Il rapimento di una bambina getta i genitori nella disperazione. Anni dopo, la banda di pedofili responsabile della sua segregazione se ne serve per adescare in rete altri bimbi... Egoyan insiste sul tema (abusi su minori) e sul clima (freddo) del film precedente, risultando ancor meno convincente. Thriller confuso nella narrazione al incastri temporali, con personaggi poco definiti o sospesi nel vuoto come il pedofilo musicomane, indizi incomprensibili, epilogo fiacco. Sul tema dei rapimenti infantili, meglio rivolgersi altrove se ci cercano emozioni e coinvolgimento.
MEMORABILE: Bisogna essere davvero perversi per guardare per ore le riprese di una donna che fa le pulizie di camere d'albergo
Atom Egoyan continua a parlare di bambini violati, come nel suo film precedente. Quest'opera ha potenzialmente un forte impatto drammatico che il regista tenta (volutamente ?) di "raffreddare" con una struttura narrativa non lineare. Il risultato è un film discontinuo in cui le motivazioni dei personaggi sono talvolta poco comprensibili e che paga un finale molto fiacco rispetto al soggetto trattato. Buona la prova degli attori. Nel complesso deludente.
Una pellicola rarefatta con sbalzi temporali che mostra un inizio interessante, tra sterminate distese innevate, salvo poi implodere in uno sbrigativo finale che, nonostante la linearità, si mostra totalmente poco esplicativo. Il tema della pedofilia qui appare straniante senza mostrare crudeltà ma puntando sul fattore psicologico e imbonitore. Cast nella media che vede prevalere Reynolds.
Thriller dal passo lento e frammentato (a volte troppo) da un montaggio che segue più strade temporali e qualche volta finisce per disorientale lo spettatore; rimane comunque un discreto film nel quale la mano del regista e il suo modo di girare fanno la differenza nei migliori momenti. Egoyan è un buon regista che poteva essere un ottimo regista, purtroppo dai film degli esordi (lo splendido Exotica) la sua filmografia ha ridotto un po' i propri orizzonti.
Come spesso accade nei film di Egoyan le buone premesse vengono presto smentite dal prosieguo nella narrazione. A poco serve questa volta il gioco dei continui salti temporali. Anzi, a tratti mettono pure in difficoltà lo spettatore. Resta un film che ha il sapore dell'incompiuto, visto che la sceneggiatura non ha il coraggio di andare fino in fondo al problema della pedofilia e si limita a scalfirne solo la superficie. Buona la fotografia e discrete le prove attoriali con una Fast improbabile dodicenne. Finale poco convincente e troppo ruffiano.
Thriller gelido ambientato in mezzo alle montagne innevate americane con tema la pedofilia e il rapimento di bambini da parte di questi deviati. The Captive tratta l'argomento molto alla leggera senza riuscire a sconvolgere lo spettatore, cosa che invece aveva fatto benissimo il film greco Miss violence (un vero pugno nello stomaco). Fastidiosi i continui salti temporali che rischiano di confondere anche lo spettatore più attento. Pessimo il finale all'acqua di rose, davvero fuori luogo. Film inutile.
Il soggetto è inquietante al punto giusto e l'ambientazione nordica insieme alla particolare caratterizzazione dei personaggi riescono a generare un alto clima di tensione, nonostante l'andamento discontinuo e a tratti confuso. Peccato per il finale deludente e per la mancanza di coraggio nell'approfondire e indagare la tematica delle deviazioni pedofile.
Non esplora certo terreni vergini (il rapimento di bambini era appena stato affrontato anche da Villeneuve in Prisoners) ma si lascia seguire fino alla fine. Merito di Egoyan, che adotta una narrazione cronologicamente non lineare, ambienta tutto in malinconici paesaggi alla Fargo e disegna un personaggio (quello di Ryan Reynolds) col quale è difficile non immedesimarsi. La vicenda di per sé non offre grandi colpi di scena o momenti di altissima tensione, tuttavia ne esce un interessante affresco familiare.
Come già per i tre ragazzini anche qui la pellicola finisce per perdere ben presto mordente e appiattirsi risultando più noiosa che altro. Il dramma iniziale (ma anche l'intera sceneggiatura) poteva certamente regalare momenti interessanti, ma vuoi un montaggio poco incisivo con continui sbalzi temporali, vuoi prove attoriali appena accettabili (lo stesso carceriere non ha spessore alcuno), annichiliscono la tensione. Egoyan continua a dimostrarsi un eterno incompiuto.
Flashback che si alternano con mescolato disordine al contesto in tempo reale, depistaggi furbetti (la ragazza autostoppista e l'ambigua gentilezza del protagonista), flirt improvvisi tra colleghi, la segregazione vissuta un po' troppo serenamente e i colpevoli tra i più sgamabili della storia del cinema. Lo struggersi della coppia di coniugi mal si abbina a un corollario confuso quandanche la fotografia, il paesaggio ghiacciato e le interpretazioni, ben compresa quella di Reynolds, funzionino. Purtroppo anche alla fine della drammatica fiera si rimane abbastanza a bocca asciutta.
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DiscussioneDaniela • 30/12/14 14:15 Gran Burattinaio - 5925 interventi
Devil's Knot mi aveva convinto poco, ma mi viene quasi da rivalutarlo dopo la visione di questo ultimo film del regista, che pure nella prima parte della carriera aveva fornito belle prove.
Ho trovato The Captive non tanto brutto quanto poco incisivo, sconclusionato, con una altalena temporale che all'inizio disorienta, poi appare gratuita.
Alla vacillante progressione narrativa si aggiungono poi la scarsa definizione dei personaggi e alcuni presunti "indizi" che restano senza alcuna spiegazione ("trucco o stratagemma?" ripetuto più volte - chi lo capisce poi mi spiega, grazie). Il risultato è un thriller psicologico che seppellisce sotto una spessa coltre bianca di neve anche coinvolgimento, suspence, emozioni, pensando che la rarefazione - ambientale, psicologica, cronachistica - si traduca automaticamente in raffinatezza. Per contro, è proprio questa manifesta pretesa di autorialità che personalmente mi dà maggiore fastidio: meglio una pellicola modesta ma anche poco pretenziosa piuttosto che una che pretende di scandagliare chissà quali profondità dell'animo umano ed invece resta tanto in superficie.
Dato il soggetto, impossibile non fare un confronto con il film recente di un altro regista canadese come Egoyan, ossia Prisoners di Villeneuve: confronto che va a tutto svantaggio di questo The Captive.