The unchanging sea - Corto (1910)

Una famiglia in un villaggio di pescatori sull’oceano: il marito disperso, la moglie costretta a crescer da sola la figlia, il mare che restituisce ciò che pareva aver tolto. Sul canovaccio di una poesia di Kingsley (Griffith concepisce già modernamente il rapporto cinema-letteratura), il tycoon della Biograph (col fondamentale apporto del fido Bitzer) sviluppa un piccolo ma conchiuso poema filmico, in cui il caduco ciclo della vita è contrappuntato dall’immutabilità del mare. Pittoricamente elaborato, anticipa il documentarismo epico di Ivens e De Seta.

Struggente mélo, con la storia del marinaio disperso lontano e in preda ad amnesia, mentre la moglie per anni continua ad aspettare il suo ritorno. Narrazione efficace per un racconto dall’incedere minimalista che punta sul patetico e sull’emozione dello spettatore. Belli gli scorci del mare mosso con le figure femminili che si stagliano in attesa o in lutto. Quasi un’elegia dal sapore documentaristico, o una tranche de vie dal sapore di un’arcaica mitologia popolare.