I giorni della chimera - Film (1975)

Ambizioso quanto velleitario dramma di Franco Corona che promuove il valido caratterista Renato Scarpa a protagonista facendogli interpretare il ruolo di Angelo Querini, un impiegato che per qualche giorno sogna d'essere un conte vivendo come se lo fosse (da cui la chimera del titolo). Raggiunta una sorta di grande albergo posto in un'oasi turistica chiamata “Natura viva” per incontrarvi una ragazza che aveva conosciuto in precedenza, a causa del cognome viene scambiato da un marchese per il proprietario dell'attigua Villa Querini-Stacchi, disabitata da tempo. Approfittando fino in fondo della coincidenza, Angelo si presenta come conte Querini Stacchi ricevendo ospitalità dal gruppo di “Natura...Leggi tutto viva”, guidato dai due fratelli marchesi e dal loro socio Berto (Bucci). Nella loro tenuta stanno poi anche due “hostess” (una è la splendida Laura Belli) e Francesca (Pignatelli), la receptionist di questa sorta di grande agriturismo. Invitato a passare la serata con loro, Angelo entra nella parte, finge di ricordare i genitori fucilati dai tedeschi (particolare riportato sulla tomba della “sua” villa) e per sollevare gli animi organizza uno “psicodramma”, un gioco di scambio delle parti che finisce presto in zuffa. Il film procede così, tra piccoli scorni tra i fratelli e Berto, tra Francesca e un'altra ragazza, tra gente che non sa bene come far passare il tempo. In una cornice bucolica di un certo fascino (il parco è in realtà quello zoologico di Thoiry, in Francia ma a due passi da Ginevra) le storie che s'incrociano lasciano il tempo che trovano, indovinando di rado qualche dialogo, più spesso perdendosi in lungaggini di scarso interesse (si veda la nottata alla villa Querini, col tentativo del gruppo di ricostruire il momento della fucilazione dei presunti genitori di Angelo) e proseguendo senza nemmeno troppo poter contare sul cast. Se l'opera è decisamente corale, infatti (per quanto sia al centro della vicenda, Scarpa non trova mai lo spazio per imporsi davvero), non si può certo dire che le performance attoriali del gruppo lascino il segno. Tanto è vero che alla fin fine le scene che più colpiscono sono quelle che mostrano cani da caccia avventarsi in primo piano su una povera lepre divorata seduta stante o quelle dei fagiani impallinati dai cacciatori in sequenze che non lasciano nulla all'immaginazione e che provocheranno il rigetto al povero Angelo, poco avvezzo alla cosa. Poi certo, immancabile arriva la svolta drammatica, ma è talmente raffazzonata e senza un vero perché da lasciare interdetti, con un finale privo di vero senso che chiude un film salvato in parte solo dalle citate location e dalle buone musiche d'atmosfera (ad opera della CAM edizioni musicali, senza un autore a firmarle). Sommariamente indigesto, mal assemblato e di dubbio interesse...

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