La mutevolezza e la manipolazione di forma, parola, suono, immagine, stile e infine del corpo: dopo un pioneristico excursus esoterico di danger art, piercing, scarificazioni, psicotropia, tatuaggi, contro-informazione, P-Orridge da nuvola in gabbia trasla l’hybris del processo-prodotto artistico nelle proprie carni, sin da fare del proprio corpo un’opera d’arte, della propria vita un’installazione ambulante, una curiosità da museo, fondendo il proprio sé-soma con quello dell’amato/a, oltre la morte. Il tutto catturato in crossfires di home movies e ipercinesi jarmaniana, elegia e agiografia.
Opera documentaristica unica, tanto più perché ha a che fare con esseri umani unici (Genesis P-Orridge e Lady Jaye Breyer P'Orridge, purtroppo ormai morti, che pandroginisticamente avrebbero voluto creare un terzo essere modificandosi tra loro). Biografico, breve, intenso, lascia molto spazio alla storia del duo interessando, intrattenendo ma finendo, almeno a tratti, per essere un po' troppo personale. Ben montato e diretto, è una buona occasione per addentrarsi maggiormente nella vita di un artista che tanto ha influenzato la scena musicale industrial.
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