a quanto sembra sta riesplodendo la febbre delle antologie horror: probabilmente è una scappatoia per sopperire a difficoltà produttive e contenere spese, sta di fatto che questo film va a formare assieme ai recenti
trick'n'treats, v/h/s, chillerma, abc's of death, little deaths, deadtime stories una ideale new-wave dell'horror in pillole.
il prodotto è naturalmente diseguale, 3/4 dei cineasti coinvolti si applicano ma arrivano zoppi e col fiatone a un traguardo altrimenti ragguardevole. diciamo che funziona più sulla carta che su telo proiettivo, e marca il baratro che spesso c'è tra progetto e sua messa in pratica.
il primo revenant è un richard stanley di cui si eran perse le orme da
demoniaca. era forse meglio non ritrovarle, dato che qua ci riconferma come quanto e perché il cinema dovrebbe lasciar riposare in pace lovecraft (e, per esteso, la buonanima di fulci): l'omaggio sarà anche sentito ma l'esito è scarso e non troppo lontano dal grezzume dei fumetti pornhorror anni 70
la mano passa a un giovinazzo che quasi si sopraeleva su tutta l'equipe, ma che nel suo pur crudo e ficcante approccio con la possessività e l'ossessione non si affranca mai del tutto da certe imbarazzanti modalità televisive 80's.
è quindi la volta di un savini beetlejuice che si diverte un mondo a fare degli archetipi freudiani e junghiani più usurati (la fobia della femme castratrice, la vagina dentata etc) una mise en abime a base di sogni più o meno lucidi, con esiti che suscitano quella simpatia sotto alla quale però viene anche voglia di sganciargli due sberle
buck accantona macabrismi di routine, splatterate, modalità folli e sguaiate per omaggiarci di quello che è gioiello del lotto che da solo vale tutta la tratta: la morte scoperta ed esplorata attraverso gli occhi di una bambina, accompagnata per mano da una madre che fa della propedeutica un apologo della poesia. elegiaco, rarefatto, commovente, e con una forma di spiazzante maturità, rigore ed eleganza, fa venir voglia di sottrarre alle secche di un oblio forse immeritato tutta la precedente opera del regista.
la pacchia finisce presto: anche hussein viene ripescato dal sacco, e se è vero che ha perso il pelo di un surrealismo da manuale delle giovani marmotte, non ha perso il vizio di un didascalismo mortificante, qua raddoppiato da una irritante voice over come dire "mi sa che lo spettatore è cretino e nun c'ariva, tocca sottolineare passo passo". un inopportuno rafforzativo che brucia un'ideuzza in sé nemmeno così malvagia, che poteva potenzialmente portare a lidi più spiazzanti e meno moralisti.
si frana definitivamente nello scempio più irrimediabile con l'ultimo episodio firmato dallo stesso produttore, tal gregory, che gioca a intersecare grandi abbuffate con echi di cannibalismi di greenawayano memento e un finale che pare il reboot di quello di society, al cui termine ci si ritrova sbadiglianti con le mani nei capelli e la testina che fa no no no.
non parliamo poi del segmento che raccorda come peggio può gli episodi, capitanato da un udo kier ormai macchietta e ombra di se stesso a cavallo tra il museo delle cere, il grand guignol e david zed versione "io robot amico dei bambini"
anche stavolta l'horror a episodi ha perso un'ottima occasione per star zitto o per ridarci una perla del calibro di
creepshow.
sipario, bonanotte.
ps zender, credo che il manifesto ufficiale del film sia questo:
http://c534909.r9.cf2.rackcdn.com/wp-content/uploads/2012/04/Theatre-Bizarre-cover.jpgUltima modifica: 9/03/13 14:10 da
Schramm