A volte fa venire in mente lo splendido STAR 80 di Bob Fosse, questo TO DIE FOR. Anche qui la scalata al successo (nel caso specifico televisivo) da parte di una donna sposata a un marito che non riesce a seguirne le imprese è ricostruita attraverso brevi e lunghi flashback raccontati visivamente da coloro che con la protagonista sono venuti in contatto. Manca la drammaticità di STAR 80, Matt Dillon non ha la stessa forte personalità paranoica di Eric Roberts e la Kidman non è certo vittima delle circostanze come lo era Mariel Hemingway, ma i punti di contatto ci sono. Il regista Gus Van Sant...Leggi tutto tiene molto alla forma e le trovate cinematografiche non si contano; montate sempre con originalità regalano la sensazione di un film molto studiato, in cui mai un'inquadratura è inserita senza attenzione. Dal punto di vista della narrazione invece qualche parentesi superflua c'è, il finale non è all'altezza della prima parte, però nel complesso la sceneggiatura di Buck Henry (anche presente nel cast col ruolo di insegnante) funziona molto bene e la scelta di Nicole Kidman si dimostra azzeccata. L'ex signora Cruise, al top della forma fisica, è bella “da morire”, da spezzare il fiato e ricorda un po' come look la perfida Kathleen Turner dei primi tempi (che in BRIVIDO CALDO aveva avuto una parte di adescatrice con fini omicidi non molto dissimile). Splendido esercizio di stile non fine a se stesso, TO DIE FOR ha il suo maggior difetto nell'affrontare argomenti già ampiamente sfruttati da Hollywood con una formula non certo originale (il film-inchiesta), però si lascia vedere senza mai annoiare, e non è poco.
Brillante satira diretta da un Gus Van Sant in stato di grazia, Da morire prende di mira una certa middle class americana popolata da personaggi che sacrificherebbero qualunque cosa all'apparenza (la protagonista è ossessionata dal desiderio di comparire in uno show televisivo). Film ottimamemente scritto, ricco di situazioni e battute brillanti, Da morire vede la sua interprete ideale nella Kidman che fa un ritratto al vetriolo della casalinga americana su di giri, coadiuvata dal bravo Matt Dillon nei panni del tartassato marito.
Notevole film del Van Sant "vecchia maniera", prima degli eccessi autoriali di Elephant, Last Days o Paranoid Park. Interpretato da una Kidman splendidamente perfida, al top della forma, coadiuvata da un sempre bravo Dillon e da un altro manipolo di attori convincenti, il film dipana una vicenda che 14 anni dopo, nell'era del "Grande Fratello" & co., risulta ancora tremendamente attuale. Da un punto di vista prettamente registico Van Sant cura i particolari con grande impegno, offrendo inquadrature ben studiate. Ottimo.
MEMORABILE: L'entrata in scena del ragazzino metallaro.
Ottimo. Gus Van Sant dirige un film senza i suoi tocchi registici o particolari tecniche filmiche, ma offre allo spettatore un'ottima pellicola. Bravissima Nicole Kidman che sa quello che vuole (diventare una star televisiva) e non ha scrupoli (omicidio del marito compreso) per raggiungere il suo scopo. Ottima storia ben sceneggiata, bel finale. Davvero un ottimo film.
MEMORABILE: La Kidman seduce il ragazzino per fargli uccidere il marito.
Uno dei film meno sperimentali di Van Sant, insieme a Milk. Nonostante l'assenza delle sue tipiche iperboli cinematografiche però, un film memorabile. Tipica commedia dark che andava di moda fra la fine degli anni 80 e il primo lustro dei 90, fa forza su una Nicole Kidman luciferina, che incarna il rampantismo americano e allo stesso tempo mostra uno degli aspetti più controversi dei media, l'ossessione dell'apparire a tutti i costi. Bravo anche Matt Dillon, vittima sacrificale della Kidman e metaforicamente di un'intero sistema. Da vedere.
Strutturata come una serie di interviste a chi la conosceva, questa commedia nera sulla (ir)resistibile ascesa di una aspirante divetta, che non esita ad eliminare gli ostacoli sul suo cammino, ha l'eleganza di una fiaba al vetriolo. La Kidman, la cui pelle nivea fa trasparire il cuore di ghiaccio, è una principessa in cui sogno è essere rinchiusa per sempre dentro la scatola-tv e per questo fa sacrificare il marito-cinghiale. Il sogno beffardamente si avvera: finirà dietro uno schermo trasparente, ma non quello che aveva desiderato.
Bella, riuscita e corrosiva satira sulla televisione e sul suo potere (inebetente), firmata da un regista molto interessante come Van Sant che conferma le sue grandi doti e di non essere uno dei tanti. Gradevole e scorrevole dall’inizio alla fine, si ricorda soprattutto per il personaggio della Kidman (autrice di una bella prova) che è ben tratteggiato e la cui lucida follia progredisce, in maniera credibile, con lo scorrere della pellicola. Cammeo per Cronenberg.
Dark comedy nella quale la Kidman gigioneggia (anche troppo) da par suo e impersona la femme fatale anni 90 che vuol far fuori il marito (un Dillon abbastanza defilato) per... la carriera televisiva. Al suo servizio come improbabile sicario un Phoenix ottimamente inebetito. Qualche spruzzata di feroce ironia su media e carrierismo e un impianto che funziona ma non al 100%: inutile ad esempio lo stile a inchiesta e troppo focus sulla Kidman. La critica lo ha incensato, tre pallini bastano.
MEMORABILE: La riunione familiare dove la Kidman comincia a terremotare le certezze della famiglia di Dillon.
È il film che impone Nicole Kidman all'attenzione generale come grande attrice nel ruolo della provinciale Suzanne, incolta ma ambiziosa e volitiva quanto basta per sentirsi ingabbiata da un convincente Dillon. Van Sant si limita a fare le cose semplici e fa bene: la forza è in soggetto e sceneggiatura, che fanno di "Da morire" un corrosivo sguardo sulla contemporanea frenesia di apparire, nonché sulla visibilità mediatica come riscatto sociale. Notevoli il disadattato Phoenix e la sarcastica Douglas.
MEMORABILE: Matt Dillon sempre più distante (letteralmente) nei pensieri della moglie.
Susanne è la donna che non vorremmo mai diventare. Quando Susanne dice cose tipo: "una come me, che lavora nell'ambiente televisivo...", i suoi occhi si accendono dello scintillio maniacale di un super-io febbricitante e delirante. Susanne è la donna che amiamo odiare, e che mai vorremmo compatire. Eppure, un po' di compassione la ispira, questa vedova nera impigliata nella sua ragnatela, questo narciso caduto nel suo specchio, congelato nel suo stagno. La Kidman è grandissima in questa nera farsa, provocatoriamente eccessiva.
Il film decsrive crudamente la disperata voglia di presenzialismo televisivo da ottenere ad ogni costo senza vincoli di sorta. Una lucida narrazione che sfocia financo nella satira feroce e mette alla berlina certi individui vacui. Bel cast con la Kidman voracemente arrivista e un Dillon presunta vittima sacrificale.
Un cast all'altezza con la Kidman in testa, naturalmente. Una Barbie nell'aspetto, vittima e completamente intrappolata in un sistema sociale, vero responsabile, come per altri versi, ma sempre con le stesse finalità, sono intrappolati i ragazzi. La regia è molto curata, forse fin troppo e assieme a una scenografia strutturata a flashback, incentrati sui primi piani di Suzanne che racconta, tengono sempre sotto controllo qualsiasi emozione potrebbe cogliere lo spettatore, appiattendo così una storia già di per sé non molto originale.
MEMORABILE: La bellezza della Kidman, unica cosa che rimane impressa di tutto il film.
Storia dell'assurdo che si traduce in un brillante esempio di regia, scrittura e recitazione. La Kidman è perfetta per il ruolo e si nota immediatamente, ma anche i personaggi secondari svolgono il loro dovere. A livello strettamente visivo c'è più di un'idea valida per quello che, considerato il curriculum, si potrebbe considerare quasi il film più creativo di Van Sant.
Commedia nera sull'ossessione di apparire in video sviluppata con la formula del film-inchiesta, scelta che si rivela vincente perchè permette di scartare a priori ogni scena di raccordo per puntare direttamente al sodo. Se poi Van Sant si mette d'impegno per cesellare ogni inquadratura siamo a cavallo: studiato senza essere artificioso, sopra le righe senza scadere nel grottesco, insomma un film estremamente godibile sotto tutti i punti di vista che si avvale peraltro di un cast di livello e di un ritmo lesto.
Opera meno nota di Gus Van Sant (almeno rispetto a Will hunting o Milk) ma assolutamente piacevole. Merito senz'altro di una Kidman in gran forma (non solo fisica) ma anche di un giovanissimo Phoenix, già molto "irrational". Dillon poco incisivo. La struttura del film fa un po' mockumentary e conferisce alla narrazione un ritmo elevato e un timbro ironico. Di certo se l'intento del regista era sottolineare l'ossessione della gente d'apparire in tv, l'obiettivo è senza dubbio centrato.
MEMORABILE: Le puntate del Meteo ("Rain or shine").
Caustica e purtroppo attuale satira sul potere della televisione e soprattutto sull’arrivismo amorale di talenti mediocri disposti a tutto pur di apparire. La Kidman, in una delle sue prime grandi interpretazioni, lascia a bocca aperta, oltre che per la bellezza, anche per la disinvoltura con cui si cala nel personaggio complesso della protagonista, che mescola finto candore, sfacciata ipocrisia e determinazione quasi fanatica. Nel resto del cast, di buon livello, la migliore è Illeana Douglas.
MEMORABILE: Ogni volta che Suzanne racconta la sua versione dell’accaduto; Il colloquio alla TV locale; Il meteo; Dall’omicidio al beffardo finale.
Giornalista tv circuisce dei ragazzetti per togliersi di mezzo il marito. Tema tipico americano del rampantismo a qualsiasi costo, trova i momenti migliori nell’esplorare il vuoto cosmico della gioventù appagata dall'avere almeno un diversivo al pattume quotidiano. Kidman diabolica sa essere glaciale e sensuale allo stesso tempo; anche Phoenix si ritaglia un buon personaggio. Van Sant dirige a sprazzi, passa dal noir al film d’inchiesta.
MEMORABILE: La Kidman che balla davanti alla macchina.
Una bionda pimpante e spregiudicata, pur di apparire e far carriera sui network televisivi è pronta a tutto fino alle più gravi conseguenze. Van Sant dirige una commedia a sfondo noir in perfetto stile anni '50, in cui tutti sono soggiogati dalle grazie della bella di turno venendone poi travolti. Dire prevedibile in ogni suo passaggio è dir poco, appesantito ulteriormente da un coacervo di pseudo-interviste che irritano se anticipano e inutili quando chiosano, senza un briciolo di autenticità, lasciando libero campo a situazioni e figure standard.
MEMORABILE: I tre balordi giovinastri uno più tonto dell'altro.
Graffiante black comedy condotta come un reportage giornalistico in cui i protagonisti ricostruiscono i fatti secondo il loro punto di vista. Dopo il pasticcio di Cowgirls Van Sant ritrova la strada di un cinema stimolante e divertente, sbeffeggiando il mito del successo e dell’apparenza in un’America inebetita dalla TV. Ma il film è anche una sarcastica fotografia della generazione grunge. La Kidman è una splendida dark lady e il giovane Phoenix dimostra già tutta la sua bravura nel ruolo di un rintronato senza rimedio.
MEMORABILE: I camei di George Segal e Cronenberg; "In America non sei nessuno se non va in TV"; Kidman che danza sotto la pioggia al suono di Sweet Home Alabama.
A cavallo tra commedia nera con venature noir e una gustosa cornice da mockumentary, tale cinico affresco di Van Sant offre una panoramica scorsesianamente feroce sull'irrefrenabile corsa all'oro della popolarità, anche se tradotta in un breve bollettino meteo, perpetrata da Suzanne Stone, provinciale affascinante e spregiudicata, indifesa e svampita solo in apparenza; la Kidman sorregge il peso di tale ruolo con calibrata e accurata algidità, addentrandosi ottimamente in un atroce percorso egoistico. Strabiliante Phoenix, discreto Dillon. Caustico e accattivante.
MEMORABILE: Il fascino ambiguo di Suzanne; La cena; L'arrivo di Suzanne agli studi; L'eccellente prova di Phoenix; Il feroce piano; L'agghiacciante finale.
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CuriositàDaniela • 20/02/09 10:46 Gran Burattinaio - 5930 interventi
Il killer della mafia, che appare nel finale, è il regista David Cronenberg.
Il regista aveva già ricoperto il ruolo di killer alcuni anni prima nell'horror Cabal, diretto da Clive Barker.
HomevideoRocchiola • 25/04/20 10:35 Call center Davinotti - 1238 interventi
Prodotto di buon livello (con la Pulp non si può mai stare tranquilli) che reca sul retro anche il marchio dell'inglese ITV che però non mi risulta abbia mai pubblicato questo titolo in bluray. Anzi all'epoca dell'uscita l'unica edizione in bluray disponibile era quella dell'americana Image Entertainment, quindi non ho ben chiaro quale master abbiano usato per la nostra edizione italiana. In ogni caso il reparto video è buono decisamente pulito anche se non dettagliatissimo. Infatti ci può essere il sospetto che la Pulp abbia passato su BD un master SD proveniente da qualche edizione in DVD. La definizione è un po' piatta e non offre tutto il dettaglio che ci si aspetta dall'HD. L'audio italiano 2.0 è nella norma non potentissimo ma chiaro.