A trip to the orphanage - Corto (2004)

Nevica. Un uomo cammina lungo le strade di una città spettrale. Una donna intona una struggente melodia. Affiorano ricordi dal passato... Cambio di registro radicale per Guy Maddin, qui alle prese con le istanze del melò, in un fluttuante, onirico arcipelago di suggestioni che vale più per le libere associazioni che scatena che per ciò che in effetti sta raccontando. Realizzato durante la lavorazione di La canzone più triste del mondo, ne è un valido epigono, ed esprime il lato più poetico ed inconsolabile dell'umanità.

Una canzone triste, la più triste del mondo, e immagini – quasi schizzate qui dal cinema sperimentale degli anni 20/30 – che si sovrappongono, come frammenti di ricordi che siamo invitati a ricostruire, o soltanto a contemplare: una nevicata, tende che svolazzano in sovraimpressione, il volto di una donna... Atmosfera onirica, quasi ebbra, senza coordinate se non soltanto quelle dell’anima e dell’emozione, che messe sul navigatore della visione ci conducono verso i malinconici lidi di soggettivi orfanotrofi della nostra memoria.