Eccentrico e kitshissimo "witch movie" femminista (che più femminista non si può), impreziosito da scenografie popissime e sfavillanti (la casa di Elaine zeppa di chincaglierie stregonesche di intrugli e dipinti macabro/sessuali, la sala da thè vittoriana con tanto di biondissima e celestiale arpista), da una fotografia saturissima che rimanda al technicolor degli anni '50, da pizzi e merletti, lingerie usciti direttamente dagli anni '60.
La Biller il talento visivo c'è l'ha (notevole l'incipit sui titoli di testa vintage settantiani e Elaine che guida la macchina "hitchcokianamente" come Uma Thurman in
Kill Bill 2 o come le antieroine di Jess Franco-la Robinson ha più di un punto in comune con il fascino accorato Soledad Miranda-) usando escamotage tarantiniani (la colonna sonora composta con pezzi del nostro cinema di genere e non sulle note morriconiane) imprimendo uno stile prettamente femmineo che si stampa sulla pellicola (tutto è uterino e muliebre), sino ai richiami di certo cinema stregonesco settantiano (dai più celebri agli z movie), spizzichi di
The Wicker man (il sole ridente sullo stendardo, i riti semipagani intorno al cerchio fatto di pietre) e cerimoniali messe nere che hanno il sapore di certo cinema franchiano (gli adepti e le adepte in nudi integrali)
Tra commedia macabra e horror (sfiorato più volte, nel suicidio nella vasca da bagno, alle visioni di morte di Elaine, nella sanguinosa pugnalata finale sul letto che sembra quella del finale di
Martin), sprazzi surreali e acidità da soap opera, la caramellosità che nasconde l'inquietudine come ne
La fabbrica delle mogli, la patina bric-à-brac che cela decomposizioni (i vermi e le mosche sulle bistecche marcite), fino al tentato stupro di gruppo di Elaine nel bar (
Brucia strega, brucia), la Biller si balocca in intrugli di pozioni d'amore, occultamenti di cadavere, primissimi piani franchiani (o fulciani) sullo sguardo di Elaine (o sulla bocca), filtri colorati e psichedelici , echi alle varie protagoniste dei thriller nostrani settantiani, macchie di sangue mestruale che imbrattano il divano, squisiti miscugli "magici" preparati con l'urina e il tampax usato della protagonista, gli uomini che sono una massa di imbecilli e cadono vittime della malie di Elaine e dei suoi pastrocchi incantati, pentacoli, bamboline voodoo, pasticcini, torte al cioccolato e pozioni d'amore che funzionano poco, sortendo l'effetto contrario.
Non particolarmente bella ma bravissima Samantha Robinson, con quel volto e quelle mise fermi agli anni 60 (che si prodiga in streaptease da urlo che manco Sophia Loren in
Ieri, oggi, domani, mostrando un fisico da pin up avvolto in guepiere, corsetti e bustini, con le mutandine e le calze prontamente annusate dal bamboccio di turno, preda del suo fascino e del suo incantesimo amoroso) che con la sua mesta e triste aurea stregonesca dell'amore ricercato ossessivamente ammanta tutto il film.
Notevole Laura Waddell , amica di Elaine, che entra furtivamente nella magione della strega, provandosi i suoi vestiti, il suo intimo, i suoi trucchi e le sue parrucche, fino a spiacevoli sorprese...
Non tutto fila via liscio (la pagliaccesca festa nuziale medievale, tra fintissimi unicorni, giullari, menestrelli che strimpellano canzoni inascoltabili e rappresentazioni teatrali di duelli e dame dura fin troppo che sembra una bislacca parodia di Medioevonia del
Mondo dei robot), ma la vitalità, l'originalità, le pene d'amore della streghetta che lega a sè gli uomini con olezzosi beveroni stregati e non gliene và dritta una e lo stile popissimo e squisitamente vintage della sua regista (a volte sfiorando la stucchevolezza) rendono piacevole e frizzante la visione.
Un pò il sentore di voler essere un piccolo cult a tutti i costi non inficia il risultato dell'operazione, in questo "burlesque" zuccheroso che sembra un Tim Burton in gonnella, un
Vita da strega (amorosa e poco fortunata) inzuppato di LSD sessantiana e glamour tutto rosa shocking.
Degne di nota le scelte estetiche della Biller minuziose fino all'ultimo dettaglio, dove tutti gli attori e le attrici (soprattutto) hanno il look e la fisionomia propria degli anni 60/70, il tutto avvolto in echi da oggetto di culto queer.
Per la Biller il futuro, come il passato, è smaccatamente donna, che sia strega o semplicemente una romantica psicopatica fino all'eccesso.
Bellissime le bionde e eteree gemelline Estrella e Luna e il loro numero sul palco del locale.
Merita una visione anche solo per la sua ostentata bizzarria, ma con riserve.