Insomma. alla fine nemmeno malaccio (da noi e arrivato direttamente in dvd, baipassando la sala)
Cornwell (di cui avevo apprezzato molto
Il Messaggero) dona a questo film (tratto da un raccontino di Stephen King) sapori necrofori e rancidi, atmosfere cupe e mortifere (come, appunto, c'erano nel
Messaggero), con omaggi reverenziali fulciani (la nonna zombi che piange lacrime di sangue), anche questi omaggi all'autore di
Quella villa accanto al cimitero erano massicciamente presenti nel
Messaggero
Location invernali e quasi da fiaba nera (una inospitale casetta sperduta tra i boschi dell'West Virginia), squarci di immagini bellissime (i cambiamenti climatici o l'imbrunire alla
Koyaanisqatsi), la vecchiaia (le desolanti capatine alla casa di riposo, la nonna che delira, attacca i nipotini, sbava, preda dell'alzheimer, che vocifera inquietanti frasi arcaiche,si pianta la siringa sulla gamba andando a sangue, che non molla il cucchiaio che si e infilata in bocca mentre uno dei nipoti la imboccava, che grugnisce e spalanca gli occhi vitrei, seduta sull'atrio di casa assistendo ad una splendida festa di morte)
Il libro delle lacrime (una specie di Necronomicon), il flashback narrato dall'anziano parrocco su come Mercy abbia abbandonato la retta via per abbracciare il male, la voglia di maternità che sfiora la follia, il marito che si apre la testa in due con un colpo secco d'ascia (il notevole incipit), il male che reclama il suo tributo
Tutti elementi che fanno di
Mercy un'interessante horror venato di fiaba nera, tra echi lovercraftiani, possessioni, geriatria in nero, con un tanfo necroforo che ben si amalgama con il racconto
Di ragazzine immaginarie tipicamente kinghiane (Victor Pascow, Tony), che vanno in deperimento (mi e venuta alla mente la bambina del
Sesto Senso), una delle scelte più felici del film
Cornwell si (ri)dimostra profondo conoscitore della paura e dei suoi meccanismi, con uno stile personale e di raffinato talento macabro
Ma a differenza del
Messaggero, che montava in un finale agghiacciante con i cadaveri seppeliti nei muri che ne fuoriuscivano su modello
Poltergeist,
Mercy si sgonfia proprio nelle battute conclusive, diventando un horror uguale a mille altri e senza particolare guizzi. La frettolosità con cui si decide di chiudere il film, tra liquidi nerastri e bruttissimi demoni in CG, lupachiottoni pupazzosi, la nonna che da inquietante diventa risibile, il pentagramma, la lotta tra George e la nonna (dire tirata via e un eufemismo), l'inutile ruolo alla
Non aprite quella porta di McDermott (la sua fine la dice lunga sulla fretta di chiudere il film), abbassano la media e compromettono tutto quello che di buono aveva messo in piedi Cornwell fino a quel momento
Peccato, perché Cornwell sa sottolineare gli aspetti più prettamente kinghiani (ad esempio George vittima di bullismo e emarginato) e il suo secondo horror ha momenti davvero notevoli, che spesso mi hanno ricordato situazioni craveniane (
Benedizione Mortale) e qualcosa dell'
Oro del Demonio
Un finalaccio poco memorabile per un film che ha i suoi momenti. Menzione speciale per l'ottimo score musicale di Reza Safinia e per Pepper Binkley, Mercy da giovane, ritratto tra follia e patti faustiani.