Libera parodia dei Bond movies (chiaramente il nome del dottore interpretato da Price fa riferimento a quel Goldfinger fresco trionfatore nei cinema), ne rappresenta un'allegra rilettura in chiave quasi pop, con il celebre cantante Frankie Avalon nel ruolo di agente segreto combinaguai alle prese con frequenti gag slapstick che all'occhio moderno fanno al massimo tenerezza. E' lui ad innamorarsi perdutamente di una delle donne robot del dr. Goldfoot (Price, non nuovo in quegli anni a gigioneggiamenti grotteschi, vedi I MAGHI DEL TERRORE), chiamato così...Leggi tutto per le sue buffe calzature dorate visibili soprattutto nei titoli di testa (musicati dalle Supremes!). Vive in una sorta di laboratorio/antro delle torture che esibirà nel lungo pre-finale ai suoi ospiti trasformandosi in una sorta di Grande Inquisitore e omaggiando il ciclo cormaniano di Poe (piazza una delle sue vittime sotto la lama del “pozzo e il pendolo”). Una spassosa parentesi che però poco c'entra col resto del film, in cui lo vediamo istruire le ragazze-robot prodotte nella cosiddetta “bikini machine” che si aggirano nel laboratorio seminude assieme al servo Igor (Mullaney), regolarmente rimproverato e maltrattato per la sua stupidità. Il progetto è semplice: spedire le belle creature – comandate a distanza - a sposare uomini facoltosi per ottenere i loro denari. Le ragazze, spesso senza nome e chiamate per numero, fanno gli occhi dolci con le prede designate e le catturano, ma quella che seguiamo è solo la “11”, Diane (Hart), la quale dapprima sbaglia obiettivo concupendo un agente segreto (Avalon), quindi devia su quello corretto (Hickman) seducendolo con facilità. Goldfoot e Igor sorvegliano tutto da uno schermo in laboratorio mentre gli attori si muovono per una San Francisco ripresa con gusto e percorsa a lungo in un folle e interminabile inseguimento sul quale si chiuderà (o quasi) il film. Più “weird” che divertente, il film di Taurog vale per la performance di Price e poco altro, giacché le gag da comica muta del sovreccitato Avalon e Fred Clark alla sede dei servizi segreti non possono che apparire ingenue, oggi, e la ripetitività della situazione, con la Hart che passa dalle effusioni agli improvvisi “blocchi” quando viene richiamata a distanza da Goldfoot, non aiuta. Altri tempi anche nel look delle modelle che escono dalla bikini machine, con costumini flosci e fisici meno guizzanti di quelli a cui ci abitua il cinema adesso. Comicità alla buona insomma, perdonabile allora, oggi difficilmente digeribile.