La terra di Dio - Film (2017)

Non ci sono dichiarazioni d’amore: il sentimento si nasconde dietro cose e azioni, e d’altra parte siamo tra i pastori di una povera campagna, dove il sesso gay va tenuto nascosto e non ha nulla a che vedere con la passione. Finché non arriva uno straniero che ti cambia la vita che credevi bloccata nell’autopunizione. Brokeback Mountain declinato all’inglese, solcato da lunghi silenzi, insinuato dentro temi forti (famiglia, xenofobia), segnato da un erotismo selvaggio e capace di far sbocciare le emozioni quando meno te le aspetti.

A differenza di tante opere a tematica omosessuale, qui l'impronta del film è prettamente drammatica. Un film genuino in grado di emozionare con la veridicità del soggetto, il pathos degli attori e i sentimenti. L'ambientazione nella brughiera e le connotazioni bovine risultano particolarmente indovinate nel restituirci un'ambiente solitamente inteso come "etero-terriero". Un altro tabù che cade, tra bollenti ardori e umori corporali, a riprova che l'amore vero arriva dappertutto. Omoerotico country.

Pur in parte debitrice di Brokeback Mountain, una bellissima storia di amore e solitudine, dotata di un piglio particolarmente sensibile sia nel descrivere le interazioni tra esseri umani che nell'affrontare il tema del rapporto uomo-natura, tra paesaggi tanto suggestivi quanto inospitali e insolite scene dal mondo animale (forse l'elemento più riuscito del film). Il tutto con pochissimi cedimenti (giusto il pre-finale) e una capacità sorprendente nello scansare qualsivoglia stereotipo sulla tematica omosessuale. Cast perfetto.

Ragazzo vive in una fattoria sperduta insieme ad padre invalido e alla nonna, entrambi inaciditi, concedendosi come unico svago le sbornie ed il sesso occasionale al bar. L'arrivo di un lavorante rumeno cambierà le cose... Inevitabile la definizione di Brokeback Mountain inglese, considerato il soggetto e l'ambientazione rupestre, ed in effetti i punti di contatto sono molti, come pure non mancano le sequenze di intensa sensualità recitate con grande naturalezza. Se non convince pienamente, lo si deve ad un epilogo troppo conciliante che stona con il contesto mostrato in precedenza.

Melodramma rurale per il quale è naturale il confronto con il più celebre film di Ang Lee. Le due opere condividono molto a partire dalla naturalezza con la quale i registi rappresentano un sentimento prima solo accennato e che si manifesta poi in maniera eclatante. L'ambientazione rupestre è un valore aggiunto perché in netto contrasto con la dolcezza sentimentale. Bravissimi tutti gli attori, a partire dai due giovani protagonisti. Un buon film nonostante il finale un po’ troppo buonista.

Un film stupendo. La storia di matrice autobiografica del regista segue la traiettoria difficile in cui verità, azione e pensiero non sempre si corrispondono. Benché il contesto agreste e rurale faccia sicuramente pensare in primo luogo ai precedenti illustri, la storia così intrisa di tormento, silenzio, gesti e sguardi si concede man mano allo spettatore nella sua intimità viva e pulsante. I due attori protagonisti sono bravissimi nell'interpretare un amore sordido, contadino ma senz'altro reale e vissuto. Da vedere assolutamente.

Al giovane Johnny (O' Connor) il futuro riserva non il turbinoso vociare delle metropoli quanto, piuttosto, il silenzio depresso della fattoria di famiglia nel nebbioso Yorkshire, appena movimentato da colossali sbronze e occasionali fuitine omo. A sparigliare le carte in tavola, la variabile del lavoratore stagionale Gheorghe (Secareanu). Interessante studio di coppia, oltre i pregiudizi di genere ed etnia, sul terrore atavico delle implicazioni sentimentali sottese ad un rapporto "proibito". La storia è ben diretta e interpretata, ma l'happy ending è forzatamente retorico, debole.

Giovane introverso ha una dura esistenza tra le solitarie colline dello Yorskhire. Duro lavoro in fattoria e rudi rapporti col padre e la nonna con cui vive. Unici svaghi sono ubriacarsi e occasionali rapporti omosessuali. Arriva un bracciante rumeno assunto per pochi giorni. Dopo una prima parte descrittivamente interessante sulla psicologia dei personaggi e sugli stenti di certi allevatori, cala progressivamente fino a ridursi a un banalissimo melò in cui l’unica variante è costituta dal rapporto gay, che da elemento dirompente che poteva essere, pare ridursi a fastidioso pretesto.