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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Trasferta cubana per David Riondino il quale, nel ruolo di un filmaker che immagina come L'Avana possa diventare dopo la Terza Guerra Mondiale (che finisce con il Muro di Berlino) un simbolo planetario al pari di Roma dopo la Seconda, decide di andare lì a girare un remake di LADRI DI BICICLETTE. Arrivato in loco anche per recuperare il cognato fuggito di casa (Catania), conosce già in aereo altri italiani in trasferta per svariati motivi: chi per un festival del cinema (Sanguineti), chi per un servizio di moda su un nuovo scarponcino da lanciare (Cassini), chi per portare un carico di quaderni destinati ai ragazzi delle elementari (Olgese...Leggi tutto e Margiotta, cui s'aggrega una Sabina Guzzanti innamorata del Che), chi per trovare ispirazione poetica (Remotti), chi per fare gruppo e basta (Fantoni, ma non si vede praticamente mai). Tante microstorie che andranno ad animare una sceneggiatura palesemente pretestuosa destinata a fare da complemento a una sorta di documentario mascherato. Quel che interessa a Riondino è trasmettere l'aria che a Cuba si respira, filmare rimanendo più vicino possibile all'anima popolare del luogo recuperando in parte gli intenti neorealistici del modello. Il primo incontro (dopo quello col cognato che gli illustra i vantaggi di una vita lì) è per coincidenza proprio con un bambino che pare aver rubato una bicicletta. Non si tratta di un furto, ma la bicicletta poi (che si dice regalata al nonno del piccolo direttamente da Castro e unica all'Avana con il fanale) verrà rubata davvero, così da preparare il terreno per l'azzardato remake; al quale però David pare in realtà poco interessato: si limita a girare e vivere il posto, a seguire per la strada il ragazzino della bici e suo fratello maggiore, a gettare il cognato in pasto a una splendida ragazza locale (ma non doveva riportarlo in Italia?). Nel frattempo Monica (Guzzanti) s'invaghisce di un sedicente scrittore sosia del Che, il fotografo grida e scatta sui suoi set improvvisati, il poeta prova a vedere le cose da un'altra prospettiva, il critico sproloquia simpaticamente di cinema (Sanguineti è sempre spassosamente in parte, quando recita se stesso). Ma se si esclude la Guzzanti, gli altri sono in buona parte personaggi marginali; a muoversi di più è chi ruota attorno a Riondino, che sia Catania con la sua bella o il giovane a cui è stata rubata la bici e che proprio come nel capolavoro di De Sica comincia a cercarla per la città. Parlato spesso in spagnolo (con ampio uso di sottotitoli quindi), il film vale più come testimonianza storica che per altro, nonostante sia recitato con certo sentimento e musicato (da Riondino stesso) con bella attenzione alle sonorità locali. Troppe le concessioni all'evidente impronta cartolinesca (il carnevale per le strade, gli stacchi continui sui palazzi) per poter considerare l'opera davvero sincera, ma il desiderio di sperimentare un cinema libero dalle regole, indipendente e stralunato, con inquadrature talvolta persino ricercate, salva in parte il risultato ancorandolo al suo tempo e svelando con discrezione e senza invadenza alcuna l'orientamento ideologico di chi vi partecipa. Apprezzabile l'aver evitato i soliti equivoci derivati dalla scarsa comprensione della lingua.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 28/03/18 DAL DAVINOTTI
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Mco 21/07/19 23:33 - 2328 commenti

I gusti di Mco

Riondino dipinge il suo quadro di Cuba, tratteggiando i colori che l'isola regala. Il blu del mare si confonde con le tinte vivaci degli abiti della gente mentre le bianche case coloniali si reggono su mostrando le crepe dei tempi. Ci si perde tra le vie, i mercati e le danze tribali, ma soprattutto tra i sorrisi della gente. Chi insegue la felicità bevendo, chi girando un film, chi dietro una gonnella o ancora inseguendo un nuovo "Che". Aggraziato esempio di pellicola-cartolina, di quelle che fanno riflettere però. Iconico il sidecar.
MEMORABILE: Il santero che cita De Sica.

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  • Discussione Reeves • 23/06/23 19:02
    Segretario - 700 interventi
    David Riondino ha dichiarato a Hollywood Party che la storia l'aveva scritta assieme a Roberto Duiz, all'epoca giornalista del manifesto. In un secondo momento su indicazione del produttore Marco Poccioni che si era aggiunto al progetto entrò nella scrittura anche Francesco Bruni