Oh boy - Un caffè a Berlino - Film (2012)

Giornataccia per il protagonista nell’ellissi di riuscire a bere un caffè. Rappresentazione in un bianco/nero retrò dove Berlino fa da sfondo o si intravede in particolari scorci. Andamento altalenante tra silenzi riflessivi e note jazzate per descrivere l’incertezza di vivere e dove non si intravede un accenno di maturità all’orizzonte. I crismi del passato sono ancora presenti: nei simboli nazisti, nei muri imbrattati, nei ricordi di un vecchio. Ma non è giornata per affrontarli.

Si tratta certo di una commedia, ma i toni di fondo sono quelli esistenziali di un Wenders (Falso movimento in particolare) o di un Jarmusch. Si parla infatti di stasi, di impossibilità/incapacità da parte di un ventenne berlinese di oggi di scegliersi una strada, di progettare alcunché. Rimane solo il desiderio di un caffè: ciò che va al di là è incomprensibile e inafferrabile. Quando il futuro è nebuloso, il passato un cumulo di traumi e macerie e il presente il papà che gioca a golf, cosa rimane?... Un caffè, appunto.

Un ragazzo in cerca di un caffè in una Berlino contemporanea e in bianco e nero, fra simboli del passato e mute introspezioni. La mancanza di una vera bussola narrativa e di sviluppi psicologici ne fa uno spaccato insipido e fine a se stesso. Sembra giusto un esercizio stilistico, tanto da farci perdere facilmente la memoria e l'interesse.

Il ventenne Nico, incapace di darsi dei progetti di vita e come perduto in una Berlino in bianco e nero, trascorre l'ennesima giornata di ordinario nulla tra personaggi altrettanto borderline e simboli piuttosto ovvii della Germania del passato. I suoi tentativi a vuoto di prendersi un caffè simboleggiano la ricerca di autoaffermazione, che però nel film non si intravede. Girato con una certa eleganza, si appiattisce in un finale forzato e un po' retorico. Musica jazz anni '40, fuori luogo ma gradevole. Bella fotografia di una Berlino off.