Il cannibale metropolitano - Film (1992)

Secondo e ultimo lungometraggio in regia per l'effettista Walas, qui impegnato in una commedia horror molto '90s veramente godibile. L'uomo perseguitato da un villain (in questo caso un disgustoso barbone) che lo fa incolpare di vari omicidi non è certo un'idea troppo nuova (The hitcher, tra gli altri) ma qui è svolta con brio e gran ritmo; la produzione MGM assicura una confezione dal budget più alto della media e un valido cast, valorizzati da uno script sagace e buoni SPFX splatter. Peccato che Walas non abbia proseguito nella regia...

Appetitoso. Il cerebrale duello rusticano tra l’impiegato paranoico alla ricerca di una vita modello e il sudicio barbone dalle mani pustolose passa brillantemente dall'home invasion ante litteram al road movie vagabondo, accentra l’escalation e intrepido si evolve non perdendo mai in qualità. Si sarebbe potuta azzardare qualche trovata più orrorifica ma sul fronte commedia non c’è proprio da lamentarsi, graditi e nodali Ironside e Colleen Camp. Dimenticatoio, togligli le catene.

Curioso horror psicologico virato alla black comedy, che nella seconda parte prende pure la via del thriller on the road à la The hitcher. Il barbone omicida impersona perfettamente il senso di disgusto e di paura paranoide che il ceto medio (come l'ambizioso impiegato Paxton) prova nei confronti dell'indigenza, una signora Ganush di Drag me to hell ante-litteram. Non del tutto convincente (il ritmo un po' monotono, il finale non proprio indovinato), ma godibile e con qualche perla di black humour degna di nota. Ci si può dare un'occhiata.

Prodotto da Mel Brooks, il secondo film dell'effettista Walas (dopo La mosca 2) prende in giro il modo in cui gli yuppie perbenisti vedono i poveri, allestendo una storia kafkiana giocata sull'ambiguità: il barbone esiste o è una proiezione di Graham? Ce lo chiederemo fino al climax, in cui la spiegazione non delude ed è seguita da una resa dei conti e da un finale aperto degni degli slasher “seri”. Per chi ama l'horror comedy alla John Landis.

Il truce titolo italiano fa pensare a qualcosa di diverso, specie se lo si incrocia con l'originale: barboni cannibali, tipo quelli che Argento avrebbe voluto portare sullo schermo due lustri prima con "Oltre la morte", poi mai venuto alla luce? Niente di tutto ciò: un barbone lo vediamo davvero, ma è una presenza metaforica che incarna la paura della decadenza socioeconomica concretizzatasi purtroppo in capo ad un decennio. Walas, effettista prestato alla regia, dirige indeciso un quasi-slasher venato di humor (coproduce Mel Brooks), che appare premonitore, bizzarro e imperfetto.