The limits of control - Film (2009)

The limits of control

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Con personaggi simili si sa fin dall'inizio che se spiaccicheranno quattro frasi in tutto il film sarà tutto grasso che cola. Un uomo senza nome (De Bankolé), dopo un enigmatico dialogo in apertura con quelli che sono due suoi contatti per una missione oscura, se ne parte per Madrid dove seguendo sibilline istruzioni incontrerà misteriosi personaggi coi quali scambiarsi ogni volta una scatola di fiammiferi contenente un piccolo foglio bianco con un messaggio in codice. Lettolo, lo deglutirà e ripartirà nei suoi solitari pellegrinaggio per la città, facendo peraltro spesso tappa al museo di Reina Sofia ad osservarne i quadri. Jarmusch, evidentemente non pago di aver già messo in scena qualcosa...Leggi tutto di molto simile con GHOST DOG, che a sua volta riprendeva il Frank Costello di Melville, torna su un tema molto caro ai cosiddetti autori, da sempre affascinati dalla possibilità di raccontare avventure semi-mute per concentrarsi sulla stilizzazione dell'inessenziale. Largo spazio quindi a scorci spagnoli di bel fascino evocativo, percorsi regolarmente in silenzio e alternati ai primi piani di un De Bankolé che ha la faccia giusta per reggere, con lo sguardo profondo e i lineamenti di pietra, un ruolo per il quale è richiesto poco altro al di là del physique du rôle. Le persone con cui entra in contatto, che sfilano a turno quasi sempre davanti a due tazzine di caffè al tavolo del bar dove hanno appuntamento, si lanciano in monologhi di dubbia concretezza che procedono per metafore o agganci a una realtà “diversa” (talvolta quella filmica, con citazioni di titoli o situazioni) lasciandoci ogni volta con meno sicurezze di prima. D'altronde non è questo ciò che interessa Jarmusch, più teso alle linee architettoniche che dividono gli spazi dell'inquadratura, attento ad accostare i colori e le musiche dei Boris che fanno da colonna sonora. Il tentativo di utilizzare le parole come ulteriore appiglio per la descrizione di un mondo volutamente inesplicabile è evidente, ma il gioco – lungi dall'avere le sovrastrutture lynchiane che ne esalterebbero il valore – diventa fine a se stesso, un ipnotico accompagnamento all'interno delle diverse forme della bellezza; non esclusa quella femminile, naturalmente, con la sensuale Paz de la Huerta che sinuosa si muove sul letto invitando il protagonista ad unirsi a lei (“Mai mentre lavoro”, la fredda risposta di lui). Ecco quindi sfilare in scena personaggi ideali per camei di attori celebri e meno celebri (John Hurt, Tilda Swinton, Luis Tosar...), tutti pronti a pontificare sui massimi sistemi lasciando che le parole si confondano in un sostanziale nulla pochi minuti dopo il loro passaggio. Ad eccezione dell'ultimo anello della catena ovvero Bill Murray, che sembra dare un'improvvisa scossa riportando il film sulla Terra e provocando la prima vera frattura. Ricomposta un minuto dopo, sia chiaro, prima di un finale che irrompe improvviso: schermo nero, titoli. Il tutto può intrigare, liquidamente coinvolgere. Non stupire però. Se n'è già visti troppi di personaggi così, al cinema...

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 25/02/13 DAL BENEMERITO SAINTGIFTS POI DAVINOTTATO IL GIORNO 6/11/19
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Saintgifts 25/02/13 01:13 - 4098 commenti

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Il percorso che porta l'uomo solitario a compiere il suo lavoro è lungo e in un certo senso ripetitivo. Questo però non annoia, non solo perchè viaggiare attraverso una Spagna colorata e variegata è piacevole, ma anche perchè ad ogni incontro cresce la curiosità. Nemmeno la provocante de La Huerta riesce a distrarre l'elegante specialista che non parla spagnolo, specialista metodico e preciso che non ha ripensamenti nemmeno ascoltando le parole di colui che rappresenta il traguardo finale. Metafore più o meno esplicite, dipende dall'attenzione.

Mickes2 3/01/14 09:55 - 1670 commenti

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I limiti del controllo, fra questi anche la pazienza dello spettatore costretto a una ridondanza circolare che vive di attese, unioni di sguardi e indizi; un occhio soggettivo in cui la piccola epopea dell’errante, silente e imperturbabile killer americano diviene quella di chi guarda, atterrito, smarrito, pronto all’ennesimo (ironico o meno) monologo dell’ennesimo sconosciuto incontrato. Sottrazione, eccesso di pretenziosità, vive di simboli e una flebile tensione pronta a sfumare per chi decide che questa “bolla esistenziale” è troppo sottile.
MEMORABILE: "Tu non parli spagnolo, vero?"

Deepred89 7/06/14 20:31 - 3708 commenti

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Emblematico dell'ultimo periodo del regista, si tratta probabilmente del suo film più estremo, tanto scarno e ridondante dal punto di vista narrativo quanto estetizzante (e tutto sommato ammaliante) a livello visivo. Il protagonista, una sola - vincente - espressione per tutto il film, trascina con sé il film grazie al suo indubbio carisma, mentre i soliti amici di Jarmusch (tra cui un insolito Murray) timbrano a turno il cartellino arricchendo di dialoghi arguti l'oscuro intrigo noir. Musiche di notevole suggestione. Prendere o lasciare.

Paulaster 25/05/17 10:21 - 4423 commenti

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Killer solitario che si nutre di espressi e indizi peregrina per l’Europa per arrivare al suo obiettivo di morte. Personaggio intrigante, chiacchierate che si lasciano ascoltare con il neo di essere senza grande fascino visivo: il motivo sono i ralenti pomeridiani che non sono molto efficaci e gli ambienti, non troppo ricercati. Quando si avvicina al suo scopo il film diviene quasi ipnotizzante e, sebbene la critica al sistema sia blanda, ha un fascino di calma vendetta.
MEMORABILE: Il flamenco; “I use my imagination”.

Kinodrop 1/07/20 18:40 - 2956 commenti

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Un killer-cavaliere solitario deve portare a termine una missione attraverso una Spagna assolata e "riservata" dove si dipanano i rituali degli indizi criptici e dei gesti reiterati. Una narrazione che dribbla l'essenziale per concedersi alla ridondanza del marginale, "all'inespressività" del misterioso killer e alla fugace presenza di personaggi venuti dal nulla. Una sorta di contro-gangster movie dai tempi dilatati e senza sussulti, che può ricordare per assonanza l'anti-western Dead man, dall'indubbio fascino visivo e dall'aura ipnotica, in cui centrale è l'apporto della OST.
MEMORABILE: Le prove del flamenco; Lo scambio delle scatoline; I caffè; La bella tentatrice; La chitarra nera.

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  • Musiche Paulaster • 5/04/17 17:01
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    15.Schubert, Adagio from his String Quintet in C, D.956 (Ensemble Villa Musica) – 5:16
    16.Daft Punk Is Playing at My House (LCD Soundsystem) – 5:15
    17.Untitled (Boris) – 1:04

    Fonte: Wikipedia