Il codardo - Film (1965)

In panne con l'auto, giovane sceneggiatore è ospitato da un coltivatore di tè la cui moglie scoprirà esser una sua vecchia conoscenza. Meno "disteso" e strutturalmente complesso di The big city e La moglie sola, "Il codardo" contiene nei suoi 67 minuti una potente dose di claustrofobica amarezza. L'agguato che il destino tende allo scrittore emergente, presentandogli il conto di un'ipocrita acquiescenza giovanile, si concretizza progressivamente in una sconfitta definitiva. La regia di Ray è di morbida sapienza, da rimpianto crudele la bellezza della Mukheriee.

All'introverso sceneggiatore Roy (Chatterjee) si rompe la macchina nel bel mezzo della campagna indiana. A soccorrerlo, inaspettatamente, è il ricco latifondiere Gupta (Bandopadhyay), la cui giovane e bellissima moglie Karuna (Mukherjee) è una vecchia conoscenza di Roy... Asciutto e affilato nel racconto non meno che nel minutaggio, il film di Ray, scontornato da un superbo b/n, è una riflessione moderna sulle conseguenze che gli errori della giovinezza possono innescare in età adulta. Funziona benissimo l'amalgama tra Chatterjee, pensoso e disperato, e l'abbagliante Mukherjee.

Affilata pellicola diretta da Ray che mette crudelmente il protagonista dinanzi alle conseguenze del suo passato in cui si è macchiato di vigliaccheria. Il tempo del racconto è breve: una manciata di ore sintetizzate in poco meno di settanta minuti di pellicola che raggiungono notevoli picchi di intensità emotiva. Rispetto ad altre prove del regista indiano, qui le vicende private, per quando possano avere una valenza universale, hanno meno intenti sociologici. Notevoli le prove dei tre protagonisti. Abbagliante la bellezza della Mukheriee. Spietato, il bellissimo epilogo.