C'è praticamente tutto il cinema di Neil Jordan (e il pallinaggio sale di un punto e mezzo proprio per quello) quasi una summa del suo cinema che è comunque un piacere per chi, come me, ama incondizionatamente questo originale e geniale autore irlandese fin dagli esordi.
Saoirse Ronan con felpa alla cappuccetto rosso (la Rosaleen di I
n compagnia dei lupi), i neon che illuminano strade squallide e desolate (
Angel), le prostitute e i loro "teneri" protettori (
Mona Lisa), il motel adibito a bordello (in
Fantasmi da legare era un castello stregato trasformato in un'attrazione locale per turisti), gli amori impossibili (
La moglie del soldato), i decadenti luna park sullo sfondo-con tanto di canzoni in sottofondo-(
Un'amore, forse due,
La moglie del soldato), ragazzine che rimangono eternamente tali (
Intervista col vampiro), l'immaginifica isola rocciosa come il paese sommerso di
In Dreams, le vendette femminee sulla brutalità degli uomini (
Il buio nell'anima), la cittadina costiera di pescatori (
Ondine-Il segreto del mare) e quel tipico tocco jordaniano di mischiare il fantasy con la realtà.
Qualche suggestivo squarcio degno della visionarietà dell'autore irlandese (le cascate di sangue, il bordello olezzoso dell'800 dai tratti pittorici quasi barrylyndoniani, le orfanelle in fila in riva al mare dove la Ronan rivede sè stessa), un momento splatter di indubbia presa (il decollamento stile
Il maratoneta) e i tormentati crucci amorosi sull'impossibilità di essere normali tipici di Jordan (che siano vampiri, transgender, pulsioni incestuose, prostitute di colore o la fine di una storia).
Notevole anche il gusto feticistico jordaniano (i close up insistenti sui tacconi della Arterton mentre ancheggia e mignotteggia) e quella delicatezza nel tratteggiare complessi personaggi femminili, non lesinando su brutali atti di violenza misogina (Clara costretta a prostituirsi da un laido graduato militare che poi si piglierà la sifilide, lo stupro di gruppo, già consumato, sul tavolo da biliardo).
E anche la professione di prostituta accalappiauomini ha il suo fascino torbido, sensuale e perverso (e parecchio jordaniano), vero punto nevralgico del film, certamente smorzato (a rischio del ridicolo involontario) se si fosse optato per una parrucchiera o una cassiera del supermercato.
Poi, però, verso la fine, a Jordan la delicatezza e il narrato sospeso sfuggono di mano e si imbarca in una sottospecie di
Lasciami entrare dalle derive action/tamarre e prettamente convenzionali (la Arterton aggrappata al cofano dell'auto in corsa, i due vampiri cacciatori che sembrano due banali gangster usciti da Soho e decapitazioni un pò cafone che non sfigurerebbero in uno dei tre capitoli di
Blade) che ridimensionano la poetica jordaniana per abbracciare l'inconsistenza e l'impersonalità dei soliti triti e ritriti "vampire movie" tra spadoni, Van Helsing ben poco convincenti (che sembrano più gli "ammazzavampiri" di uno dei tre episodi de
Il club dei mostri) e abbracci d'addio degni di un tv movie.
Sembra che con l'andar del tempo, Jordan, abbia perso quella vena fantasiosa e surreale per accodarsi a un cinema un pò più tradizionale (che già si avvertiva nel pur bellissimo
Intervista col vampiro) e la sfrenata immaginazione di
In compagnia dei lupi resta solo un pallido ricordo, irripetibile anche per Jordan stesso.