Più dramma che commedia, nonostante ci si mantenga sempre in quella terra di nessuno ove la malinconia del protagonista tende a circuire alla lontana il sorriso e la regia inserisca qualche variante che spinga a sdrammatizzare. La verità è che Nick Halsey (Ferrell), con qualche problema di alcool alle spalle, nel giro di una giornata perde lavoro e moglie, la quale cambia serrature alla casa e lo lascia fuori coi mobili. Ci credereste? Nick siede sulla poltrona del suo praticello e semplicemente se ne sta lì a guardare la strada, senza fare inizialmente granché. Poi, capito che la cosa non può andare avanti per molto e che i 45000 dollari del suo conto in banca sono stati bloccati dalla moglie,...Leggi tutto si organizza e decide di vendere gli oggetti che lo circondano allestendo una sorta di mercatino estemporaneo, facendosi aiutare da un ragazzo grassoccio (Wallace) che gironzola in zona con la sua bici. Ne nasce una bella amicizia tra quelli che sembrano ormai due emarginati; ma al centro resta sempre Nick, che conosce un'attraente vicina incinta (Hall) trascurata dal marito, intrattiene rapporti col suo amico poliziotto (Peña) che gli permette di prolungare la sosta sul prato, rintraccia leggendo un vecchio annuario una sua ex compagna di scuola (Dern) e di giorno si occupa della vendita degli oggetti di casa. Un film che il regista Dan Rush conduce con ritmi trasognati, sfruttando una buona fotografia (soprattutto notturna) e l'intensità di un Ferrell lontano dai soliti schemi, mai sopra le righe, che pare costantemente indeciso sul da farsi, abbattuto, dall'aria perennemente sconfitta e rassegnata eppure ancora vivo, presente. E' su di lui che il film è modellato senza però che si riesca mai a vivacizzarlo. Procede sonnacchioso come una lunga riflessione sull'amara condizione di chi si ritrova da un giorno all'altro privo delle basi su cui ha fondato la propria vita e impossibilitato a fuggirne completamente, prigioniero di una condizione transitoria dalla quale non sa come uscire. Curiosamente non si ha la percezione che i problemi aumentino ora dopo ora perché Nick si lascia cullare in un limbo ove l'azione è ridotta al minimo, magari consolato dal calore umano della bella vicina. Nessun filosofeggiamento però, solo un'analisi dei diversi rapporti con chi ancora considera il protagonista per quel che è (un uomo buono, come gli ripeterà l'ex compagna di scuola raccontandogli un aneddoto che lui nemmeno ricorda). Un film che può colpire come lasciare indifferenti, lo si scoprirà solo dopo qualche tempo. Di certo, per Ferrell, un'esperienza non comune. Peccato per un finale interminabile senza parole francamente evitabile e per il ricercato annullamento di ogni spettacolarizzazione in favore di un approccio fin troppo intimista.
Manager di successo col vizio dell'alcool, Nick si ritrova nello stesso giorno licenziato, buttato fuori di casa dalla moglie, privato dell'auto, con il conto in banca bloccato... La presenza di Ferrell e la classificazione nel genere commedia non deve trarre in inganno: si tratta di un racconto malinconico, senza spunti consolatori se non quelli che possono derivare da contatti umani inaspettati (il bambino grasso, la vicina incinta), incentrato soprattutto sul peso degli oggetti nella nostra vita, sul loro "valore" affettivo (i ricordi) ed effettivo (il mercato). Sommessamente carveriano.
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DiscussioneBrainiac • 13/11/14 00:37 Call center Davinotti - 1465 interventi
Che bella segnalazione quella di Daniela. Sono un fan di vecchia data di Raymond Carver e lo consideravo uno scrittore così minimale e sottile da non poter essere "carne da trasposizione". Invece il film è un gioiellino emozionantissimo, che ci mostra uno stock di attori sottovalutati (Will Ferrel, Rebecca Hall) o spesso relegati al ruolo di caratteristi (Michael Pena).
Mi incuriosisce questo film, peraltro il titolo è quello di un album di uno dei miei gruppi preferiti, gli Steely Dan
DiscussioneDaniela • 13/11/14 09:50 Gran Burattinaio - 5930 interventi
Non ho letto il racconto a cui s ispira il film (devo rimediare) ma conosco ed amo Carver ed anche io lo ritenevo "infilmabile": quasi sempre, leggendo i suoi racconti, ho l'impressione di stringere una manciata di sabbia, tanto sono impalpabili le sensazioni che descrive... però, a fine lettura il pugno non è vuoto: resta un sassolino duro che si deposita nella memoria.
"Everyhing must go" è un piccolo film che sorprende perché ti aspetti una commedia ed è invece un dramma esistenziale venato di quell'ironia che salva dalla disperazione, induce a confronti col proprio vissuto (i miei oggetti, i miei libri, i miei cd sparsi per strada)...
DiscussioneDidda23 • 13/11/14 10:05 Contatti col mondo - 5798 interventi
Questo prima o poi lo recupero, anche solo per Ferrell (mio top idol). Anche Rebecca Hall mi gusta, vuoi solo per la dolcezza del suo sguardo.
Tendenzialmente i "comici" che si danno al drammatico hanno tutta la mia stima (Carrey, Sandler ecc).
Ottima segnalazione Daniela!
DiscussioneBrainiac • 14/11/14 10:23 Call center Davinotti - 1465 interventi
Didda23 ebbe a dire: Anche Rebecca Hall mi gusta, vuoi solo per la dolcezza del suo sguardo.
Non sai quanto hai ragione: vedendo il film mi sono letteralmente innamorato della Hall, non tanto per la bellezza, quanto per la profonda umanità del suo personaggio e la comprensione/ accoglienza emanate dal suo dolcissimo sguardo. Ha un paio di scambi d'opinione con Farrell molto commoventi. Ed è davvero un film toccante se anche i Brainiac piangono!
;-)