La presenza perfetta - Film (1981)

La presenza perfetta
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Anno: 1981
Genere: horror (colore)
Note: Terzo episodio del ciclo “I giochi del diavolo. Storie fantastiche dell’Ottocento” trasmesso dalla Rai. Tratto dal racconto “Il fantasma di Edmund Orme” di Henry James.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 4/05/14 DAL BENEMERITO HOMESICK
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Homesick 4/05/14 16:05 - 5737 commenti

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Costituivo dell’intero ciclo, l’elemento fantastico subentra a metà film, quando la “presenza perfetta” di Franco Ressel, accompagnata dai lugubri rintocchi di Piero Piccioni, giunge a spezzare la staticità del narrato, pur senza introdurvi particolare tensione. L’elegante fotografia degli interni della villa e del giardino ricrea gli ambienti letterari di Henry James, in cui il quintetto di attori offre una prova disinvolta.
MEMORABILE: Il concerto per organo con la prima apparizione del fantasma di Sir Edmund Orme.

Rufus68 5/09/16 00:12 - 3842 commenti

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Il taglio televisivo ben si attaglia al fantastico sommesso di Henry James che aborre cigolii, vergini di Norimberga e sussulti. Gli ultimi minuti, poi, offrono una profonda riflessione sul doppio: lo scrittore protagonista (il bravo William Berger) che odia la vita (ed è quindi come un morto) è lo specchio del "fantasma", un uomo che si uccise per troppo amore (e troppa vita). L'ultima inquadratura riassume tale morale. Buone musiche di Piccioni.

Fabbiu 31/07/18 22:47 - 2145 commenti

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Piuttosto sottotono, sebbene condivida con gli altri film del ciclo quel raffinato gusto nella ricostruzione del clima ottocentesco. E' proprio il senso del mistero che non sembra sviluppato a dovere, c'è solo un fantasma (ma in pratica un attore che ogni tanto sbuca dal nulla e sta fermo, piazzato immobile) accompagnato da un suono che sembra più appropriato per un B-movie di sci-fi che non per una novella gotica e davvero molto poco altro; si salva giusto l'ultimissima scena, che riesce a dare un senso al tutto.

Minitina80 2/03/20 22:30 - 2984 commenti

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Non possiede la sveltezza necessaria per evitare di rimanere impantanati nella cadenza mortifera della narrazione che fa sembrare i minuti interminabili. Come se non bastasse, l’abito obsoleto con cui si presenta non fa che peggiorare la situazione, lasciando fraintendere lo stile ottocentesco come odorante di stantio. Qualcosina si smuove nella seconda parte, ma non ha i numeri per ritagliarsi uno spazio o essere ricordato per intuizioni geniali, anche se le possibilità per fare qualcosa di buono non mancavano.

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