Le svedesi - Film (1960)

Affascinati dalla bellezza e dal comportamento spregiudicato delle ragazze che occupano un pullman venuto da Stoccolma, tre italiani partono per la capitale svedese sognando di conquistarne le donne e vendere tre milioni in camicie che fan passare di contrabbando in nave. Come già possiamo immaginare (e come lo stesso regista ribadirà tre anni più tardi nel DIAVOLO, con Alberto Sordi, film che molto deve a questo), avvicinare e portarsi a letto le bionde vichinghe si rivelerà meno facile del previsto. Dopo una prima parte in cui vengono a contatto con le usanze del Paese accorgendosi che senza sapere la lingua e dominando ben poco pure l'inglese...Leggi tutto non è facile comprendere ciò che accade loro intorno, i tre conoscono Alberto (Carotenuto), un romano convertitosi alla vita nordica che li ospita nella loro casa dove già staziona il suo socio, una sorta di esule cubano in perfetto look castrista (Murgia!). Prima la serata al locale dove le donne invitano gli uomini a ballare (meraviglia!), quindi i primi approcci e finalmente anche gli italiani sembran trovare la compagnia femminile in cui speravano: Fabrizio (Fabrizi) s'innamora perdutamente di un'austera vigilessa che parla un po' d'italiano, Peppino (Interlenghi) accompagna fino a casa (quattro ore d'auto!) una splendida ragazza che non riesce a capire e con cui di conseguenza fatica terribilmente a comunicare e Alessio (Trieste) decide di pagare "una di quelle" pur di concludere (ma visti i soliti problemi di lingua l'equivoco è ovviamente dietro l'angolo). In una Stoccolma estiva ben ripresa Polidoro racconta le misere storielle – prima di gruppo, poi singole – dei tre amici, illusi come tanti nostri connazionali del tempo dalle mille dicerie sull'emancipazione delle femmine in Svezia (Fabrizio legge da un libro: "Sono generalmente alte e bellissime... anche nei climi più rigidi praticano il bagno nude nella neve... in qualunque albergo basta premere un bottone e una cameriera prontamente verrà a lavarvi la schiena"). I timidi e goffi approcci, le difficoltà nell'esprimere i sentimenti, l'incredulità di fronte alle effettive differenze culturali originano un'ambiguità negli incontri che dovrebbe portare al sorriso; in realtà non siamo nell'ambito della commedia necessariamente comica e i tre ex-Vitelloni - un po' più cresciutelli - continuano a interpretare parti spesso malinconiche, con punte vicine alla depressione. E' più spassoso Mario Carotenuto che, dopo aver magnificato l'amore degli svedesi per la natura e gli animali, si avvicina all'anatra di un laghetto e dopo un veloce sguardo circospetto le tira il collo mettendosela in borsa; vive con una moglie che se ne esce con un amico lasciando lui solo a casa, sembra il grande amicone ma sappiamo tutti che punta solo ai propri vantaggi. Le vicende si seguono senza troppo interesse (Trieste è forse il più divertente nella serata con la presunta prostituta), ma dal punto di vista documentaristico il film è una bella porta aperta su un mondo all'epoca lontano che il cinema ha il potere di illustrare attraverso un bel bianco e nero e scorci di un certo fascino.

Chiudi