Ci risiamo con i fan opprimenti e invadenti... Delphine Dayrieux (Seigner) è una scrittrice di successo che alla presentazione del suo ultimo libro incontra una sua fervente ammiratrice, Elle (in italiano tradotta con Lei, che starebbe per Leila, interpretata dalla Green). La conosce meglio, ci fa amicizia, s'incontrano a una festa e alla fine Lei, sfrattata di fresco, le chiede di poter essere ospitata offrendole in cambio una mano a uscire da una condizione mentale non delle più felici. Comincerà col gestirle la posta, continuerà col pressarla perché si concentri a scrivere il suo "libro nascosto", ovvero quello che dovrebbe riportarla ad affrontare seriamente il suo ruolo di autrice. Si finirà...Leggi tutto mani e piedi in una seconda parte sempre più kinghiana che dalla chiara citazione di MISERY passa a un colpo di scena finale che si riaggancia con altrettanta chiarezza a un altro lavoro del celebre scrittore portandoci a riconsiderare il tutto in quella chiave. Conta fortunatamente anche lo stile, però, e quello di Polanski non è certo qualsiasi: la crescente angoscia sviluppata dal film è naturalmente ben condotta, sorretta dall'interpretazione matura della Seigner e da quella (fin troppo caricata) della Green, che poco lascia alla mediazione per palesare invece da subito una contrapposizione forte e l'ansia opprimente di interventire attivamente nella vita della donna che la ospita. Ma non sembra esserci vero trasporto nella vicenda, perché il gioco delle parti su cui si fonda è già stravisto e Polanski non vi aggiunge nulla di particolare. Anzi, cita se stesso facendo fare a Lei suppergiù lo stesso mestiere dello Ewan McGregor di L'UOMO NELL'OMBRA (che nostalgia...), ovvero lo scrittore di biografie altrui. Come se il regista avesse riunito con Assayas gli spunti sul tema "autore in crisi" cercando di dare alle sue due star il materiale necessario per ridurre tutto a un confronto che escluda quasi del tutto il rapporto con terzi (il fidanzato di Delphine resta sullo sfondo). A lungo andare però Lei (e con Lei la Green) si fa esageratamente irritante e ingombrante e son solo il mestiere di Polanski e la refrattarietà della Green all'eccesso nella caratterizzazione (unita alla sua espressività mai banale) a mantenere su discreti livelli il film. Però si procede senza mai trovare un momento davvero memorabile e si chiude nell'anonimato con un colpo di scena telefonato cui manca oltretutto la forza di destabilizzare come avrebbe dovuto. Una sceneggiatura contaminata da una superficialità poco nelle corde di Polanski, il quale lavorando sulle attrici e gli ambienti cerca di recuperare. Fortunatamente la qualità nella messa in scena e la competenza registica permettono di seguire il tutto piacevolmente, pur se col rischio di distrarsi per la scarsa incisività della narrazione.
Un'ambigua storia di amicizia al femminile (ben delineata - seppur con qualche forzatura - dalla penna di un ben riconoscibile Assayas) che sfocia in una dolente battaglia Annie Wilks vs Paul Sheldon. Pur senza raggiungere i picchi del capolavoro di Reiner (dal quale sono ripresi numerosi elementi), anche a causa di una risoluzione sbrigativa e non del tutto appagante, il crescendo trasmette una tangibile carica di disagio e impotenza, ben supportata dalla regia di un Polanski in formissima e da due protagoniste eccellenti.
La bravura di Polanski è tale che riesce progressivamente a rendere coinvolgente e piacevole da seguire una storia che, sul piano dell'originalità, non ha molte frecce al suo arco, finale con colpo di scena (solo presunto: chi ha visto un paio di film nella sua vita, mangerà subito la foglia) compreso. Tutto già detto e scritto altrove, ma qui la discreta sceneggiatura (con poche forzature), la professionalità e la buona verve del polacco rendono il tutto di buon livello. Belle anche le prove delle due protagoniste che reggono praticamente sulle loro spalle quasi tutti il film.
Scrittrice di successo viene avvicinata da una sua ammiratrice che, con le buone o con le cattive, intende spingerla ad abbandonare i progetti in corso per scrivere il suo "libro segreto"...Amicizia (?) femminile in cui i ruoli di manipolata e manipolatrice sembrano interscambiabili, almeno prima di una virata minacciosamente kinghiana che, se non proprio originale, è però ben condotta e sostenuta dalla bravura delle due interpreti. Il colpo di scena finale, pur non incongruo con quanto visto in precedenza, sa invece di forzato e non convince, facendo perdere al film la palma dell'eccellenza.
Dirige Polanski e in certe scene del primo tempo si nota. La storia vede un progressivo restringimento del campo d'azione alle sole due attrici protagoniste, in un crescendo di perfidia e di morbosità che ricorda una certa Misery ma che non ne raggiunge la presa. Dialoghi scritti in modo elegante ma per la verità non tutto convince nel come evolve il loro rapporto. Tra le due attrici un filino meglio la Seigner.
Uscito abbastanza in sordina e non certo osannato dalla critica, l'ultimo film di Polanski in effetti difficilmente verrà mai ricordato tra i suoi lavori migliori. Non si può dire che sia noioso, a tratti intriga pure, ma la scintilla non scatta mai e il finale riesce al tempo stesso a non essere del tutto imprevedibile e a lasciare qualche conto in sospeso. Promosse a pieni voti, invece, le due protagoniste: bravissima la Seigner scrittrice in crisi di ispirazione, ma il fascino magnetico di Eva Green le ruba gradualmente la scena.
Un buon film di Polanski scritto insieme a Assayas che nonostante l'assenza di originalità e con l'ingombrante presenza di prevedibilità (si capisce sin da subito dove si vuol andare a parare) riesce abilmente a staccarsi dalla media. La regia del polacco è finemente elegante e regala inquadrature tipiche della propria poetica; quel quid in più è offerto gentilmente dalla ditta Seigner-Green, che ingaggia un duello a chi è più in parte. Scorrevolissimo, sorretto da buoni dialoghi e con un finale che lascia abbastanza soddisfatti.
MEMORABILE: L'incontro fra le protagonisti e la progressiva amicizia che si va a instaurare; Il rapporto fra la Seigner e Perez; Le lettere minatorie.
Scrittrice di successo viene avvicinata e manipolata da una fan. La fama e la voglia di impossessarsi dell’altrui talento vengono ben rappresentati nello sdoppiamento e nei sotterfugi per il dominio. Manca la componente malata di Misery e il crescendo del mistero. Qualche enfasi, specie con la Green, smorza la tensione invece di accrescerla (il frullatore rotto, la pagina Facebook). Meglio la Seigner nel suo ruolo dimesso. Doppiaggio a volte stucchevole.
MEMORABILE: La Green pettinata come la Seigner; L’incontro al benzinaio con la bibliotecaria.
La Seigner abbandona l'eccentricità della Venere in pelliccia e veste i panni d'una donna misurata e poco propensa al rischio, il ruolo dell'estrosa e stravagante stavolta tocca alla Green, motore degli eventi in questa storia morbosa, inquietante, in cui di nuovo Polanski gioca con lo scambio di ruoli, d'identità. Magari non tutto funziona al massimo (il profilo fake su Facebook lo si poteva sfruttare meglio) ma nel complesso siamo di fronte a un gran film, costruito con sapienza e che nel finale spiazza non poco.
Film che si regge sulla solida performance di Eva Green e su ambientazioni interessanti. Le pecche maggiori del film sono la prevedibilità e, fondamentalmente, la mancanza di un vero e proprio sviluppo nella trama, che sembra essere uguale a se stessa dall'inizio alla fine. La mano di Polanski si vede, anche se il più delle volte si ha l'impressione di assistere a una rivisitazione scialba e poco riuscita di temi da lui già ampiamente affrontati in film decisamente migliori.
Il soggetto, pur buono, è ampiamente derivativo e attinge forme e stilemi narrativi da tutta una serie di fonti illustri (le prime a venire in mente, in ordine di pervasività: Fight club per l'idea generale, Misery per il confronto centrale, Strade perdute per la chiaccherata-pretesto al party). Nessuna particolare sorpresa, dunque (il twist, come in Profondo rosso, può essere colto già dopo pochissimi minuti), ma un solido thriller d'autore, impreziosito dall'opprimente e un filo diabolica performance di Eva Green.
MEMORABILE: La prima (e già narrativamente decisiva) apparizione di Elle; Il finale, che costringe a chiedersi cosa abbiamo realmente visto.
Deludente film di Roman Polanski. Scontato, non ha nulla della morbosità promessa e si basa unicamente sulle stanche performance della Seigner e della Green. L'apice (in negativo) si raggiunge quando le due protagoniste si ritrovano nella casa di campagna. Passo falso incredibile e storia che non entusiasma mai, anzi annoia e risulta banale per ogni appassionato di cinema.
Nella vita di una scrittrice in crisi creativa entrerà una sua invadente e misteriosa ammiratrice che le cambierà, temporaneamente, le abitudini. Polanski dirige con la consueta eleganza e dopo una prima parte lenta si assiste a una seconda più interessante che conduce a un finale forse sbrigativo ma convincente. Ottima prova delle due interpreti.
C’è sempre molta raffinatezza nei film di Polanski, ma questo non è un viaggio meramente estetico (impattante, comunque, il rosso ricorrente, tratto distintivo iniziale della Green e finale della Seigner). È anche un percorso in crescendo di tensione e curiosità, supportato, soprattutto, da due brave interpreti, ove la Green emerge e sorprende dando al suo personaggio grande credibilità. Un viso angelico che diventa, improvvisamente, demoniaco; un corpo sottile e fragile che diventa violento e rude in pochi istanti. Un Misery tutto al femminile che non delude.
Polanski dirige con mestiere ed eleganza una storia ambigua che vede una scrittrice a corto di ispirazione e di vitalità confrontarsi con una pressante ammiratrice, Lei. Purtroppo siamo di fronte a un tema non certamente nuovo, in stile teatral-letterario, che si perde nel giochino dei dettagli e degli indizi e in una sceneggiatura troppo verbosa. Anche i continui battibecchi tra le due donne sembrano un diversivo programmato per dare una tinta noir all'insieme, che però non avvince. Molto valide le attrici nel tratteggiare l'ambivalenza e l'equivoco.
Lo spunto iniziale non può non far pensare a Misery, ma ben presto ci si accorge di non essere di fronte a un thriller bensì a un noioso dramma esistenziale che a tratti echeggia Repulsione scorrendo lentamente nella vana attesa di un qualcosa che non succederà mai. Il confronto ristretto tra due differenti personalità in un luogo circoscritto è tipico dell’ultimo Polanski, ma in questo caso manca d’intensità. Molto invecchiata, la Seigner non replica la grande prova della Venere in pelliccia (quello si un bel film sul connubio arte-vita).
MEMORABILE: La caduta dalle scale; La caduta notturna nel fossato sotto la pioggia battente; La presunta sostituzione di Delphine all’incontro scolastico.
E alla fine anche Polanski, maestro del genere, finì per scivolare su quella gigantesca buccia di banana chiamata thriller-psicologico: se non si azzeccano le atmosfere come al terzo piano, se manca del tutto una lunare inquietudine erotico-sensuale, si finisce per navigare in una storia stravista in cui la tensione si allenta come l'elastico di una vecchia mutanda. Pur forte di una dignità cinematografica che altri registi si sognano e di due brave attrici, stavolta Roman non imbocca la strada giusta e finisce (e lo si dice a malincuore) per annoiare.
Dapprima stordisce e rattrista nella sua nichilista esemplare succedaneità, poi si resta vischiosamente inchiodati alla visione, confermando Polanski nella sua ultima natura di "metteur en scene" (in)controvertibilmente perturbante. Certamente resta qualcosa di vaporosamente spurio nello script a due mani con Assayas e ci si può amenamente baloccare a riflettere se prevalga l'intellettualistica riformulazione della contemporaneità del regista francese o il cinismo radicale del perfido polacco. Criptico e paradigmatico con Green Seigner sugli scudi.
Polanski riesce sempre a rendere la visione intrigante, anche quando, come in questo caso, la sceneggiatura si rivela criptica e inverosimile. Alla fine tutto si spiega, anche se restano non poche perplessità. Le due attrici Seigner e Green reggono bene la scena, compensandosi abilmente e riuscendo nell'intento di generare nello spettatore una crescente inquietudine.
Una storia di nervi, intrecci pericolosi, scambi misteriosi e di un rapporto scrittore/fan ai limiti del possessivo/ossessivo, ben scritta e diretta da Polanski e interpretata intensamente dalla Seigner assieme alla Green, tutte e due in splendida forma attoriale. Nonostante qualche lungaggine di troppo, il regista riesce a mostrarci con la solita maestria una tensione che fino al finale lascia qualcosa dentro, che forse mai verrà compensato realmente, in un turbinio meta-letterario più che tormentato. Non male.
L’attitudine di Polanski per le pellicole a sfondo psicologico consente di sentire sulla pelle l’ansia del rapporto malato tra la Seigner e una Green splendidamente in parte. Qualche dubbio, invece, nasce sulla credibilità della relazione che si instaura tra le due protagoniste, caratterizzato dalle decisioni e situazioni abbastanza inusuali che si vengono a creare. L’epilogo, poi, arriva improvviso e spiazza, anche se un’interpretazione più ampia potrebbe far intendere di aver visto qualcosa di diverso. Particolare non da poco, per dare una sterzata a uno scritto prevedibile.
Il fan n.1 che crede di essere il figlio nato prima del padre, sovrascrive l'idolo vacillante, per farlo vacillare ancor di più e sostituirsi a lui. Se la mente vola da Mankiewicz a Reiner (ma in zona regale, si concretizzano in termini terreni anche La metà oscura e Secret window) è perché non siamo che alla poco variata ricombinazione di un tema vecchio quanto l'arte secondo il sacro Roman impero, ormai declinatosi nelle incursioni del doppio (Venere, l'ombra). Quanto a relazioni pericolose Polanski aveva già impietosamente dato il massimo, del quale serve qui i riscaldati avanzi.
Tratto da un romanzo di Dolphine de Vigan: una scrittrice instaura un rapporto alquanto morboso con una sua fan. Notevole thriller a carattere psicologico. Certo, la prevedibilità non manca, ma l'inquietudine che trasmette la storia paradossalmente intrattiene. Non siamo ai livelli del miglior Polanski, ma questa pellicola non può non essere apprezzata e menzionata dagli amanti del genere.
Non ci sono grosse innovazioni a livello di trama: una scrittrice viene avvicinata da una fan; nascerà un rapporto che creerà più di un problema. La mano di Polanski però si sente: il regista riesce a creare un'atmosfera angosciante che tiene avvinto lo spettatore fino all'ultima sequenza. Buone le interpretazioni (bravissima la Seigner a donare al suo personaggio tutte le inquietudini del caso) e molto bella la fotografia. Non tra i capolavori del regista, ma sicuramente un film interessante e ben realizzato. Chi ama Polanski dovrebbe vederlo.
Adrienne, scrittrice di successo parigina, a una sofisticata presentazione del suo libro conosce una donna, Elle. Elle si presenta come una grande fan della scrittrice e man mano prende sempre più spazio nella sua vita anche perché il compagno di Adriennne, un giornalista di successo che si occupa di letteratura, è sempre lontano e i figli sono assenti. Ottima regia, fotografia, ambienti molto accurati, intonatissimo il commento musicale, buona la riflessione sulla fama, i social media e il tema del doppio junghiano. Peccato la sceneggiatura un po' scontata nella seconda parte.
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HomevideoRocchiola • 23/09/19 11:44 Call center Davinotti - 1255 interventi
Diponibile in bluray e DVD01 Distribution-Rai Cinema. Immagine nel correwtto formato panoramico perfetta, mentre l'audio in DTS 5.1 è invece meno brillante del previsto, sicuramente troppo basso.