Uno di quei film dove sembra non vi sia una parola fuori posto. Un film di sceneggiatura (dello stesso regista Denys Arcand) e di attori diretti magnificamente, un approccio al cinema tipicamente europeo e maturo, con una storia da raccontare che altro non è che quella di un malato terminale (Remy Girard, davvero straordinario) al cui capezzale accorrono il figlio capitalista e la moglie, tradita consapevole negli anni da un marito incapace di resistere al fascino femminile. Questi, cinico e dissoluto come pochi, apparentemente egoista e burbero, comincerà a riprendere contatti con i vecchi amici e il figlio stabilendo con loro un rapporto di sincero affetto, pur se condizionato dalla triste condizione...Leggi tutto ospedaliera. E per combattere il dolore che avanza, il figlio incaricherà una giovane tossicomane (Marie-Josée Croze, altra interpretazione perfetta), figlia di una delle tante amanti del padre, di somministrargli eroina e di accudirlo. Ne nascerà un nuovo rapporto fatto di considerazioni amare sulla vita, di confessioni profonde. Apprezzabile come in un film dallo sfondo così cupo Arcand riesca a instillare tocchi ironici non indifferenti contribuendo a una completezza narrativa davvero non comune. Qualche scena e qualche dissolvenza di troppo ci sono, ma nel complesso il ritratto psicologico del protagonista è centrato e realistico in ogni sua sfaccettatura, così come lo è quello del figlio yuppie, al quale vengono evitate le banalità a cui vanno sovente incontro personaggi tanto a rischio stereotipo come il suo. Commovente fino in fondo, è la prosecuzione ideale del DECLINO DELL’IMPERO AMERICANO.
Seguito ideologico de "Il declino dell'impero americano", Le invasioni barbariche è uno dei più bei film che mi è capitato di vedere negli ultimi anni. Ogni parola è di troppo per descrivere questo piccolo gioiello di Denys Arcand. Dialoghi magnifici, sempre perfetti e mai superflui. Un'America vista dagli occhi di un malato terminale di cancro che deve affrontare l'orda barbarica delle nuove generazioni. Capolavoro assoluto.
Seguito ideale del bel primo film del regista (Il declino dell'impero americano), si riallaccia al precedente in quanto continua ed approfondisce la riflessione sulla decadenza morale della società occidentale (americana ma non solo). Il regista adotta un'equilibrata commistione tra commedia e dramma (il protagonista è un malato terminale) ed utilizza un'ottima sceneggiatura che ha nei dialoghi i suoi punti di forza. Molto bravi gli attori.
Una volta tanto posso dirlo senza il timore di sembrare pretenzioso: finalmente un film elegante, ironico, finemente ed onestamente intellettuale, che scherza (molto seriamente) con i santi e suona il requiem per l'ideologia occidentale. Il tutto senza rinunciare alla pietas verso i suoi protagonisti, né trarre conclusioni affrettate. Uno di quei pochi film in cui i personaggi vengono caratterizzati con tratti forti, ma senza stereotipi né pregiudizi. Uno dei migliori film della decade appena trascorsa.
MEMORABILE: Il protagonista che rinfaccia all'infermiera religiosa le nefandezze compiute nei secoli dalla chiesa cattolica.
Perfettamente in bilico tra dramma e commedia, Arcand riesce con grande bravura e sobrietà a confezionare una pellicola davvero riuscita che oltre a divertire (seppure
in maniera molto amara) raggiunge a tratti una forte intensità senza mai cadere nel
patetico o nel sensazionale, sebbene il tema trattato (l'eutanasia) vi potesse dare adito. Riuscito, coraggioso e purtroppo sempre più attuale.
Scontri ideologici e generazionali tra genitori e figli, immigrazione e identità nazionale, smottamenti post 11 settembre, "stupefacenti" alternative all'accanimento terapeutico ed eutanasia, secolarizzazione della Chiesa, reviviscenza della memoria e degli affetti: dire "molta carne al fuoco" è dire poco. Dalla brace Arcand sforna finezze e convenzioni, poesia e banalità, ma il fine è nobile e centrato: conferire densità umana e spessore culturale alle sue donne e ai suoi uomini. Allora "melius abundare quam deficere". Straordinario Remy Girard: il suo addio alla vita non si dimentica.
Film meraviglioso. Affronta gli argomenti più delicati senza mai trascendere nel banale o nello scontato. Oltre al discusso tema dell'eutanasia, mi ha colpito come Remy si circondi fino alla fine di un'elite "intellettualoide" che fa citazioni importanti, ricorda opere fondamentali, si confronta su temi scottanti, probabilmente ultimo baluardo di una cultura che si va lentamente perdendo. Sebastien è la testa d'ariete dell'"invasione barbarica" che chiude la parentesi di vita del proprio padre.
Professore malato terminale vive i suoi ultimi giorni circondato da parenti ed amici, nella agiatezza e serenità garantite dalla ricchezza del figlio che pure col suo pragmatismo aveva deluso le aspettative paterne. Film lineare nel suo svolgimento quanto complesso per i temi affrontati, quali il diritto alla "dolce morte", la fine delle ideologie, il contrasto intergenerazionale. Temi impegnativi affrontati con rigore, senza ricatti sentimentali, in un modo che non dà risposte ma suscita interrogativi. Film tra i più importanti della decade.
MEMORABILE: Gli studenti pagati dal figlio perché facciano visita al loro professore malato - episodio che mi ha lasciato una sensazione di grande tristezza
Commedia nera premiata con l'Oscar come miglior film straniero 2004. Premio eccessivo. Il film è molto verboso, con dialoghi lunghi e sconnessi. Piacevole da vedere ma a tratti si ha l'idea di essere davanti a un minestrone con molti temi, anche importanti e duri, affrontati superficialmente e "tanto per parlarne". Buona le recitazione.
Dopo la fine dell'impero, l'invasione dei barbari. La piccola apocalisse (un malato terminale al cui capezzale accorrono gli amici) e la grande apocalisse: l’umanità contemporanea, dove si mescolano sentimenti sinceri e comportamenti deformati, il crepuscolo della civiltà attraverso l’espressione degli affetti. È il caos odierno, descritto con mano felice, mescolando leggerezza e profondità in una struttura narrativa cristallina, quasi elementare, nella quale incastonare temi sensibili, dialoghi, situazioni e personaggi folgoranti. Interrogativi epocali spalancati sulle nostre incertezze.
Un tema così delicato come l'eutanasia non è facile da rappresentare neppure al cinema. Arcand riesce a sbatterti in faccia l'argomento facendoti riflettere su un momento che la nostra mente cerca costantemente di allontanare dai propri pensieri. Tra citazioni, paure e risate insieme agli amici e a i propri cari si arriva al triste momento con la consapevolezza di aver lasciato qualcosa dietro di sé e dentro agli altri. Affiatatissimo il cast. Un gran film che merita di essere visto e rivisto.
Al cospetto di Remy, malato terminale, si ritrovano tutti gli affetti del protagonista, parenti e amici intimi con i quali l'uomo ha condiviso in passato passioni ed entusiasmo, con grande amore per la vita. Film corale, basato su dialoghi fitti ed eruditi, di impostazione teatrale. Gli inevitabili rimpianti e la tristezza personale si mescolano alla amarezza e alla disillusione anche in campo sociopolitico. Contesto triste, ma emerge con forza l'importanza di lasciare un segno del proprio passaggio e di credere in quello che si fa.
MEMORABILE: Gli amici, nella villa sul lago, elencano a turno con ritmo incalzante tutti gli "ismi" a cui si appassionarono di volta in volta in passato.
Fine della vita e fine delle ideologie si intersecano in un racconto corale dolceamaro, non particolarmente originale ma dalla sceneggiatura ben scritta, logorroica quanto basta e che sa toccare delicatamente i suoi personaggi. Non si scende mai in patetismi, nonostante la presenza di una malattia terminale, anzi il tono è vivace e c'è brillantezza in regia e dialoghi. Intellettualoide a tratti e quindi non per tutti, ma riuscito.
Malato terminale viene accudito da familiari e amici. Un inno alla vita e alla consapevolezza di morire con dialoghi pieni di sostanza e colti. Anche l'intavolare l'eutanasia senza sofismi rende il quadro pieno di significato. Le pecche sono il figlio che coi soldi ottiene tutto (specie in ospedale), le infermiere che iniettano eroina e la figura al limite del paterno del poliziotto. Cast ben scelto sul lato amicale che abbassa i toni drammatici dando brillantezza ai discorsi.
MEMORABILE: Gli studenti pagati; Le attrici famose; Il metadone in farmacia; Gli "ismi".
Storia di natura esistenziale in cui un professore malato si ritrova nei suoi ultimi giorni di vita con parenti e amici. Denys Arcand affronta a suo modo un tema più che serio (l'eutanasia) senza mai cadere nel banale e soprattutto nel pietismo. Toccante ma non troppo. Forzato sembra essere il personaggio della figlia: non convince appieno. Premiato agli Awards come miglior film straniero.
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Scusate, ma a rigore questo non è il sequel di "Il declino dell'impero americano"? Attori e personaggi sono gli stessi a distanza di quasi vent'anni, e il rapporto tra i due film è evidente (a cominciare dal titolo: dopo il declino dell'impero arrivano le invasioni barbariche). Secondo me va segnalato che si tratta di un sequel: è talmente evidente!
DiscussioneZender • 15/06/13 16:08 Capo scrivano - 47770 interventi
Ma allora anche "L'età barbarica"? Nel declino è segnalato che fa parte della "trilogia", evidentemente non era chiaro che lo si potesse definire esattamente un sequel.
"L'età barbarica" non l'ho ancora visto. Anch'io credevo fosse solo una trilogia, ma invece tornano proprio gli stessi personaggi a distanza di anni, quindi - tecnicamente - "Le invasioni barbariche" è un sequel di "Il declino dell'impero americano". Intanto si possono indicare questi due, poi se qualcuno che ha visto "L'età barbarica" ce lo conferma, si inserisce anche l'altro come sequel. O quando riuscirò a vederlo.
Spero di non sbagliare: questo film è il sequel de "Il declino dell'impero americano" e contiene gli stessi personaggi, mentre ne "L'età barbarica" i personaggi sono differenti anche se il film è generalmente considerato il capitolo conclusivo della trilogia.
I personaggi de L'età barbarica sono differenti da quelli degli altri due film.
DiscussioneRaremirko • 12/09/13 14:55 Call center Davinotti - 3862 interventi
Negli extra del dvd, nell'ultimo minuto della rassegna stampa con regista e attori, c'è pure spazio per una critica a Berlusconi, al solito ritratto male.
CuriositàRaremirko • 12/09/13 14:56 Call center Davinotti - 3862 interventi
Il regista Arcand voleva realizzare un film su di una persona che sta per affrontare la morte da almeno 20 anni.