Liberamente tratto da Kafka, ne sopprime la carica orrorifica e ne amplifica il senso di alienazione attraverso le ansie e le paure che agitano la psiche dell’uomo contemporaneo. Muto e alquanto monotono, si alimenta di musiche stranianti (Vittorio Gelmetti) e della tetra fotografia onirico-espressionista (Claudio Racca) che immortala i gesti lenti ed enfatici di Giulio Donnini, attore più noto per i suoi ruoli di viscido villain dei peplum.
Di Gianni nutriva evidentemente una gran passione per Kafka (e come dargli torto?), visto che realizzerà anche una trasposizione tv del Processo. Qui siamo in zona più sperimentalistica, con pochi guizzi. Lo sprofondare di Donnini - sempre più zombesco man mano che il film procede - rischia di essere parallelo a quello dello spettatore; qualche immagine però si salva.
Di Gianni abbandona la cornice rustica e sottoproletaria dei precedenti documentari e passa al cortometraggio mantenendo un occhio sempre maliziosamente attratto dall'iconologia del sacro ma arrivando questa volta (con suggestioni prese dal cinema gotico e perché no, anche con uno sguardo al Repulsion polanskiano) alla computa descrizione dell'alienazione di un moderno e aristocratico vampiro borghese. Fondamentale l'apporto delle musiche, che rendono ancora più claustrofobico questo breve viaggio attraverso il decadimento dell'animo umano.
Un uomo vive autorecluso in una casa zeppa di anticaglie, assediato da paure e ricordi. Nonostante la lontanissima ispirazione kafkiana, qui siamo più dalle parti di Poe, infiltrato da suggestioni attuali come la guerra atomica incombente che balena in qualche immagine e alla radio. Ma il mistero su personaggi e contesto è totale, e può rimandare semplicemente alla pazzia. Corto dal linguaggio sperimentale con sapore post-espressionista, enfatizzato dalla fotografia, che alle parole sostituisce una colonna sonora particolarmente tesa e curata.
Giulio Donnini HA RECITATO ANCHE IN...
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Piccola segnalazione per Homesick:il cortometraggio non è tratto dal racconto "La metamorfosi",in cui si narra appunto della metamorfosi di Gregor Samsa in un insetto, ma da un altro racconto lungo,il claustrofobico e omonimo 'La tana' che narra le disavventure di un animale, probabilmente una talpa,all'interno del suo enorme rifugio.