di vista realizzativo, nuoce gravemente al prodotto in quanto minimizza enormemente l'impatto emotivo che lo scritto riusciva a creare. Chi ignora il materiale di partenza si troverà di fronte ad un film senza grandi difetti ma anche senza particolari qualità, messo in scena e recitato in modo comunque corretto. Si può vedere ma non si devono avere grandi rimpianti nel caso lo si perdesse.
Ennesima trasposizione cinematografica di un'opera di Stephen King, Cuori in atlantide è pervaso da un senso di malinconia e di struggente rimpianto per l'innocenza perduta (come spesso avviene per il mondo dello scrittore americano) ben tradotti dalle suggestive immagini di Scott Hicks. A ciò si aggiunge l'immacabile tocco di mistero e soprannaturale. Il film merita per l'impeccabile intepretazione di Hopkins tra le più convincenti della sua carriera. Efficace e suggestiva l'ambientazione scenica.
Bell'adattamento di un romanzo di King, forse abbastanza sottovalutato. Merito di una sceneggiatura che privilegia innanzitutto il rapporto di complicità che si viene a creare tra il giovane protagonista e l'anziano Hopkins. E poi, è sopratutto il film di un Anthony Hopkins in forma smagliante, ben supportato dall'ottimo cast di supporto. Diversi i momenti da ricordare.
I film tratti dai libri si Stephen King raramente risultano pienamente riusciti e questo non fa eccezione. Non che sia del tutto malvagio, ma da uno sceneggiatore come il Nobel Golding sarebbe stato lecito ottenere di più. Invece ci viene propinata la solita storiellina raccontata con garbo ma mai davvero in grado di coinvolgere.
Un ragazzino orfano stringe amicizia con l'inquilino del piano di sopra. Che non è solo un colto affabulatore, ma nasconde un segreto. Gli farà da guida nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza. Da due racconti di Stephen King, Hicks trae un film ad alto rischio di ruffianeria, che però funziona grazie all'ottimo cast e al magnetismo di Hopkins. Non c'è molto equilibrio, il dramma irrompe senza sufficiente coerenza con le altre parti della storia, ma ci si lascia volentieri prendere da una storia fatta apposta per l'immedesimazione.
MEMORABILE: Il racconto della partita è splendido, così come la scena di Carol che convince un bambino a non comprare la bici desiderata dal suo amico Bobby.
Racconto di formazione dal denso sapore kinghiano e perché no, anche spielberghiano. Impreziosito da irresistibili pezzi di hit anni 60 nella colonna sonora, da una regia impeccabile e avvolgente che sfiora la perfezione, da un Hopkins in stato di grazia e da profondi momenti di commozione. Stand by me è dietro l'angolo, anche se l'assunto di base è totalmente differente. Attimi di brutalità (lo stupro della madre di Bobby, il pestaggio di Carol) si innestano in un racconto tra il magico e il nostalgico e il finale tocca il cuore. Davvero sottovalutato.
MEMORABILE: Il timido bacio di Bobby dato a Carol sulla giostra; Bobby che indovina le carte alla fiera; Il segreto del bulletto (faccia da schiaffi) Harry Doolin.
Garbato e sensibile racconto del processo di crescita di un ragazzino con l'educativo appoggio di un uomo dalla misteriosa saggezza, interpretato da un convincente Anthony Hopkins. Tratta da un bel romanzo di Stephen King, questa pellicola può essere intesa come una riflessione sul valore del passato nella vita di ognuno, in particolar modo del delicato incanto dei ricordi adolescenziali. Uno dei non numerosi esempi di cinema creato da mezzi semplici composti in modo da saper dare valore emotivo e nostalgico. ***!
Un bambino orfano di padre e trascurato dalla madre scopre i valori dell'amicizia attraverso il rapporto con un maturo vicino di casa, dal passato misterioso e in fuga per motivi che solo il piccolo riuscirà a comprendere... Dal filone non horrifico di King, un racconto di formazione elegantemente impaginato e ben interpretato da tutto il cast, Hopkins in testa, all'insegna del rimpianto per il tempo perduto. Ma il piccolo miracolo di Stand by me non si ripete: il film si fa seguire con interesse ma non conquista, né convince fino in fondo.
Due anime e due cuori si incontrano e sono quelli di un vecchio e di un bambino. La loro storia sullo sfondo dell'America kennediana li vede uniti nell'affrontare le loro più grandi paure. Una fotografia patinata e la fantastica musica alludono a un'epoca d'oro nella quale occhi preveggenti riuscivano a scorgere le prime incrinature. Momenti commoventi si alternano a lunghi tratti di scarso pathos, comunque affascinanti ma troppo incentrati sull'infanzia. La forza ipnotica del racconto del Re del brivido, nonostante ci sia un mostro di carisma come Hopkins, non emerge del tutto.
MEMORABILE: Il volto perso di Hopkins; Il ragazzo pare quello di E.T.; "Mi aprì gli occhi e ci fece entrare il futuro"; Hopkins che grida: "Ne è valsa la pena".
Derivato da un racconto tratto dall'antologia "Uomini bassi in soprabito giallo" di Stephen King, il film offre una bella prestazione di Hopkins, che sembra tagliato con l'accetta per il ruolo dell'attempato Ted, in fuga dal governo americano per via dello sfruttamento dei suoi poteri extra-sensoriali utili alla lotta al comunismo agli inizi degli anni '60. Bella anche la giovanissima prova dello sfortunato Anton Yelchin, attore beffardamente scomparso nel 2016 non ancora trentenne. Colonna sonora alla Stand by me, che ispira il film in più parti. Un po' irrisolto, ma efficace.
Scott Hicks HA DIRETTO ANCHE...
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Rebis ebbe a dire: E' uno dei King che sono più curioso di leggere, poi penso che mi vedrò anche il film :)
non so se hai avuto modo di recuperarlo ma il libro è proprio tutto un altro pianeta. si snoda in 5 diversissimi racconti che sono però profondamente interfacciati tra loro quasi a formare una sorta di parentela narrativa (e a tratti anche fortemente biografica) malgrado i diversi piani spaziali e temporali. quello usato per sviluppare il film è il primo, uomini bassi in soprabito giallo, mentre nel libro il racconto omonimo parla di tutt'altro. siamo quindi al mistitled. il film l'ho ormai quasi completamente rimosso, ricordo solo che rispetto al racconto -cupo, a tratti trucido, bello teso, quasi dalle parti de un ragazzo sveglio/l'allievo- era abbastanza svenevole e spielberghiano, con un hopkins davvero fuori ruolo.
Concordo con Schramm. Il libro l'ho letto molti anni fa, ben prima di vedere il film, e anche se non lo ricordo benissimo l'avevo trovato davvero bello, uno dei migliori King. Tutt'altra cosa rispetto al film
DiscussioneRaremirko • 20/10/15 17:08 Call center Davinotti - 3862 interventi
Schramm ebbe a dire: Rebis ebbe a dire: E' uno dei King che sono più curioso di leggere, poi penso che mi vedrò anche il film :)
non so se hai avuto modo di recuperarlo ma il libro è proprio tutto un altro pianeta. si snoda in 5 diversissimi racconti che sono però profondamente interfacciati tra loro quasi a formare una sorta di parentela narrativa (e a tratti anche fortemente biografica) malgrado i diversi piani spaziali e temporali. quello usato per sviluppare il film è il primo, uomini bassi in soprabito giallo, mentre nel libro il racconto omonimo parla di tutt'altro. siamo quindi al mistitled. il film l'ho ormai quasi completamente rimosso, ricordo solo che rispetto al racconto -cupo, a tratti trucido, bello teso, quasi dalle parti de un ragazzo sveglio/l'allievo- era abbastanza svenevole e spielberghiano, con un hopkins davvero fuori ruolo.
Raremirko ebbe a dire: D'accordissimo con Buio su tutto; una cosa però; ma per te chi era il personaggio di Hopkins?
Una cosa simbolica o una specie di angelo, cose così?
Film che ho amato molto (tanto da beccarsi "l'ambita" Palma D'Oro buiesca nel 2013), e di cui non nutrivo chissà quali aspettative, invece fù un colpo di fulmine
Mettendolo (ebbenesì) al pari di Stand By Me (come emotività)
Non saprei il ruolo di Hopkins cosa ben rappresentava, ma opterei per la prima (una figura simbolica, tipo uno spirito guida)
DiscussioneRaremirko • 20/10/15 23:28 Call center Davinotti - 3862 interventi
Buiomega71 ebbe a dire: Raremirko ebbe a dire: D'accordissimo con Buio su tutto; una cosa però; ma per te chi era il personaggio di Hopkins?
Una cosa simbolica o una specie di angelo, cose così?
Film che ho amato molto (tanto da beccarsi "l'ambita" Palma D'Oro buiesca nel 2013), e di cui non nutrivo chissà quali aspettative, invece fù un colpo di fulmine
Mettendolo (ebbenesì) al pari di Stand By Me (come emotività)
Non saprei il ruolo di Hopkins cosa ben rappresentava, ma opterei per la prima (una figura simbolica, tipo uno spirito guida)
Si, si, la stessa cosa che ho pensato io sullo spirito guida; marò che film malinconico.
DiscussioneZender • 18/08/22 18:05 Capo scrivano - 47801 interventi
Occhiandre, sei sicuro di aver cliccato il corretto pallinaggio? Hai messo 4 pallini (ovvero grande esempio di cinema, come da legenda) ma scrivi:
Momenti commoventi si alternano a lunghi tratti di scarso pathos, comunque affascinanti ma troppo incentrati sull'infanzia. La forza ipnotica del racconto del Re del brivido, nonostante ci sia un mostro di carisma come Hopkins, non emerge del tutto.
sembran quasi piu i difetti che le qualità, che evidenzi…
Occhiandre, sei sicuro di aver cliccato il corretto pallinaggio? Hai messo 4 pallini (ovvero grande esempio di cinema, come da legenda) ma scrivi:
Momenti commoventi si alternano a lunghi tratti di scarso pathos, comunque affascinanti ma troppo incentrati sull'infanzia. La forza ipnotica del racconto del Re del brivido, nonostante ci sia un mostro di carisma come Hopkins, non emerge del tutto.
sembran quasi piu i difetti che le qualità, che evidenzi…
In effetti ci avevo pensato ma alla fine ho optato per i 4 pallini perché mi piace molto la storia e la trasposizione cinematografica è una di quelle più riuscite fra i romanzi di King.
DiscussioneZender • 22/08/22 17:20 Capo scrivano - 47801 interventi
Ok però allora andrebbe in parte riscritto, nel senso che il pallinaggio dovrebbe rispecchiare quello che dici nel commento e da quel che leggo sembra il contrario, ovvero che la forza del racconto di king non emerge del tutto, che il pathos è per lunghi tratto scarso. Insomma, difetto e virtù sembrano quasi pari, e in questo caso ci si aspetta un duemmezzo, magari un tre. Un quattro è un voto che va oltre il notevole appunto, un grande esempio di cinema… non riesci a risistemarlo in un post qui sotto (sempre rimanendo nei 590 caratteri) in modo da far emergere l’entusiasmo di un 4 pallini?
Ok però allora andrebbe in parte riscritto, nel senso che il pallinaggio dovrebbe rispecchiare quello che dici nel commento e da quel che leggo sembra il contrario, ovvero che la forza del racconto di king non emerge del tutto, che il pathos è per lunghi tratto scarso. Insomma, difetto e virtù sembrano quasi pari, e in questo caso ci si aspetta un duemmezzo, magari un tre. Un quattro è un voto che va oltre il notevole appunto, un grande esempio di cinema… non riesci a risistemarlo in un post qui sotto (sempre rimanendo nei 590 caratteri) in modo da far emergere l’entusiasmo di un 4 pallini?
In attesa mettiamo tre.
Ok! Spero che alle prossime politiche non adottino lo stesso sistema! ;-)