The selfish giant - Film (2013)

Quattrocento colpi a casa Loach: peripezie di due monelli in un'Inghilterra inghiottita da degrado e scorie industriali. Peripezie che si protraggono ripetitive, con qualche momento gradevole, ma senza alcuna impennata. E poi, quando arriva la svolta (di cui, essendo l'unica sorpresa, vi risparmio qualsiasi anticipazione) il naso si storce in mezzo agli sbadigli e solo un quarto d'ora dopo ci si rialza, scontenti, dalla poltrona. ** sindacali per il versante tecnico e attoriale, ma il campo è quello del "che noia che barba che barba che noia".

C'è l'adolescenza, in questo film, ci sono un percorso formativo, la conoscenza della morte, la working class inglese più povera, la rabbia e la violenza... Interessante per chi non conosce il cinema inglese, giacché trattasi di ingredienti a cui quel cinema ci ha ampiamente abituati. Quello che manca è la personalità, così che il film scorre via troppo piatto e privo di slanci emotivi e di fascinazioni estetiche se non nella sua ultima parte: troppo poco. Il ricordo va forse immediatamente a Ratcatcher (della Ramsay) che, tuttavia, rispetto a questo vola decisamente più alto.

Una storia di miseria (e non solo materiale) in un quartiere periferico inglese in cui due ragazzetti cercano di sopravvivere e autoaffermarsi facendo piccoli "lavoretti" anche pericolosi al servizio di gente senza scrupoli. Un racconto dal sapore ottocentesco sulle disuguaglianze sociali e su quanto queste possano segnare la vita degli individui, condotto però senza una vera progressione, ma reiterando sempre le stesse azioni che solamente nel finale prendono una piega "annunciata". Lodevole la prova dei due giovani protagonisti, credibili nella loro aggressività antisociale.