Cravioto stupisce, per una presa di maturità registica che ti lascia senza fiato (basti per tutte la sequenza peckinphaniana nel prefinale, con sottofondo la canzone ispanica "Herida de amor", mix struggente tra rivalsa, liberazione e poesia) e che corre a 200 all'ora come un tir impazzito
La fuga iniziale , il "gioco sawaniano" di trovare le case degli orrori e liberare le vittime (ma attenzione, non tutte vogliono essere salvate, non la nera che và a infilzarsi come Luciano Rossi in
Napoli Violenta o la bionda/bondage-con copricapo alla
Saw-che impazzisce e diventa una belva "
Vuole prendere il tuo posto!"), al ribaltamento vittima/carnefice (notevole Phil/Richard Tyson ridotto a un punchball di sangue rappreso), alle sparatorie splatter così scorsesiane e distanti anni luce dalle estetiche wooniane (i due laidi aguzzini "giustiziati" nella casa), ai zozzi nascondigli e ai cessosi bugigattoli dove sono prigioniere le schiave del sesso, alla corsa notturna salvifica che non lascia un attimo di respiro
Eve (un'intensa Tina Ivlev), nuovo angelo della vendetta, animale femmineo ferito e implacabile (sempre pistola alla mano), ricoperta di sangue, nemesi furente e sull'orlo del tracollo psicologico, figura "giustiziatrice" che rappresenta la donna offesa, abusata, umiliata che rivendica la sua libertà a suon di sevizie e condanne a morte (il mio tifo forsennato durante la visione era alle stelle, ogni qual volta Eve puntava la pistola contro i suoi carnefici io incitavo "Spara, falle saltare il cervello!" e l'appagamento era quasi estasiatico)
Forse le vere sorprese (la penultima e l'ultima casa) non erano poi così sorprese (esempio: dai filmini amatoriali romanticheggianti nei flashback, già si capisce chi era chi intortava le ragazze per poi farle rapire dall'organizzazzione della tratta delle bianche) e anche il twist finale (comunque bellissima la chiusa) non era poi così twist
La schifosa fauna maschile non può non far venire alla mente gli immondi trafficanti di morte e sesso di
8mm o di
Shuttle (di cui
Reversal ne sembra un -im-possibile continuo se non l'antitesi)
Cravioto spezza il racconto con stop-frame e flashforward, ralenti, continui e improvvisi ribaltamenti di ruoli, e immerge il tutto in una fotografia sporca settantiana (spesso) e quasi argentiana (alcuni interni delle case) così abilmente orchestrata da Byron Werner (notevole pure l'inizio, con il furgone che lascia la città per dirigersi nella casetta isolata nel deserto)
Si riascolta con piacere la musica possente di un ritrovato Simon Boswell
Puro cinema di pancia, punto di vista alternativo all'abusato "rape and revenge", magari con alcune falle nello script, ma che dispensa emozioni e non molla mai la presa stringendo come una morsa, fino al (liberatorio?) finale.
Niente di personale, eggià,
niente di personale